La legge mesopotamica, ricostruita da storici e archeologi, non dice esplicitamente che l'aborto autorizzato dagli uomini era concesso, ma una donna che abortiva da sola era condannata alla terribile pena dell’impalamento. I bambini indesiderati erano considerati cose, e spesso ci si rivolgeva a loro con espressioni tipo: "guarda cosa ha portato il cane".
Nel 1076 a.C, nella capitale assira Assur, un maestro scriba scrisse dozzine di leggi su una grande tavoletta d'argilla. Oggi, queste leggi sono conosciute come leggi medio-assire, dal nome del periodo in cui furono scritte. A differenza del più noto Codice di Hammurabi, queste leggi sono incentrate su un unico soggetto: le donne. Una di queste leggi, nemmeno a dirlo, riguarda l'aborto: “Se una donna ha abortito da sola il suo feto, ed è stata indagata e condannata, sarà impalata su un palo e non sepolta. Se è morta abortendo il feto, sarà impalata su un palo e non sepolta. Se hanno nascosto la donna perché ha abortito il suo feto…”. La direttiva di non seppellire la salma è significativa perché, secondo la tradizione mesopotamica, i defunti dovevano essere seppelliti affinché il loro spirito potesse discendere negli inferi. A questo punto la tavoletta è però rotta, dunque non è dato conoscere la punizione per i complici. Si può però presumere che fosse estremamente violento, come la punizione per la donna.
La direttiva di non seppellire il corpo è significativa perché, secondo la tradizione mesopotamica, i defunti dovevano essere seppelliti affinché il loro spirito potesse discendere negli inferi, dove abiterà, sostenendosi con i doni dei parenti. Pertanto, se il corpo della donna che ha posto fine alla sua gravidanza non viene sepolto, il suo spirito sarà condannato a vagare per l'eternità sulla terra affamata e assetata. Inoltre, e anche se questo non è stato espressamente dichiarato, la trasgressione a cui la legge sembra riferirsi non è l'aborto ma il fatto che la donna abbia interrotto la gravidanza “da sola” – cioè di propria iniziativa. Se suo marito (o, nel caso di una ragazza non sposata, suo padre) avesse voluto porre fine alla sua gravidanza, possiamo presumere che questo fosse un suo diritto in quanto capofamiglia.
Metodi per indurre l’aborto
I mesopotamici molto probabilmente usavano vari metodi per indurre l'aborto, ma non sappiamo molto di loro. Conosciamo un solo documento sull'argomento nel quale si raccomanda a un farmacista che cerca di indurre un aborto di macinare una lucertola e varie piante, mescolando poi il tutto con la birra da far bere alla donna. Non è chiaro se questa pozione fosse efficace, ma quel che è certo è che non risulta particolarmente gustosa. Ad ogni modo e nonostante i divieti, in Mesopotamia sono nati bambini indesiderati. Spesso venivano abbandonati, in particolare per strada e al mercato. Non conosciamo alcuna fonte mesopotamica che indichi che questa usanza fosse considerata inaccettabile.
Nel periodo antico babilonese (2000-1600 a.C. circa), le tavolette destinate agli apprendisti scribi fornivano espressioni legali per i bambini che furono abbandonati ma furono anche trovati e dunque sono sopravvissuti: “Uno che non ha padre e madre”, “qualcuno che non sa chi sono suo padre e sua madre”, “lo trovarono in un pozzo”, “fu portato dalla strada”, “fu rapito dalla bocca del cane”. A volte a questi bambini venivano dati nomi come "Quello dalla bocca del cane" o "Gli avanzi di un cane".
La legge assira sull'aborto e le fonti sull'abbandono dei bambini, portano alla conclusione che i mesopotamici non consideravano sacra la vita di un bambino, per non parlare di quella di un feto. La Mesopotamia era simile sotto questo aspetto all'antica Grecia e a Roma, dove l'aborto e l'abbandono dei neonati erano una pratica accettata. Le gravidanze indesiderate e la loro interruzione sono comuni in tutte le culture, a quanto pare, antiche o moderne.