Le sottovarianti 4 e 5 di Omicron “sono già al 70% circa in Sudafrica da dove sono partite, e nulla fa pensare che non arrivino in Italia così come è successo per tutte le altre” varianti precedenti. “Significa che a breve, a meno che non spuntino ulteriori” mutanti più vantaggiosi per il virus Sars-CoV-2, “queste due sub varianti saranno dominanti” anche nella Penisola “e penetreranno nella popolazione in maniera massiccia“. E’ quanto dichiarato all’Adnkronos Salute da Arnaldo Caruso, presidente della Società italiana di virologia (Siv-Isv), preoccupato della necessità di fronteggiare senza stato d’emergenza il prossimo autunno-inverno. Caruso invita a “prevedere una serie di misure preventive importanti“. In particolare a “rafforzare il territorio, per riuscire a gestire” il dopo estate “più a livello domiciliare, come ormai imparare a fare – ammonisce – per evitare di congestionare gli ospedali“. +
Mentre gli Stati Uniti prospettano per la stagione fredda un’ondata di sottovarianti Omicron da oltre 100 milioni di casi, Caruso tiene comunque a precisare che “questa evenienza non sarà sicuramente brutta e grave come le precedenti, però rischia di far ammalare tante persone, alcune quali delle sicuramente svilupperanno forme più in virtù di particolari condizioni di salute e libertà. Questo perché le nuove sub varianti di Omicron bucano lo scudo anticorpale – l’esperto – e quindi ricorda sono per temibili, perché capaci di reinfettare anche chi già si è infettato con Omicron stessa”. “Per carità, nella maggioranza dei casi causeranno fenomeni banali di raffreddore, sintomi influenzali – precisa Caruso -. Tuttavia non è escluso che si possa temere un affollamento dei pronto soccorso e degli ospedali” da parte dei fragili, “e ciò necessita ovviamente più una programmazione“.
Per quanto riguarda la vaccinazione d’autunno contro il Covid, per il presidente dei virologi è necessario “l’obbligo per i sanitari, perché è importante che gli operatori svolgano un’azione di diagnosi e cura negli interessi del paziente e quindi si proteggano. Dobbiamo far sì che i sanitari capiscano quanto il vaccino sia decisivo non tanto per loro, quanto appunto per i loro assistiti più vulnerabili. Questo è un dovere di tutti noi – osserva Caruso – ma sappiamo che purtroppo questo dovere non è sentito da tutti e dunque probabilmente l’obbligo sarà necessario”. Non dovrebbe esserci imposizione, invece, per le altre categorie. In vista dell’arrivo, auspicato entro settembre, di nuovi vaccini aggiornati contro le varianti circolanti di Sars-CoV-2 in versione Omicron, il ministro della Salute Roberto Speranza ha prospettato una possibile estensione del booster e Caruso è pienamente d’accordo. A fare la dose in questione, secondo l’ordinario di microbiologia, dovrebbe essere “chi presenta condizioni di salute non ottimali, anche dal punto di vista immunitario, andrà preso in considerazione per primo. Le categorie a rischio sono sempre le solite. La valutazione caso per caso spetta al medico curante, ma non mi discosterei dai gruppi previsti dalla vaccinazione antinfluenzale, in modo da mettere in sicurezza le persone che ne hanno più bisogno”.
Clementi: “urge vaccino aggiornato”
Con la ‘famiglia Omicron’ di Sars-CoV-2 che si allarga a nuove sottovarianti, ultime in termini di tempo Omicron 4 e 5, “adesso si sente davvero la necessità in autunno di un vaccino anti- COVID aggiornato. Non è possibile andare avanti con un vaccino, che è quello che abbiamo sempre utilizzato, fatto sul primo virus di Wuhan. E’ importante una campagna di richiami autunnale, ma al momento non penso che ci possono essere categorie diverse da quelle già, cioè le persone fragili, anziane, con patologie. Poi si tratterà di vedere in quale categorie porre gli over 60-50. Ma al momento attuale non abbiamo elementi per dire che ci deve essere una vaccinazione generalizzata“. E’ quanto precisato, sempre all’Adnkronos Salute, da Massimo Clementi, direttore del Laboratorio di microbiologia e virologia dell’università Vita-Salute San Raffaele di Milano. In questo momento , dunque, precisa l’esperto, “penserei di no. Non c’è nessuna indicazione in questo senso anche di un rischio clinico” in queste fasce.