In pochi minuti, un brillamento sul Sole può rilasciare energia sufficiente per alimentare il mondo intero per 20.000 anni. Un processo esplosivo, chiamato riconnessione magnetica, innesca questi brillamenti solari e gli scienziati hanno trascorso gli ultimi 60 anni cercando di capire come avviene tale processo. Non è solo una curiosità scientifica: una comprensione più completa della riconnessione magnetica potrebbe consentire approfondimenti sulla fusione nucleare e fornire migliori previsioni delle tempeste di particelle dal Sole che possono influenzare la tecnologia in orbita attorno alla Terra.
Ora, gli scienziati della Magnetospheric Multiscale Mission (MMS) della NASA ritengono di aver risolto il mistero. Gli scienziati hanno sviluppato una teoria che spiega come si verifica il tipo più esplosivo di riconnessione magnetica, chiamata riconnessione rapida, e perché avviene a una velocità costante. La nuova teoria utilizza un effetto magnetico comune usato nei dispositivi domestici, come i sensori che regolano i sistemi di frenatura antibloccaggio del veicolo.
“Finalmente capiamo cosa rende questo tipo di riconnessione magnetica così veloce“, ha affermato l’autore principale del nuovo studio Yi-Hsin Liu, professore di fisica al Dartmouth College nel New Hampshire e vice capo del team di teoria e modellizzazione dell’MMS. “Ora abbiamo una teoria per spiegarlo completamente”.
La riconnessione magnetica è un processo che si verifica nel plasma, a volte chiamato il quarto stato della materia. Il plasma si forma quando un gas è stato energizzato a sufficienza da rompere i suoi atomi, lasciando una moltitudine di elettroni caricati negativamente e ioni caricati positivamente esistenti fianco a fianco. Questo materiale energico e fluido è estremamente sensibile ai campi magnetici.
Dai brillamenti del Sole, allo spazio vicino alla Terra, ai buchi neri, i plasmi in tutto l’universo subiscono una riconnessione magnetica, che converte rapidamente l’energia magnetica in calore e accelerazione. Sebbene esistano diversi tipi di riconnessione magnetica, una variante particolarmente enigmatica è nota come riconnessione rapida, che si verifica a una velocità prevedibile.
“Sappiamo da un po’ che la riconnessione rapida avviene a una certa velocità che sembra essere piuttosto costante. Ma cosa guida davvero questa velocità è stato un mistero, fino ad ora“, ha affermato Barbara Giles, scienziata del progetto per l’MMS e ricercatrice presso il Goddard Space Flight Center della NASA a Greenbelt, nel Maryland.
La nuova ricerca, pubblicata in un articolo sulla rivista Nature’s Communications Physics e finanziata in parte dalla National Science Foundation, spiega come la riconnessione rapida avvenga specificamente nei plasmi non collisionali, un tipo di plasma le cui particelle sono sufficientemente distribuite da impedire alle singole particelle di scontrarsi tra loro. Laddove avviene la riconnessione nello spazio, la maggior parte del plasma si trova in questo stato non collisionale, compreso il plasma nei brillamenti solari e lo spazio intorno alla Terra.
La nuova teoria mostra come e perché la riconnessione rapida è probabilmente accelerata dall’effetto Hall, che descrive l’interazione tra campi magnetici e correnti elettriche. L’effetto Hall è un fenomeno magnetico comune utilizzato nella tecnologia quotidiana, come i sensori di velocità delle ruote dei veicoli e le stampanti 3D, in cui i sensori misurano velocità, prossimità, posizionamento o correnti elettriche.
Durante la riconnessione magnetica rapida, le particelle cariche in un plasma, ovvero ioni ed elettroni, smettono di muoversi come gruppo. Quando gli ioni e gli elettroni iniziano a muoversi separatamente, danno origine all’effetto Hall, creando un vuoto di energia instabile in cui avviene la riconnessione. La pressione dei campi magnetici attorno al vuoto di energia fa implodere il vuoto, che rilascia rapidamente immense quantità di energia a una velocità prevedibile.
La nuova teoria sarà testata nei prossimi anni con l’MMS, che utilizza quattro veicoli spaziali fatti volare intorno alla Terra in una formazione piramidale per studiare la riconnessione magnetica in plasmi non collisionali. In questo laboratorio spaziale unico, l’MMS può studiare la riconnessione magnetica a una risoluzione maggiore di quella che sarebbe possibile sulla Terra.
“In definitiva, se riusciamo a capire come funziona la riconnessione magnetica, allora possiamo prevedere meglio gli eventi che possono avere un impatto sulla Terra, come tempeste geomagnetiche e brillamenti solari. E se riusciamo a capire come viene avviata la riconnessione, aiuterà anche la ricerca energetica perché i ricercatori potrebbero controllare meglio i campi magnetici nei dispositivi di fusione“, ha concluso Giles.