È in corso un’altra ondata di contagi Covid, con i casi che ieri sono schizzati ad oltre 130.000, come non succedeva da 5 mesi. Colpa delle nuove varianti che continuano ad emergere, più contagiose e che hanno la capacità di superare facilmente la barriera creata dai vaccini. “Ora, paradossalmente, ci proteggono più i guariti dei vaccinati”, sostiene Andrea Crisanti, Professore di microbiologia dell’Università di Padova.
Crisanti rompe un tabù che esiste da mesi, secondo cui le varianti sarebbero state prodotte dalle persone non vaccinate, con il tutto il carico di stigmatizzazione ed esclusione dalla vita sociale che ne è derivato. Il microbiologo spiega che non è così. “Le varianti si sviluppano sotto la pressione delle persone vaccinate, che sono la maggioranza. Il vaccino è una barriera contro il virus, che genera varianti in maniera casuale. Se c’è una variante in grado di infettare i vaccinati si ritrova avvantaggiata, è l’abc della genetica. I non vaccinati non sono un ostacolo per il virus, il vero ostacolo sono i vaccinati, quindi la pressione selettiva esercitata sul virus è quella del vaccino. Naturalmente si infettano anche i non vaccinati, sia chiaro”, ha detto Crisanti a Il Fatto Quotidiano.
E il microbiologo lo aveva detto già nel mese di dicembre a La Verità: “vaccinando tante persone, abbiamo modificato l’ambiente del virus. E questa spinta selettiva può avvantaggiare varianti che hanno una capacità di trasmissione maggiore”. È stato il caso di Omicron e delle sottovarianti che continuano a generarsi.
L’ultima ad attirare l’attenzione degli esperti che si occupano di sorveglianza su SARS-CoV-2 è BA.2.75, nuova sottovariante di Omicron emersa in India ma già diffusa in Paesi come Australia, Nuova Zelanda, Canada, Germania e Regno Unito. L’India ha ormai vaccinato il 66% della sua popolazione e il 73% ha ricevuto almeno una dose. A sottolineare che la comparsa di nuove varianti non dipende dalla scarsa vaccinazione della popolazione.
“Ad esclusione di Alfa, tutte le varianti sono originate in Paesi come India, Brasile, Sudafrica, dove ci sono ampie fasce di popolazione immunodepressa a causa di malattie come la tubercolosi o l’Hiv. Ed è noto che più il virus persiste in un organismo che non ha difese immunitarie forti per combatterlo e maggiori sono le possibilità che muti”, ha detto a La Stampa Giorgio Palù, Presidente dell’Aifa e Professore emerito di Virologia dell’Università di Padova, sostenendo dunque un’altra ragione per la comparsa delle varianti che non ha a che fare con i non vaccinati. “Con BA.5 oramai globalmente predominante e ad alto tasso di contagiosità, non possiamo quindi di certo escludere nuove mutazioni. Ma fino ad oggi più il virus è diventato trasmissibile e minore è diventata la sua virulenza. È la tendenza di tutti i virus pandemici che non hanno interesse ad uccidere l’organismo che li ospita“, ha aggiunto.