Un temporale autorigenerante è il fenomeno all’origine dei nubifragi che per ore hanno colpito le Marche durante la notte, determinando una devastante alluvione che ha provocato vittime, dispersi e danni incalcolabili. “Avviene quando una nube temporalesca, invece che dissiparsi, riprende energia“, ha detto all’ANSA Guido Guidi, tenente colonnello dell’Aeronautica Militare-Servizio Meteorologico. Fenomeni del genere, ha osservato, sono “intrinsecamente impredicibili” alla luce delle attuali tecnologie a disposizione delle previsioni meteo.
Il temporale autorigenerante è avvenuto perché le correnti atmosferiche da cui ha avuto origine “hanno impattato l’Appennino marchigiano“; è anche questo il motivo per cui il temporale ha avuto una durata molto lunga. In casi come questi, ha aggiunto Guidi, “il temporale insiste a lungo sulla stessa area”. Di eventi simili “ne abbiamo visti, ma con frequenza più bassa; l’intensità è stata eccezionale, con un livello di precipitazioni pari a 420 millimetri in qualche ora“. E’ stato un “evento tipicamente meteorologico e non climatico, considerando la scala spaziale e temporale”. Eventi come questi, ha aggiunto, “traggono energia dall’umidità e dal calore presenti nell’atmosfera” e “il calore è stato particolarmente abbondante sull’area del Mediterraneo per la forte anomalia termica nei mesi estivi”.
Modi e tempi nei quali potrà avvenire il rilascio di questa grande quantità di umidità accumulata dipenderanno dalla circolazione atmosferica. Di certo, ha osservato Guidi, c’è “un’intrinseca impredicibilità di questi fenomeni: i modelli numerici utilizzati per le previsioni del tempo fanno fatto progressi notevoli negli ultimi anni, sia nella precisione e nello spazio, ma se sono prevedibili le condizioni che potrebbero potare allo sviluppo di temporali intensi, resta difficile prevedere dove i temporali avverranno: sono modelli fallibili a causa di un limite intrinseco della tecnologia attuale“.
Betti (Cnr): “eventi impossibili da prevedere”
“Gli episodi come quello verificatosi nelle Marche avvengono in circostanze molto particolari e sono estremamente difficili, se non impossibili, da prevedere“, ha spiegato all’AGI Giulio Betti, ricercatore presso il Laboratorio di Monitoraggio e Modellistica Ambientale (LaMMA), l’Istituto di Biometeorologia del Consiglio nazionale delle ricerche e dell’Associazione di Meteorologi e Tecnici Meteorologi Professionisti (Ampro). “Da un punto di vista meteorologico – continua lo scienziato – abbiamo assistito a un periodo fortemente siccitoso, seguito da una configurazione meteorologica molto particolare. Nei giorni scorsi, si è formato un flusso di correnti Sud-Occidentali cariche di umidità e molto miti, che hanno provocato temperature elevate in gran parte della penisola. All’interno di questo flusso si sono attivati temporali a livello locale”.
Calda e ricca di energia e umidità, questa corrente stabile ha provocato temporali persistenti, concentrati in aree geografiche molto ristrette. “Nel caso specifico – commenta Betti – il temporale di ieri ha insistito per ore nello stesso punto e veniva continuamente alimentato dalla massa d’aria umida e calda di origine Sud-Occidentale. Il problema è che questo tipo di configurazione meteorologica non è prevedibile con gli strumenti attuali. Sappiamo che in casi come questo i temporali possono manifestarsi in modo violento, per cui possiamo diramare allerte e richiamare l’attenzione, ma stabilire con precisione la localizzazione, la temporizzazione e l’intensità degli eventi è estremamente difficile, se non impossibile. Si possono elaborare probabilità di accadimento su aree vaste, ma il fenomeno che abbiamo osservato ieri è assolutamente fuori scala, tanto che si verifica con una ciclicità secolare“.
La natura territoriale localizzata di questi fenomeni, ribadisce l’esperto, è ciò che li rende così complessi dal punto di vista previsionale. “Nel caso di perturbazioni ampie ed estese – sottolinea Betti – il rischio di precipitazioni viene calcolato sulla base di modelli predittivi affidabili e consolidati. Questi temporali, però, sono in grado di portare in poche ore la quantità di pioggia che cade in sei mesi in una località costiera. Si passa dalla bassa risoluzione all’alta risoluzione, e attualmente non abbiamo modo di prevedere il punto esatto e l’intensità con cui si verificheranno. Per conoscere la frequenza di fenomeni come quello a cui abbiamo assistito ieri servirebbero i dati statistici – conclude Betti – ma si tratta di eventi con tempi di ritorno secolari. Non possiamo stabilire se sia in qualche modo collegato al cambiamento climatico, ma sappiamo che il contesto e la tipologia in cui si è verificato sembrano collimare bene con quanto previsto dai modelli dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) e degli altri enti che si occupano di cambiamenti climatici”.