La siccità che stringe in una morsa da mesi il Nord sta portando sempre più regioni a introdurre restrizioni all’uso dell’acqua. Le ultime ad aggiungere nuove misure sono state Liguria e Trentino, mentre il Friuli Venezia Giulia ha dichiarato lo stato di sofferenza idrica e le Marche sono pronte a chiedere lo stato d’emergenza.
In Liguria stop a irrigazione di giardini e prati
Dai dati emerge una situazione di criticità idrica in Liguria, soprattutto nel Ponente, e un elevato rischio per l’uso di acqua potabile a causa del perdurare dell’assenza di precipitazioni significative fin dall’autunno 2021, situazione aggravata dal periodo estivo caratterizzato dall’aumento delle temperature, dalla scarsità delle precipitazioni e dall’aumento dei consumi in ragione della stagione turistica. In Liguria anche le portate dei corsi d’acqua sono significativamente inferiori alla media stagionale, nel Ponente addirittura prossime ai minimi storici.
Si è registrato inoltre un significativo peggioramento nel mese di maggio, specie nell’Imperiese e nel Genovese, dello Standardized Precipitation Index, l’indicatore internazionale normalmente adottato per quantificare la situazione di siccità. Risultano in diminuzione tutti i livelli delle falde acquifere, in Liguria prevalentemente freatiche, ed è in sofferenza idrica l’invaso del Brugneto, nell’entroterra genovese. Per quanto riguarda le precipitazioni, mediamente a Genova da gennaio a giugno cadono 537,8 millimetri, mentre quest’anno ne sono caduti 100,6 millimetri.
La Regione Liguria ha, dunque, deciso di introdurre il divieto di irrigazione e annaffiatura di giardini e prati, divieto di lavaggio di cortili e piazzali, divieto di lavaggio di autoveicoli con esclusione degli autolavaggi, divieto di riempimento di piscine private, fontane ornamentali e vasche da giardino. La Regione ha anche inviato ai Comuni e agli enti di governo degli ambiti per il servizio idrico integrato un’apposita comunicazione con le linee guida.
“Stiamo lavorando con il Dipartimento nazionale e le altre regioni – spiegano il Presidente della Regione Liguria Giovanni Toti e l’assessore regionale alla Protezione Civile Giacomo Giampedrone – per la costruzione dello stato di emergenza nazionale. Il bacino del Po è al massimo livello di severità idraulica, mentre quello dell’Appennino settentrionale è a severità media, anche se riteniamo plausibile che, dopo la riunione dell’osservatorio in programma la prossima settimana, si passerà al massimo livello anche per questo bacino”. “Le previsioni – concludono Toti e Giampedrone – al momento non sono ottimistiche. Riteniamo quindi che queste azioni siano assolutamente necessarie per prevenire un aggravamento della situazione e scongiurare nei prossimi mesi estivi il rischio di razionamenti di acqua e disagi concreti a cittadini e turisti. È bene agire fin da subito, auspicando il più presto possibile un intervento del governo con misure specifiche”.
In Friuli Venezia Giulia stato di sofferenza idrica
Dichiarato lo stato di sofferenza idrica in Friuli Venezia Giulia. Il governatore Massimiliano Fedriga ha parlato di taglio dei rilasci di acqua obbligatori verso valle, per venire incontro alle esigenze irrigue dell’agricoltura a cui si aggiunge una limitazione della risorsa idrica per uso domestico, il tutto accompagnato da una forte campagna di sensibilizzazione e informazione rivolta ai cittadini per eliminare ogni forma di spreco.
Il decreto stabilisce una deroga alla norma in vigore che prevede un deflusso minimo vitale di acqua all’interno dei fiumi, stabilendo che questa quantità possa giungere, in alcuni casi, anche ad un valore pari a zero. Ciò può avvenire a valle della presa di Zompitta, consentendo così di continuare ad alimentare il sistema delle rogge di Udine, Palma e Cividina, fatto salvo il mantenimento delle pozze eventualmente presenti a valle della traversa, recuperando il pesce presente al loro interno. Stessa cosa è consentita anche sull’asta del fiume Isonzo, dove è ammessa la deroga al deflusso minimo vitale nei momenti in cui dalla diga di Salcano vengono rilasciate portate inferiori a 40 metri cubi al secondo, cercando comunque di mantenere una minima presenza d’acqua nel fiume fino a Sagrado. Se ciò non fosse possibile, verranno messe in atto tutte le misure per la salvaguardia del pesce presente all’interno del corso d’acqua. Inoltre viene consentita la deroga per arrivare a rilasci anche pari a zero a valle dell’invaso di Ravedis e dello sbarramento di Ponte Maraldi, allo scopo di garantire una maggior quantità d’acqua negli invasi a disposizione del Consorzio di bonifica Cellina Meduna con i quali consentire l’irrigazione delle vegetazioni agricole.
Sul fronte domestico, il provvedimento a firma del governatore obbliga un’amministrazione corretta del flusso proveniente dai pozzi artesiani, viene quindi consentito un prelievo d’acqua ai soli fini civili e limitato a 200 litri al giorno per abitante. In questo modo viene ribadita la necessità ormai imprescindibile di porre fine all’abitudine di utilizzare queste fonti a getto continuo.
Anche in Trentino misure di risparmio dell’acqua
“In via eccezionale anche al Trentino si chiede di mettere in atto misure di risparmio, a titolo di solidarieta’, con l’emergenza dei territori di valle”. E’ uno dei passaggi contenuti nella lettera che il Vicepresidente della Provincia autonoma di Trento e assessore all’ambiente, Mario Tonina, ha inviato ai sindaci del Trentino per affrontare l’emergenza idrica. L’assessore chiede di “impostare una serie di azioni a cura dei Comuni a beneficio degli eventuali interventi emergenziali che la Provincia dovesse mettere in atto per gli stessi“. I Comuni potranno valutare possibili azioni come la rimodulazione della pressione degli acquedotti per diminuirne le perdite o un maggiore prelievo dalle riserve sotterranee.
Per mitigare gli impatti del deficit idrico – scrive Tonina – e’ necessario ricorrere alla interruzione o alla limitazione dell’erogazione delle fontane pubbliche, ma anche applicare restrizioni per alcune categorie di usi idrici urbani, ad esempio per il lavaggio delle auto e per l’irrigazione dei giardini, ma anche per l’irrigazione delle colture annuali. Ultimo punto: il razionamento delle erogazioni, ad esempio l’interruzione del flusso d’acqua durante le ore notturne.
Per quanto riguarda il distretto delle Alpi orientali, lo scenario di severita’ idrica passa da media ad alta per tutto il distretto, eccetto il bacino dell’Adige, per il quale – si legge nella lettera – e’ stato confermato lo stato di severita’ idrica media. La portata del fiume Adige e’ stata sostenuta nel mese di giugno dalla coda del disgelo e dalle precipitazioni. “La situazione a Boara Pisani, dove sono presenti importanti attingimenti idropotabili, e’ per ora sotto controllo seppure le portate del fiume in quella sezione risultino in diminuzione. Cio’ che preoccupa e’ la possibile evoluzione della situazione in senso negativo al perdurare dell’assenza di precipitazioni significative ed alte temperature che determinano un’elevata richiesta d’acqua da parte del comparto agricolo“, scrive Tonina.
In Piemonte, i bacini idroelettrici rilasceranno 38 milioni di metri cubi d’acqua
Per cercare di contrastare gli effetti della siccità sulle colture, i gestori degli impianti idroelettrici in Piemonte hanno dato disponibilità alla possibilità di rilasciare per 15 giorni circa 38 milioni di metri cubi d’acqua in tutto. In particolare, Enel quasi 1,8 milioni di metri cubi al giorno attraverso le dighe della Valle Gesso, Val Varaita, Rochemolles e dell’Ossola. Iren 500.000 metri cubi al giorno attraverso gli invasi di Ceresole e Telessio in Valle Orco. Italgen circa 259.000 metri cubi al giorno attraverso le centrali a valle della diga del Chiotas di Entracque. È circa la metà del fabbisogno ritenuto dall’Anbi (l’associazione dei consorzi irrigui) accettabile per dare sollievo alle colture in questa fase critica e solo 1/5 di quello che secondo l’Assessorato all’Agricoltura sarebbe invece ottimale (ovvero circa 13,5 milioni di metri cubi al giorno).
Marche verso la richiesta dello stato di emergenza
Dopo la riunione per affrontare la crisi idrica, la Regione Marche sta pensando alla rchiesta al governo dello stato di emergenza, ad un’ordinanza ai Comuni per il divieto di spreco di acqua e all’avvio di una strategia che porti alla creazione di nuovi invasi e alla pulizia di quelli esistenti. “Anche le Marche – ha dichiarato l’assessore regionale Stefano Aguzzi – stanno soffrendo per il protrarsi di questo periodo di siccita’, sia per l’approvvigionamento idrico in agricoltura, sia per quello di uso civile, che si prevede imminente, specialmente nel nord della regione, dove le citta’ di Fano e Pesaro prelevano l’acqua dal fiume Metauro, la potabilizzano e poi la immettono nelle case: questo fiume e’ quasi a secco e non si prevedono imminenti piogge e cio’ costituisce una seria emergenza”. “Faremo richiesta dello stato di emergenza ma questo non risolvera’ il problema“, ha aggiunto Aguzzi, “la dichiarazione di emergenza potra’ avere benefici in termini di ristoro per eventuali danni o spese aggiuntive ma non in termini approvvigionamento idrico. Servono nuovi invasi o, dove ve ne siano presenti, serve un’accurata opera di pulizia. Ci muoveremo in questa direzione, cercando anche di superare gli ostacoli burocratici che spesso impediscono queste attivita’ di essere avviate”.