L’ECDC, il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie, ha fatto oggi il punto sui casi di epatite acuta a eziologia sconosciuta identificati nei bambini in Europa. Secondo l’ultimo aggiornamento epidemiologico, aggiornato al 10 maggio, i casi in Ue/Spazio economico europeo sono tra 102 e 106, dopo che è scattato l’alert a livello internazionale sulla scia di un rialzo dei casi osservato inizialmente nel Regno Unito. Di questi, 35 sono segnalati dall’Italia.
I casi hanno raggiunto approssimativamente quota 450 nel mondo (compresi i 163 del Regno Unito). E si registrano anche 11 morti, segnalati dall’Indonesia (5), dalla Palestina (1) e dagli Stati Uniti (5). Da quando è stata lanciata l’allerta dal Regno Unito il 5 aprile scorso, si è alzato il livello di attenzione in tutti i Paesi e, precisa l’ECDC, “non è ancora chiaro se i casi identificati a seguito dell’alert facciano parte di un reale aumento rispetto al tasso basale di epatite ad eziologia sconosciuta nei bambini”.
“L’eziologia e i meccanismi patogenetici della malattia sono ancora oggetto di indagine. Una possibile associazione con l’infezione da adenovirus in corso è stata riscontrata in particolare nei casi del Regno Unito, ma altre ipotesi e possibili cofattori sono in fase di studio. La maggior parte dei casi continua a essere segnalata come casi sporadici non collegati. I casi rilevati nell’Ue/See sono stati segnalati secondo la definizione di caso data da ECDC/OMS (che comprende quelli classificati come confermati, quelli probabili e i casi collegati, cioè pazienti che sono stati in stretto contatto con un caso probabile)”, riporta l’ECDC.
I casi identificati in Ue/See sono stati segnalati da 14 Paesi. Il dato più alto è quello italiano, seguito dalla Spagna (22 casi), mentre tutti gli altri Paesi sono sotto la decina. Fuori dall’Ue spicca il dato del Regno Unito, che al 3 maggio 2022 ha identificato un totale di 163 bambini sotto i 16 anni con queste epatiti acute di origine sconosciuta, dei quali 11 hanno ricevuto un trapianto di fegato secondo quanto riferito dall’UKHSA (UK Health Security Agency). Al di fuori di Ue/See e Regno Unito, a ieri 10 maggio si contavano almeno 181 casi, segnalati da Argentina, Brasile, Canada, Costa Rica, Indonesia, Israele, Giappone, Panama, Palestina, Serbia, Singapore, Corea del Sud e Stati Uniti (dove si concentrano 109 casi).
Il 28 aprile scorso l’ECDC, pubblicando la sua valutazione rapida del rischio per questi casi, ha stabilito che i dati venissero segnalati nel sistema europeo di sorveglianza (Tessy), sulla base di un protocollo definito che incoraggia i Paesi a farlo. E’ atteso a breve un report basato proprio sui dati che verranno riportati in questo sistema. L’ECDC “continuerà a monitorare con le sue attività di ‘intelligence’ epidemiologica”.