“Il Lago Albano ha fatto registrare ben 3 milioni di metri cubi in meno in un anno. Domani abbiamo un’importante riunione a Nemi per il contratto di Lago ed anche il Lago di Nemi è già calato di livello. L’emergenza siccità di questi giorni fa emergere drammaticamente la crisi esistenziale e la siccità della “politica italiana” che parla di gestione, di prevenzione, di cura e di manutenzione senza mai passare dalle enunciazioni delle parole ai fatti. Eppure le crisi idriche si stanno ripetendo da anni e la quantità di acqua che cade sull’Italia spesso ha valori superiori a quella che cade in alcuni paesi del Nord Europa: dunque l’acqua ci sarebbe ma non la sappiamo né utilizzare né gestire: noi italiani quelli che hanno dato i natali a Leonardo da Vinci e a Francesco di Assisi .
Abbiamo 1.242 fiumi ma tutti i nostri corsi d’acqua oggi sono in secca, perché i nostri fiumi hanno un carattere torrentizio, non fluviale come i grandi fiumi europei. Questa mattina mi sono recato sul fiume Burano, a valle della confluenza con il Bosso. Si tratta di un fiume che arriva dall’Appennino Umbro – Marchigiano, ricco di sorgenti, di ambienti carbonatici ma era in una situazione davvero seria. Ho visto le formazioni algali.
In Italia se c’è pioggia hanno acqua, se non c’è vanno in secca subito perché anche le nevicate non sono più come prima e quindi le sorgenti (specialmente in Appennino) che alimentano i fiumi si riducono e così finiamo per avere un minino vitale garantito solo dagli scarichi dei depuratori”. Lo ha affermato Endro Martini, geologo, Referente Contratti di Fiume per La Società Italiana di Geologia Ambientale (SIGEA).
Poi la troppa acqua non trattenuta! “E poi abbiamo alluvioni improvvise e dannose a causa del cambiamento climatico: questa troppa acqua quando arriva, va trattenuta – ha proseguito Martini – derivata, conservata per riaverla quando non c’è. Vi sono oltre 350 laghi tra naturali (in grave crisi e sofferenza come quello di Albano) o dovuti a invasi: le dighe. Oggi queste dighe sono piene di sedimenti e non vengono svuotate, quindi i volumi disponibili sono ridotti.
Riduzione dei volumi disponibili nelle dighe, riduzione delle portate delle sorgenti, riduzione delle piogge nei fiumi: tirare le somme! Non ci sono più investimenti negli schemi idrici dagli anni 60 del Novecento. Pochissimi i fondi pubblici e per l’idropotabile tutto alle risorse della tariffa: dopo il Vajont non sono state più costruite né dighe né invasi. Oggi immagazziniamo circa l’11,% dell’acqua piovana in questi contenitori. Cinquant’anni fa se ne immagazzinava circa il 15%. E poi i tubi che perdono e Piani Regolatori degli Acquedotti rigidi senza interconnessioni, sempre chiusi in un confine regionale se non provinciale.
E l’acqua è la fonte di energia rinnovabile maggiore che abbiamo nel Paese. Infine anzi per prima cosa il risparmio dell’acqua! C’è un problema culturale di Fondo che volevano rappresentare con la candidatura Italiana al Forum Mondiale dell’ Acqua e con lo slogan: affrontare un Cambiamento Globale nella realizzazione di un Rinascimento dell’Acqua”.