Dolmen di Guadalperal, lo “Stonehenge spagnolo” riemerge a causa della siccità | FOTO

Risalente a 4.000 anni fa, il Dolmen di Guadalperal potrebbe essere il più grande sito neolitico dell'intera Penisola Iberica
Dolmen di Guadalperal siccità spagna
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La siccità che colpisce buona parte dell’Europa sta mettendo a dura prova l’accesso all’acqua per milioni di persone. Cáceres, la seconda provincia più grande della Spagna, non è esente dalle conseguenze delle ondate di caldo che hanno colpito il Paese nei mesi estivi. Dopo aver raggiunto minimi storici nei suoi principali specchi d’acqua dolce, nel letto del fiume Tago, quasi completamente asciutto, è emerso un cerchio di pietre preistoriche.  

Ufficialmente conosciuto come il Dolmen di Guadalperal, questo potrebbe essere il più grande sito neolitico mai trovato nella Penisola Iberica. Gli archeologi lo chiamano lo “Stonehenge spagnolo“, a causa delle sue dimensioni e dell’età stimata. Diversi media, tra cui El Pais, segnalano che il livello dell’acqua del bacino di Valdecanas, al cui fianco è situato il Dolmen, è ormai inferiore al 30% della capienza e questo ha completamente esposto il sito, consentendo ai ricercatori di dare un’occhiata più da vicino. 

Come si vede a Stonehenge, è un cerchio di pietre concentriche. Si stima che i blocchi megalitici abbiano almeno 4mila anni. Enrique Cedillo, specialista dell’Università Complutense di Madrid e uno degli archeologi che guidano le indagini, descrive il sito come “un sepolcro collettivo“: “è rimasto sepolto qui per più di 2mila anni. Tutto quello che è stato portato alla luce sono i resti dei corredi che accompagnavano i morti”. 

Gli abiti e gli effetti personali usati dagli abitanti preistorici della regione sono rimasti nel Dolmen di Guadalperal. Per questo motivo i ricercatori lo hanno descritto come “un tesoro archeologico” unico in Europa. Nel maggio 2022, è stato dichiarato Sito di Interesse Culturale, con la categoria di Zona Archeologica. Finora, però, era stato poco studiato, perché il livello dell’acqua impediva agli archeologi di accedere correttamente nel sito. Dagli anni ’60, questo spazio è stato completamente esposto solo 4 volte. 

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