Siccità, Curcio: “non ci aspettiamo nessuna inversione di tendenza, lavoriamo allo stato di emergenza”

"Ci attendono ancora periodi di siccità", ha sottolineato Fabrizio Curcio al termine della riunione con la Conferenza delle Regioni
MeteoWeb

Non c’è dubbio che c’è una criticità importante dovuta al fatto che non piove da settimane, i fiumi sono in grossa dismissione, il cuneo salino nel Po arriva addirittura a decine di chilometri. La situazione ha una sua complessità”. Lo ha detto il capo della Protezione Civile, Fabrizio Curcio, al termine della riunione con la Conferenza delle Regioni sull’emergenza siccità. “Le previsioni climatiche si fanno a larga scala. Le tendenze non sono positive quindi per le prossime settimane non ci attendiamo una inversione di tendenza dal punto di vista meteorologico. Ci attendono ancora periodi di siccità“, ha sottolineato.  

“Stiamo ragionando sui parametri tecnici per andare incontro alle richieste” delle Regioni che hanno sollecitato “lo stato di emergenza. Ricordiamoci che lo stato di emergenza serve a fare delle cose. Si sta lavorando per definire quali sono le attivita’ che seguono allo stato di emergenza, che non e’ un’idea, ma consiste in una serie di azioni che vanno fatte. Insieme alla dichiarazione, vanno verificate le azioni, ci stiamo lavorando”, ha detto ancora. 

Fontana: “situazione mai grave come quest’anno” 

La situazione esposta da Curcio e’ di una eccezionalita’ che si sta ripetendo da qualche anno ma mai grave come quest’anno. Come Lombardia, gia’ da due mesi abbiamo in essere una serie di interventi che cercano di mantenere il delicato equilibrio tra le esigenze idropotabili ed esigenze di irrigazione“, ha detto il Presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, a margine della riunione tra la Conferenza delle Regioni e Curcio. “Bisogna guardare avanti con interventi strutturali che saranno necessari e improcrastinabili. Si dovra’ intervenire magari anche con fondi del Pnrr”.  

Quello dello stato di emergenza e’ una cosa estremamente delicata perche’ non e’ detto che risolva i problemi ma si rischia a volte di crearne in piu’. E’ una cosa molto delicata, io credo che l’importante in questo momento sia operare in maniera concordata. Si puo’ chiedere lo stato di calamita’ per i ristori dei danni che eventualmente si dovessero realizzare. E’ meglio lasciare decidere i tecnici per capire quale sia la soluzione piu’ opportuna“, ha concluso Fontana. 

Preoccupazione per le falde costiere di Toscana e Liguria  

Per le falde costiere di Toscana e Liguria “ci sono momenti di preoccupazione, perche’ non c’e’ stata la ricarica della falda, e quindi c’e’ anche un problema di cunei salini che stanno entrando”, ha affermato Massimo Lucchesi, segretario generale dell’Autorita’ di bacino distrettuale dell’Appennino settentrionale. In generale, ha detto Lucchesi, “stiamo monitorando la situazione: al momento il livello di allerta e’ medio, pero’ e’ il penultimo stato, nel senso che a breve molto probabilmente si arrivera’ all’allerta piu’ alta. Fortunatamente grazie agli invasi principali, Bilancino e Montedoglio, per quanto riguarda l’idropotabile, abbiamo un’assicurazione per alcune zone, perche’ li’ siamo circa al 90% del carico utile, e dunque naturalmente le zone intorno a Firenze risentiranno meno di questo problema”.  

Nel Lazio, livello dei bacini idrici come a fine estate 

Nel Lazio, il livello dei bacini e’ simile a quello che negli anni precedenti si presentava a fine estate, ma abbiamo da poco superato la meta’ di giugno. Mancano due mesi e non bastera’ un acquazzone per risolvere il problema”, dice Stefano Tiozzo, presidente provinciale di Cia Roma e vicepresidente Cia Lazio, in un’intervista ad “Agenzia Nova”. Non e’ solamente la scarsa quantita’ dell’acqua a preoccupare, bensi’ anche la qualita’ dato che “nella zona costiera, avanza il mare – dice Tiozzo – rendendo salmastra l’acqua delle falde pure a chilometri di distanza dalla costa”. Il fenomeno si acutizza nei periodi di siccita’ “perche’ viene meno la pressione dell’acqua dolce permettendo a quella salata di avanzare”. Si tratta di uno scenario “evidente gia’ nelle zone di Maccarese: dopo aver irrigato resta al suolo la patina bianca, e’ il sale che riduce enormemente la produzione delle culture e, in alcuni casi come gli ortaggi, annienta ogni piantina”, sottolinea Tiozzo.  

A causa della calura “l’acqua evapora piu’ velocemente e, di conseguenza, bisogna aumentare le ore di irrigazione. Ma a quale prezzo? Il costo del carburante per azionare le pompe e’ tale che con poche ore di irrigazione si azzera completamente il guadagno che ci sara’ nella vendita del prodotto, gia’ intaccato dai rincari di fertilizzanti, concimi e tutto cio’ che serve per la produzione. Come in qualsiasi settore, quando i costi di produzione superano i ricavi si ferma la produzione e, alla stessa maniera, il rischio e’ che gli agricoltori smettano di coltivare“.  

In Valle d’Aosta portate dei corsi d’acqua come ad agosto 

In Valle d’Aosta, “oggi si presentano le condizioni di deflusso dei corsi d’acqua e delle portate delle sorgenti che tipicamente si raggiungevano a fine luglio/metà agosto, con piene stagionali inferiori tra il 30 e il 50%, con punte anche del 70%, rispetto alle medie degli ultimi trent’anni”. Lo dice l’assessore al Territorio della Regione Valle d’Aosta Carlo Marzi, rispondendo ad un ‘question time’ del consigliere della Lega Dino Planaz. “Per fare fronte all’emergenza – afferma Marzi – si sta lavorando con il Bim per individuare le criticità e approvare un primo programma urgente di interventi puntuali per aumentare le fonti di approvvigionamento, da realizzare in tempi brevi. A seguire bisognerà definire un programma di interventi a medio termine che superando gli attuali limiti di territorialità dia la priorità all’interconnessione tra gli acquedotti, riducendo le perdite con un aumento della capacità di stoccaggio“.  

L’assessore cita alcuni dati contenuti nel Piano di tutela delle acque, il principale strumento di indirizzo in materia di risorse idriche ora all’esame della terza commissione: “nelle Alpi occidentali è previsto un aumento del riscaldamento di due gradi entro il 2050, la superficie glacializzata diminuirà del 50-100% entro il 2100, mentre la quantità di neve al suolo a 2000 metri diminuirà del 40-60% e la durata della neve al suolo diminuirà di 20-40 giorni”.  

Il fabbisogno idrico per l’agricoltura e l’allevamento è destinato ad aumentare e le variazioni della disponibilità di acqua impatteranno sulla produzione idroelettrica, con un effetto più marcato e significativo per gli impianti collocati alle quote più elevate. “Occorrerà quindi rivedere le modalità di distribuzione delle acque – spiega l’assessore – adottare misure per il loro risparmio, rivedere le colture e l’estensione delle aree irrigabili, gestire con tecnologie avanzate le infrastrutture di irrigazione, gestire i serbatoi e i bacini“. Per l’assessore, “si tratterà di saper gestire un cambiamento anche culturale e sociale e di reperire i finanziamenti per poter realizzare le strutture“. Per questo, l’approvazione del Piano di tutela delle acque, in fase aggiornamento dal 2016, “diventa un primo adempimento necessario in un’ottica di superamento dell’emergenza con provvedimenti a medio e lungo termine”.  

In Piemonte 250 comuni verso ordinanze di emergenza 

Ad oggi sono oltre 250 i Comuni piemontesi che hanno emesso o stanno per emanare ordinanze relative all’emergenza idrica e per un uso responsabile dell’acqua: 83 nelle province di Novara e VCO, 9 in quelle di Biella e Vercelli, 93 in provincia di Torino, 9 nel Cuneese e 58 in provincia di Alessandria, mentre non risultano al momento ordinanze sul territorio astigiano. Lo comunica la Regione Piemonte.  

La situazione è peggio che mai, per tamponare l’emergenza servirebbero dai 60 ai 100 metri cubi di acqua, la pioggia caduta oggi in pianura ha, per così dire, bagnato la polvere e per capire se quella caduta sui rilievi ha determinato qualche beneficio dovremo aspettare questa sera perché sono necessari i cosiddetti tempi di correlazione”, ha detto all’Adnkronos Mario Fossati, direttore del consorzio Est Sesia, tra i maggiori consorzi d’irrigazione italiani al termine di un incontro con gli assessori all’Agricoltura di Piemonte e Lombardia, nel corso del quale preso atto della situazione complessa, si è cercato di tracciare le strategie future, come colture in grado di resistere maggiormente allo stress idrico e realizzazioni di bacini, per scongiurare il più possibile altre emergenze simili.  

Il Piemonte ha tutti i requisiti per lo stato di emergenza

E’ stato riconosciuto che il Piemonte, che versa in condizioni difficili soprattutto dal punto di vista idropotabile, ha tutti i requisiti per poter ottenere lo stato di emergenza”, hanno detto il Presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio, e gli assessori regionali alla Difesa del Suolo, all’Ambiente e all’Agricoltura, Marco Gabusi e Marco Protopapa, dopo l’incontro a Roma tra la Conferenza delle Regioni e il capo dipartimento della Protezione Civile, Fabrizio Curcio, dopo la richiesta dello stato di emergenza. “La richiesta e’ ben composta – hanno spiegato – e dara’ la possibilita’ di mettere in campo anche alcune misure derogatorie fondamentali, dal momento che lo status di emergenza da solo non puo’ essere risolutivo. Rappresenta, piuttosto, il primo step del percorso di una programmazione piu’ articolata da parte dei Ministeri, che possa prevedere anche interventi infrastrutturali di urgenza, talvolta gia’ pronti a livello progettuale e che potrebbero beneficiare di deroghe specifiche per una realizzazione immediata. La Regione Piemonte procedera’ percio’ a una ricognizione urgente delle infrastrutture per individuare quelle progettualita’ che possono essere avviate subito per potenziare e rafforzare la rete idrica e mitigare l’emergenza“.  

La necessita’ piu’ immediata, viene evidenziato “e’ la possibilita’ per la Regione di decidere come utilizzare i bacini idrici, il Lago Maggiore e il Lago di Garda. Bacini che sono dei concessionari, ma che la dichiarazione dello stato di emergenza e una figura commissariale che ragiona in termini nazionali possono sbloccare per dare acqua alle nostre coltivazioni e agli allevamenti”. “Fermo restando che la priorita’ va all’uso idropotabile per l’uso umano – spiegano ancora – e’ altrettanto vero che e’ importante considerare che certi territori, specie a cavallo tra Piemonte e Lombardia, hanno una particolare specificita’ agricola e colturale e la gestione delle risorse in maniera oculata per 10-15 giorni puo’ consentire di mitigare il danno e consentire almeno il primo raccolto. Il percorso dello stato di emergenza deve, percio’, essere affiancato da quello relativo alla richiesta dello stato di calamita’ per l’agricoltura e dovra’ contenere le misure di ristoro per le spese sostenute dai Comuni e per quegli interventi in grado di mitigare il fenomeno, fino ai danni dovuti all’uso di autobotti, ma anche per gli interventi infrastrutturali da realizzare rapidamente e che hanno un’efficacia quasi immediata”. Il capo dipartimento della Protezione Civile, viene spiegato, “ha recepito la necessita’ di inglobare nel ragionamento complessivo anche la specificita’ di alcune colture, nella consapevolezza che le analisi vanno fatte puntualmente sui territori e non solo in modo generalizzato da Roma. Il caso della coltura del riso – conclude la Regione – e’, in questo senso, emblematico, dal momento che e’ idrodipendente e rappresenta la quasi totalita’ della produzione nazionale“.

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