Il fatto, che viene dato per scontato dalla maggioranza della comunità scientifica, che l’uomo sia responsabile del cambiamento climatico in atto in realtà presenta notevoli lacune metodologiche nonché una presunzione che l’uomo stesso può modificare la natura addirittura a livello di clima globale. Le proiezioni sul clima futuro sono basate su modelli del tutto insufficienti nel riprodurre la complessità del sistema climatico fatto non solo da interazioni tra le varie componenti (atmosfera, oceano, ghiacci e fenomeni geofisici) ma anche tra le variabili interne di ogni sottosistema.
Il metodo scientifico, basato sul criterio di falsificabilità come ci ha insegnato Popper, è venuto a mancare in quanto l’assunto che l’uomo è colpevole del cambiamento climatico, cambiamento che di fatto è innegabile (risulta perciò assolutamente fuorviante e dispregiativo l’uso del termine “negazionista” rivolto a quelli che hanno una idea diversa o esprimono dubbi), è diventato un dogma.
La mia modesta opinione è che non siamo in grado ancora di discriminare quanto pesa l’effetto antropico rispetto alla naturale variabilità climatica: non esiste un esperimento cruciale capace di discriminare gli effetti. Ripeto, tutto è basato su modelli imperfetti che si possono pure manipolare. Se guardiamo i dati climatici sulla temperatura globale della terra, e possiamo andare molto indietro nel tempo grazie ai risultati che si ottengono dai carotaggi nei ghiacci dell’Artico e dell’Antartide, notiamo subito delle fluttuazioni enormi molto più marcate di quello che stiamo osservando negli ultimi cento anni. Ovviamente le variazioni principali sono legate alla glaciazioni e de glaciazioni. Noi viviamo in un era inter-glaciale che quindi presenta una relativa stabilità dal punto di vista climatico. Ora, i sostenitori dell’effetto antropico diranno che ciò è vero, ma che l’aumento della temperatura globale che osserviamo è molto rapido mentre le fluttuazioni del passato avvenivano su una scala di tempi geologici. Ricordiamo però l’esistenza della piccola era glaciale dalla metà del XIV alla metà del XIX così come il periodo caldo medioevale nella regione del Nord Atlantico, durato circa 300 anni dal IX al XIV secolo.
Le teorie attuali sull’esistenza di variazioni “rapide”, dell’ordine dei cento anni, sono attribuibili all’effetto dell’oceano ed in particolare sulla minore o maggiore intensità della circolazione termoalina del Nord Atlantico che scorrettamente dai media viene riportata come “Corrente del Golfo“. In realtà dal punto di vista oceanografico, la Corrente del Golfo è di natura puramente meccanica ed è dovuta alla forzatura del vento. La circolazione che porta effettivamente acque più calde che mitigano il clima del Nord Europa è di natura termodinamica e viene detta AMOC (Atlantic Meridional Overturning Circulation). L’indebolimento o addirittura la scomparsa di tale circolazione causa una diminuzione del trasporto di calore dalle basse latitudini verso Nord e quindi un clima più freddo nel Nord Europa. Del resto questo è successo in maniera estrema nel periodo seguente all’ultima era glaciale. Tale evento è noto come “Younger Dryas”. Circa 12,000 anni fa, il progressivo scioglimento dei ghiacci del Nord America ha riversato una enorme quantità di acqua dolce nel Nord Atlantico. Tale processo ha di fatto inibito la normale formazione di acque ad alta densità che, sprofondando per gravità, “chiudono” la cella termoalina. L’evento è avvenuto su scale di qualche centinaio di anni che sono molto più brevi delle normali fluttuazioni climatiche.
Se qualcuno si ricorda, nel film catastrofista “The Day After Tomorrow” tale situazione viene a verificarsi nell’arco di pochi giorni causando una nuova era glaciale nell’emisfero Nord della Terra. Ovviamente la scala dei tempi non può essere questa, ma in un certo senso il messaggio non è troppo lontano dalla realtà. Quello che osserviamo dal punto di vista della fisica dell’oceano è infatti una diminuzione della salinità nell’area del Nord Atlantico e quindi si sta facendo avanti l’ipotesi di un possibile indebolimento della circolazione termoalina. Anche questo fatto viene riportato con una certa enfasi dai media e genera una certa confusione in quanto si parla da un lato di riscaldamento globale e temperature considerate “fuori dalla norma” anche nel Nord Europa, ma l’indebolimento o sparizione della circolazione oceanica porterebbe invece ad un clima più freddo.
Come si vede, la situazione dell’attuale cambiamento in atto è poco chiara e non permette, sulla base delle conoscenze attuali, una discriminazione tra eventuali effetti antropici e cause naturali.
C’è un’altra questione metodologica che mi preme sottolineare: il problema dei trattati internazionali sulla riduzione delle emissioni di CO2 per arrivare, entro un certo numero di anni, a un target stabilito a priori del contenimento della temperatura media globale. Dal punto di vista tecnico, questo è di fatto un problema di controllo in senso stretto dove entra in gioco quella disciplina matematica detta appunto “Teoria dei controlli”. In questo contesto è importante il cosiddetto “Principio del modello interno” che recita: “ogni ottimo regolatore di un sistema deve contenere un modello del sistema stesso“. Nel nostro caso il regolatore è l’intervento sulla emissione dei gas serra; il target da controllare è la temperatura globale della terra. Ora, sempre nell’ottica del principio del modello interno, il problema è che anche disponendo di un modello del clima il controllo delle emissioni deve essere regolato con continuità temporale in modo tale che le discrepanze che vengono rilevate nel tempo tra la previsione del modello e il dato reale si assestino per raggiungere l’obiettivo. Il fatto quindi di stabilire un target di temperatura e ridurre le emissioni senza un continuo feedback non può portare al raggiungimento dell’obiettivo. Del resto è impensabile l’esistenza di un servomeccanismo su scala globale per la regolazione del clima!
Nella realtà quello che invece occorre fare, ed è assolutamente fattibile e controllabile, è agire sulle fonti di inquinamento che costituiscono un problema attuale e ben più grave. A questo proposito segnalo anche in questo caso una confusione generata dai media: la CO2 non è un inquinante come viene molte volte detto ma un gas essenziale per la vita sulla terra.