Allarme siccità, crisi idrica drammatica per il Po: a rischio il 50% della produzione agricola

Per la Cia, l'emergenza siccità nel Bacino del Po "coinvolge anche famiglie e industrie dell'area, con l'ipotesi di razionamenti, compreso il comparto turistico, ora in piena stagione balneare"
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La siccità continua a tenere stretto in una morsa il Nord Italia, ma non solo: la situazione idrica del Paese presenta forti criticità da Nord a Sud, come evidenziato dall’ultimo bollettino dell’ANBI. L’Autorità di Bacino Distrettuale del fiume Po ha evidenziato come la crisi idrica che sta colpendo il Po è la peggiore degli ultimi 70 anni.

Con il fiume Po in secca, e’ “crisi idrica“, rileva la Cia-Agricoltori Italiani, secondo cui la situazione “e’ drammatica” poiche’ “senza acqua, e’ a rischio fino al 50% della produzione agricola e zootecnica del Bacino padano, tra i piu’ importanti d’Italia”. Per l’associazione, l’emergenza “coinvolge anche famiglie e industrie dell’area, con l’ipotesi di razionamenti, compreso il comparto turistico, ora in piena stagione balneare”. Serve un intervento rapido per realizzare una vera rete di nuovi invasi e laghetti, diffusi sul territorio, per l’accumulo e lo stoccaggio di acqua in caso di siccita’. Del resto – sottolinea la Cia – il problema riguarda tutta Italia, dove sta mancando la pioggia da settimane e non e’ prevista nei prossimi giorni, le temperature toccano anche 4°C sopra la media stagionale e le scorte idriche sono a zero.

Nell’immediato – chiarisce la Cia – di fronte a questa severa siccita’, gli agricoltori “potrebbero dover fare i turni d’irrigazione e i cittadini accettare di non avere acqua di notte”. “Enti e istituzioni, con le organizzazioni agricole, devono necessariamente sedersi a un tavolo per valutare strategie concrete di contenimento“, spiega il presidente nazionale di Cia, Cristiano Fini. “Bisogna pensare a una bacinizzazione del Po, come avviene nel Nord Europa, in Belgio – prosegue – abbiamo perso almeno 20 anni e ora intervenire e’ solo questione di buon senso”.

In Emilia Romagna si razionalizza l’acqua: irrigare costa 5 volte di più

E’ massima allerta per la siccità in Emilia Romagna a causa della magra del Po, delle ondate di calore e delle scarse piogge. Confagricoltura Emilia Romagna stima il balzo dei costi di irrigazione che nel comparto frutta, ad esempio, potrebbero aumentare di cinque volte tanto rispetto a un’annata standard, sempre che ci sia acqua a sufficienza visto che in molti areali gli agricoltori sono stati invitati a razionalizzare l’uso della risorsa. “Se la crisi idrica persiste – spiega Marco Piccinini, Presidente dei frutticoltori di Confagricoltura Emilia Romagna – dare acqua ai frutteti costerà in media 430 euro a ettaro soltanto di energia elettrica. Nel 2020, la stessa voce di spesa si attestava a 92 euro a ettaro”.

Il quadro si fa più allarmante se si osservano i fabbisogni idrici previsti per portare a termine la campagna frutticola 2022 in Emilia Romagna. Per le drupacee (albicocche, ciliegie, pesche e susine), bisogna erogare ancora il 70% dei volumi d’acqua richiesti; per le pomacee (pere e mele), l’88%. Significa, sottolinea Piccinini, che “siamo appena all’inizio della stagione, con il livello del Po al minimo storico (quindi senza scorte), il 25% di precipitazioni estive in meno rispetto alla media dell’ultimo ventennio e un tasso di evaporazione alle stelle, che si traduce di fatto in una perdita d’acqua fino a 8 litri per ogni metro quadro“. Diverse sono le colture emiliano-romagnole in piena fase di crescita che necessitano d’acqua: al mais serve ancora il 74% del volume annuo richiesto; alla soia, l’84%. Quanto alla barbabietola da zucchero, nella sola provincia di Bologna il volume totale distribuito finora è di 154 millimetri, cioè superiore alla media, calcolata dal 2003 ad oggi, del fabbisogno totale medio previsto per la coltura, pari a 150mm.

Confagricoltura Piemonte invoca lo stato di calamità

Confagricoltura Piemonte ha chiesto alla Regione di attivare le procedure per la richiesta di dichiarazione dello stato di calamità naturale a causa della siccità. “Al momento – spiega il Presidente di Confagricoltura Piemonte Enrico Allasia – non è ancora possibile quantificare con precisione i danni arrecati alle coltivazioni ma ciò che è certo è che le ripercussioni della carenza idrica sulle coltivazioni saranno pesantissime”. “La situazione è critica su tutto il territorio regionale”, aggiunge Ercole Zuccaro, Direttore di Confagricoltura Piemonte – “chi puo’ sfrutta al massimo la possibilità d’irrigazione, con costi molto elevati per il prelievo dell’acqua dai pozzi, a causa del rincaro del prezzo del gasolio agricolo”.

In base alle rilevazioni del servizio tecnico di Confagricoltura Piemonte, attivo con una cinquantina di operatori specializzati sui territori di tutte le province, la situazione è di criticità estrema per le foraggere (la produzione di fieno è stimata in calo del 40%), orzo e grano: per quest’ultimi si sta originando il fenomeno della ‘stretta’ che produrrà una riduzione della produzione, stimata nell’ordine del 30%. Le semine del mais si sono ridotte a favore di colture meno esigenti dal punto di vista idrico, quali sorgo e girasole mentre il protrarsi dell’assenza di piogge lascia prevedere uno scarso sviluppo delle colture, con importanti cali di produzione.

Nel Casalese, la carenza idrica delle ultime settimane si sta rivelando estremamente preoccupante per l’impossibilità di garantire al riso l’acqua sufficiente, per quanto riguarda la frutta la cosiddetta ‘acqua di fortuna’ è esaurita e tutte le aziende attingono dai pozzi a pieno regime e i consorzi irrigui, stante la scarsità della risorsa idrica, nelle prossime settimane prospettano il rischio di non poter soddisfare le richieste di irrigazione. Infine, nei pascoli, nelle vallate alpine, in assenza di precipitazioni, tra circa un mese ci saranno problemi circa le quantità di erba disponibili; le mandrie potrebbero essere costrette a rientrare anticipatamente dalla monticazione. Confagricoltura, pertanto, ha chiesto alla Regione di verificare la possibilità di intervenire in merito alla regolazione delle portate derivanti da invasi a uso idroelettrico, per garantire una maggiore uniformità dei flussi irrigui.

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