World Climate Declaration, Montford: “nessuna emergenza climatica, dopo il Covid le persone iniziano a dubitare molto di più”

Oltre 1.200 scienziati e professionisti hanno firmato la World Climate Declaration, in cui si sostiene che non vi è alcune emergenza climatica in atto
MeteoWeb

Si allunga la lista degli scienziati e dei professionisti che hanno firmato la World Climate Declaration, la dichiarazione in cui sostengono non ci sia alcuna emergenza climatica per la Terra. Le firme, ormai oltre 1.200, arrivano da Belgio, Repubblica Ceca, Danimarca, Francia, Germania, Ungheria, Irlanda, Italia, Paesi Bassi, Norvegia, Polonia, Portogallo, Spagna, Svezia, Svizzera, Regno Unito, Australia, Brasile, Canada, Cile, Cina, Hong Kong, India, Giappone, Messico, Nuova Zelanda, Paraguay, Russia, Sudafrica, Stati Uniti. 

La dichiarazione è stata redatta nel settembre 2019, quando era sostenuta da 500 firmatari: ora il numero è più che raddoppiato. 

Andrew Montford, deputy director di Net Zero Watch, il cui obiettivo è evidenziare le implicazioni economiche e sociali di politiche climatiche ed energetiche costose e sconsiderate, sia a livello nazionale che internazionale, ha affermato: “Dopo il Covid e tutto ciò che gli esperti ci hanno detto che si è rivelato sbagliato, penso che le persone stiano iniziando a dubitare di questo molto di più“. “Una cosa interessante riguardo questa Dichiarazione è che non dice nulla di particolarmente controverso. La posizione ufficiale dell’IPCC è che il cambiamento climatico non è un’emergenza: si parla di una perdita del 2,6% di prodotto interno lordo entro il 2100, e questa non è un’emergenza“.

Nella dichiarazione, i firmatari sottolineano che “la scienza dovrebbe adoperarsi per una comprensione del sistema climatico notevolmente migliore, mentre la politica dovrebbe concentrarsi sul minimizzare i potenziali danni climatici, dando priorità alle strategie di adattamento, sulla base di tecnologie consolidate e accessibili dal punto di vista economico“. 

Nella World Climate Declaration si legge: La scienza climatica dovrebbe essere meno politica, mentre le politiche climatiche dovrebbero essere più scientifiche. In particolare, gli scienziati dovrebbero evidenziare che gli output dei loro modelli non sono frutto della magia: i modelli informatici sono creati dall’uomo. Ciò che ne viene fuori è pienamente dipendente da quello che teorici e programmatori hanno inserito: ipotesi, supposizioni, relazioni, parametrizzazioni, vincoli di stabilità, ecc. Purtroppo, nella climatologia comune la maggior parte di questi input non è dichiarata. Credere al risultato di un modello climatico è credere a quello che i modellisti hanno inserito. Questo è esattamente il problema dell’odierna discussione sul clima, in cui i modelli climatici sono centrali. La climatologia è degenerata in una discussione basata su credenze, non sulla solida scienza autocritica. Dovremmo liberarci dell’ingenua fiducia nei modelli climatici immaturi. In futuro, la ricerca sul clima dovrà dare molta più enfasi alla scienza empirica“. 

Condividi