Siccità: l’epicentro della grande sete si sposta sul Centro Italia

"Drammatico lo stato della risorsa idrica nel Lazio, dove a Roma, dall’inizio dell’anno, è piovuto il 63% in meno"
MeteoWeb

Le piogge, che non hanno allentato la morsa della siccità sul bacino padano, hanno spostato l’epicentro della grande sete sul Centro Italia, coinvolgendo pienamente anche le Marche, dove ormai si rischia il razionamento degli approvvigionamenti idrici: a soffrire maggiormente sono le zone di Ascoli Piceno e Fermo, ormai in condizione di siccità estrema per la perdurante assenza dell’80% delle piogge; i volumi d’acqua, trattenuti negli invasi, calano di 1 milione di metri cubi a settimana per riuscire a dissetare le campagne e tutti i fiumi hanno portate inferiori alle annate scorse (record storico negativo per il livello del Sentino: – 38 centimetri)“: è quanto emerge dall’ultimo report dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI).

In Toscana “(il 90% del territorio è in una condizione di siccità estrema) non si ferma la riduzione delle già esigue portate dei fiumi: il Bisenzio è quasi azzerato (0,30 metri cubi al secondo contro una media di mc/sec 2,42) e l’Ombrone è oramai trasformato in un rigagnolo da 500 litri al secondo, quando il Deflusso Minimo Vitale è indicato in mc/sec 2 (fonte: Centro Funzionale Regione Toscana)!
Drammatico è lo stato della risorsa idrica nel Lazio, dove a Roma, dall’inizio dell’anno, è piovuto il 63% in meno e nella provincia si sono registrati, in pochi giorni, ben 496 interventi dei Vigili del Fuoco per spegnere altrettanti incendi: l’Aniene è praticamente dimezzato rispetto alla portata media, il Tevere registra livelli più bassi anche del “siccitosissimo” 2017, Liri e Sacco segnano il dato più basso in anni recenti, il lago di Nemi è di oltre 1 metro più basso del 2021 e Bracciano è a -32 centimetri dal livello dello scorso anno“.
In Campania, “tutti i fiumi sono in deficit rispetto allo scorso anno (portata odierna del Liri-Garigliano: mc./sec. 36; nel 2021: mc./sec. 100), mentre in Abruzzo è la zona di Chieti a soffrire maggiormente per la mancanza d’acqua.
Al Sud sono le temperature particolarmente alte di aria e mare a caratterizzare il periodo: ne sono evidente conseguenza gli oltre 11 milioni di metri cubi d’acqua, prelevati in una settimana dagli invasi della Basilicata, le cui disponibilità idriche stanno segnando un deficit di circa 37 milioni di metri cubi sull’anno scorso (fonte: Autorità Bacino Distrettuale Appennino Meridionale); resta, invece, ancora positivo il bilancio dei principali bacini pugliesi, nonostante un prelievo settimanale superiore ai 14 milioni di metri cubi.
A proposito di bilanci idrici, risalendo al Nord, è di ben 2527 milioni di metri cubi (!!!), il volume idrico necessario al lago Maggiore per tornare in media, nonostante il suo livello sia cresciuto di quasi 12 centimetri in 7 giorni. Gli altri, grandi bacini settentrionali sono tutti in calo ed abbondantemente sotto media con il Lario, che registra addirittura solo l’ 11,2% del riempimento.
Sconcertante è il confronto con i volumi invasati negli anni scorsi: in questo periodo, lo scioglimento delle nevi provocava un picco, mentre quest’anno i laghi, privi di apporti nivali, si stanno svuotando!
E’ una situazione, che esemplifica la funzione calmieratrice dei grandi bacini, ormai insufficienti, però, a rispondere da soli alle esigenze di territori arsi dalla siccità, creando una situazione critica anche dal punto di vista ambientale. Per questo, è necessario l’ausilio di una rete di bacini medio-piccoli e multifunzionali come quelli previsti dal Piano Laghetti, da noi proposto insieme a Coldiretti” commenta Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI).

In Valle d’Aosta, “piogge abbondanti hanno arricchito la portata della Dora Baltea (mc./sec. 113,20 contro media Giugno pari a mc/sec 107; fonte: Centro Funzionale Regionale), così come le precipitazioni sull’intero distretto hanno dato sollievo alla portata del fiume Po, che a Pontelagoscuro è risalita a 200 metri cubi al secondo, quando comunque l’allarme cuneo salino scatta già a mc./sec. 450 (infatti, l’ingressione marina è ormai segnalata a 30 chilometri dalla foce).
L’incremento di portata non risolve il problema del gravissimo deficit idrico nel Grande Fiume, ma scongiura, per ora, lo stop ai prelievi, che comporterebbe enormi danni all’agricoltura.
Tornano, sul Piemonte, le piogge a “macchia di leopardo”: più abbondanti sul bacino del fiume Sesia, meno intense su quello del Tanaro. I flussi in alveo sono in leggera in crescita, ma non permettono ai fiumi della regione di uscire dallo stato di estrema crisi: Maira, Ellero, Orba e Bormida hanno portate quasi azzerate (portata Orco: mc./sec. 1,6 contro mc./sec. 16,7 nel 2021; fonte: ARPA –Piemonte)“.
In Lombardia “continuano a calare, restando deficitarie, le portate dei fiumi Brembo ed Adda, al minimo in anni recenti (mc./sec. 162); le riserve idriche segnano -62,7% rispetto alla media storica e – 66,54% sull’anno scorso (fonte: ARPA Lombardia).
E’ situazione di crisi idrica profonda in Emilia-Romagna, dove le portate dei fiumi continuano a scendere (Reno con mc./sec. 0,1 ed Enza con mc./sec. 1,1 segnano il minimo storico) e l’80% della regione pare destinato ad entrare in zona rossa entro un paio di settimane (accadde già nel 1990).
Situazione di deficit costante per i fiumi veneti con l’unica eccezione del Piave; sono al minimo le altezze idrometriche di Adige (dal 2014) e Livenza (dal 2017).
Infine, nel vicino Friuli Venezia Giulia sono stati necessari rilasci dal bacino dell’Ambiesta per rimpinguare il fiume Tagliamento, mentre il razionamento irriguo è in atto in alcune zone centrali a causa delle falde troppo basse“.
La violenza di alcuni episodi meteo registrati al Nord – conclude Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI – è indicativa del paradossale rischio, cui la siccità sottopone il nostro territorio: rovesci copiosi ed improvvisi su terreni aridi, li trasformano in moltiplicatori del rischio alluvionale, perché incapaci di assorbire forti quantità d’acqua. L’inarrestabile cementificazione di ampie porzioni di territorio e la più volte denunciata inadeguatezza della rete idraulica dopo anni di mancati investimenti per la prevenzione idrogeologica ci rendono oggi più che mai vulnerabili“.

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