Grandine grossa sull’Appennino Emiliano: provocata da sistemi a multicella e dalle alte temperature

Ecco le condizioni che hanno favorito la formazione della grandine di grosse dimensioni caduta ieri sull'Appennino emiliano
MeteoWeb

Nel pomeriggio di ieri, mercoledì 15 giugno, si sono sviluppati forti temporali sull’Appennino emiliano, che hanno provocato grandine di dimensioni notevoli in alcune aree. Responsabili dell’evento sono stati sistemi a multicella, come spiega in un post pubblicato sulla propria pagina Facebook Pierluigi Randi, tecnico di meteorologia.   

“Il sistema a multicella è quasi perfetto per produrre grandine di rispettabili dimensioni (oltre alla supercella) poiché corrente ascensionale (updraft) e discendente (downdraft) non si disturbano, anzi: ogni successivo updraft ha discrete probabilità di essere più intenso del precedente poiché si giova di una “piscina sempre più fredda” (cold pool), data dai rovesci precedenti e dal collasso delle celle più vecchie, che solleva aria molto calda e umida che sta nei dintorni (in questo caso sopravvento alla direzione di movimento del sistema, azione favorita dai pendii appenninici digradanti verso nord o nord-est in direzione dell’Emilia che drenano verso il basso la massa fredda, costruendo i cosiddetti “Outflow Boundary”). Questo fino a quando 1) Non viene bruciato tutto il carburante (CAPE) presente nei paraggi; 2) Subentra una modifica a livello dinamico (circolazione in quota, bassi strati, variazioni del windshear ecc.) che fa esaurire questo continuo effetto “domino””, spiega Randi, che aggiunge anche che per produrre grandine di grosse dimensioni, sono necessari anche “updraft ampi in diametro, grandi gocce liquide in stato di sopraffusione sparate alla svelta verso l’alto (updraft intenso), molto CAPE, specie nella “hail growth zone” (ieri abbondava), e molto vapore acqueo dentro la corrente calda che alimenta il temporale, in particolare nello strato superiore (alla base della “hail growth zone), mixing ratio sopra i 10 g/kg (ieri sui 13) e acqua precipitabile sopra i 25mm (ieri 36mm). Sono tutte condizioni buone per far solidificare sull’embrione di grandine una grande quantità di acqua sopraffusa, e quindi farlo diventare molto grande”. 

La fonte del problema è da ricercare nelle alte temperature che si stanno registrando in Italia a causa dell’anticiclone africano. “Nonostante si sia al 15 giugno (ieri) le condizioni sono già pienamente estive, e la tendenza è quella di avere valori sempre più elevati di CAPE, ma soprattutto di acqua precipitabile (più l’atmosfera è calda, più acqua è in grado di “trattenere”). E la grandinona è servita”, ha concluso Pierlugi Randi. 

Gravi danni all’agricoltura

Per la Coldiretti, si aggira sul 50% il danno inferto dalla grandine sui vigneti nella zona di Savignano, Vignola e Castelvetro, dove le piante hanno perso le foglie, i grappoli nelle prime fasi di accrescimento, oltre a rami spezzati. Oltre al danno diretto, i grappoli colpiti risultano più sensibili allo sviluppo di malattie “con conseguenze sulla futura produzione“. Più grave la situazione in Appennino, dove i grossi chicchi di grandine hanno procurato danni alle coltivazioni e alle strutture. A Serramazzoni a farne le spese sono stati i tetti delle stalle che, in alcuni casi, sono stati letteralmente perforati dalla grandine, con fori del diametro di 10 centimetri.  

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