Ieri su MeteoWeb Fulvio Crisciani, dirigente di ricerca del Cnr-Ismar, ha spiegato cos’è successo sulla Marmolada evidenziando come “il picco del caldo non basta a spiegare il distacco“: oggi ai nostri microfoni conferma la propria intuizione aggiungendo di aver notato, “guardando con molta cura le fotografie del distacco, che la spaccatura si è verificata proprio al centro del ghiacciaio, e questo conferma la mia ipotesi perché la temperatura al centro del ghiacciaio è più bassa rispetto ai suoi margini. Lì, quindi, probabilmente, nella parte più profonda il ritorno a temperature sottozero ha favorito il rigelo dell’acqua di fusione, secondo ciò che immagino, con la conseguente dilatazione che ha determinato delle fratture sufficienti a provocare l’evento”.
Eccezionalmente pacato e riflessivo, Crisciani è l’emblema del metodo scientifico nell’accuratezza delle proprie analisi e nella cautela nell’elaborazione delle ipotesi al punto che ci tiene a precisare di “non essere depositario di alcuna verità, lo scriva. Mi limito a fornire la mia visione, il mio pensiero“. Sempre nell’articolo di ieri aveva accennato come “circa seimila anni fa sulle Alpi, a quote fino ai 3.000/3.500 metri di altitudine, non esistevano ghiacciai”: un particolare che non è passato inosservato, perché è un dato che smentisce tanti catastrofismi sui cambiamenti climatici. Crisciani conferma e rilancia: “per arrivare a questa conclusione sono stati effettuati studi scientifici con precisi carotaggi nei ghiacciai alpini dalla loro superficie fino alle rocce delle montagne. Analizzando con il carbonio-14 l’età di questi reperti, si è appurato come anche i ghiacci più profondi hanno un’età non superiore ai sei mila anni. Significa non c’è alcuna traccia di materiale glaciale più antico di sei mila anni almeno fino ai 3.500 metri di quota sulle Alpi, quindi in altre parole almeno fino a quell’altitudine le nostre montagne erano completamente libere dai ghiacci. Uno studio che è confermato dall’affascinante storia di Ötz, la famosa mummia di età stimata intorno a 5.500 anni ritrovata in ottimo stato di conservazione nel ghiacciaio della Val Senales, ennesima testimonianza del fatto che in quell’epoca probabilmente fosse possibile muoversi anche con relativa facilità, e comunque senza le difficoltà dell’innevamento, persino a quelle quote“.
Cambiamenti climatici e riscaldamento globale: il pensiero di Crisciani
Chiediamo a Crisciani se il fatto che in passato abbia fatto molto più caldo di oggi possa smontare i catastrofismi sui cambiamenti climatici che sono ormai diventati pensiero dominante nella nostra società, e la sua risposta è molto seria: “non bisogna perdere l’equilibrio. Sicuramente ci sono esagerazioni, ma è altrettanto vero che il riscaldamento globale odierno c’è e non si può negare. E’ anche vero però che fa parte della storia della Terra: il problema aperto dal punto di vista scientifico non è se il riscaldamento ci sia o meno, né se abbia una componente antropica che è ovvio che c’è. Il punto è quanto effettivamente questa componente antropica possa influire sul clima. Che la componente antropica ci sia, basti vedere le isole di calore urbane dove fa più caldo esclusivamente a causa delle attività umane. Ma queste attività hanno davvero un peso così rilevante nel complesso della totalità del clima del pianeta? Su questo non c’è una risposta univoca, e ritengo che l’approccio numerico alla base dei modelli matematici che prevedono gli scenari non può funzionare se non conosciamo perfettamente le condizioni iniziali. Quando si parte dal clima del 1850, convenzionalmente l’inizio dell’era industriale, dovremmo inserire tutti i parametri meteorologici precisi del 1850, eppure non li conosciamo bene a partire dalla copertura nuvolosa, che già adesso non è banale da conoscere, eppure è essenziale dal punto di vista termodinamico”.
“Sono invece molto interessanti – prosegue Crisciani – gli studi col metodo del prof. Scafetta che ha individuato periodicità molteplici che danno previsioni buone, ed è da prendere in seria considerazione. Non si può negare che il calcolo delle maree astronomiche è basato sulla periodicità di luna e del sole, ed è un calcolo estremamente preciso. Quindi avendo una buona informazione astronomica, i calcoli sono estremamente buoni. E’ chiaro che l’approccio astronomico non tiene contro del contributo antropico, che pure piccolo o grande ci deve essere. Siamo in una situazione di parziale incertezza in tutti e due i casi. Secondo me bisognerebbe organizzare test e previsioni in cui i numeristi che gli astronomici collaborino per vedere quale dei due cattura meglio un evento che risulta prevedibile, ma per fare questo bisognerebbe interrompere quella guerra di religione che c’è tra le persone che aderiscono ad una visione e quelle che aderiscono all’altra. Parlare di climatologia è diventato come parlare di religione, ci sono fondamenti intoccabili e tabù, quindi se uno non è credente in tal verso diventa addirittura ‘negazionista’ o ‘terrapiattista’ o addirittura ‘complottista’, vocaboli pesanti che sono completamente fuori posto nell’approccio scientifico“.
Su MeteoWeb lo abbiamo scritto più volte, questi paladini del pensiero unico scientifico ricordano i modi e i toni dell’Inquisizione contro Galileo Galilei. Dopotutto l’Inquisizione era il Tribunale della Chiesa che indagava e condannava i sostenitori di teorie considerate contrarie all’ortodossia cattolica, cioè le cosiddette eresie. Un Tribunale perfettamente legale e riconosciuto non solo dal punto di vista amministrativo, ma anche sociale: la popolazione lo venerava come un punto di riferimento indiscutibile. Esattamente come succede oggi con determinate autorità politiche e mediatiche che con sempre maggior facilità bollano come “bufale” o “fake news” tutte quelle notizie che non sono false, ma semplicemente in disaccordo con il pensiero dominante che sul clima vorrebbe arrivare a negare ogni spazio di confronto a chi mette in discussione la portata dell’incidenza delle attività umane nei cambiamenti climatici in corso. Su tutti c’è l’IPCC, il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico dell’ONU, le cui previsioni catastrofiste sono già state ampiamente smentite dai fatti degli ultimi decenni in cui non si sono verificati i disastri annunciati (basti ricordare che Venezia doveva essere sommersa dalle acque del mare entro il 2000), e di recente sono stati ribaltati proprio dagli studi del prof. Scafetta.
La siccità e i suoi cicli naturali: Crisciani smonta l’illusione di chi pretende di ‘governare il clima’
Crisciani non è affatto banale neanche sull’attualissimo tema della siccità: “ricordo benissimo che all’inizio degli anni duemila il problema era simile a quello odierno. Si prevedevano scenari spaventosi, si annunciava l’imminente desertificazione ma poi per fortuna le cose sono andate diversamente, è tornata la pioggia, il Po ha avuto alcune tra le piene più abbondanti della storia. Quello della siccità è un fenomeno che torna e si ripete ciclicamente, naturalmente. Il ciclo idrologico con i tempi lunghi sistema tutto, ma ovviamente riferisce a tutto il pianeta. Adesso, ad esempio, noi abbiamo la siccità mentre in Australia ci sono precipitazioni eccezionalmente abbondanti: loro sono sott’acqua e noi siamo a secco, la distribuzione delle piogge non è mai stata omogenea. Ma la nostra siccità non è provocata soltanto dal periodo con poca pioggia: principalmente è dovuta al fatto che abbiamo condutture che perdono più del 40% di acqua, è una cifra considerevole, parliamo di quasi la metà. Ecco, è proprio questo il punto: se accanto alle preoccupazioni climatiche ci fossero preoccupazioni di tipo tecnico, volte a sistemare le condutture, avremmo una situazione molto più tranquilla. Oltre a sistemare le condotte, si possono anche aumentare i bacini degli invasi per avere più riserve d’acqua disponibili quando ne arriva di meno dal cielo. E poi ci sono i desalinizzatori, con cui Israele ha trasformato il deserto in terra coltivabile: ci sono tecnologie che esistono e funzionano, si potrebbe pensare di utilizzarle anche in Italia visto che il mare non ci manca, e Israele è nel Mediterraneo come noi. Anche questa potrebbe essere un’idea da inseguire: la politica dovrebbe agire in modo più concreto sulle cose fattibili anziché essere così fantasiosa sulle cose che non si possono fare. Nei giorni scorsi ho sentito parlare di ‘cambio climatico non governato’, ma Dio mio, chi può governare il clima? Possiamo certamente peggiorare un po’ la situazione con le nostre emissioni inquinanti, ma ‘governare il clima’ mi sembra davvero presuntuoso. Il clima della Terra è regolato da fattori naturali così talmente enormi che non possiamo certo pretendere di governarlo: servirebbe un approccio meno ideologico e più concreto. Secondo me è inutile parlare di cose non fattibili: il clima riguarda tutta la Terra nella sua totalità, e sulle emissioni abbiamo visto che smuovere la Cina o l’India non è cosa da poco, quindi che senso ha adottare determinate scelte soltanto per una piccola minoranza della popolazione mondiale visti tutti gli effetti collaterali che provocano sulla società? Bisognerebbe prendere atto delle ovvie difficoltà politiche e agire di conseguenza per quanto è possibile dal punto di vista tecnologico, limitando il più possibile i danni del clima che cambia com’è sempre cambiato e come sempre cambierà. Poterlo fermare è soltanto un’ingenua illusione“.