Nuove conferme sulla presenza di acqua liquida sotto la calotta Sud di Marte

Quanto emerso concorda con precedenti misurazioni radar penetrate in profondità nel ghiaccio
MeteoWeb

Da un nuovo studio arrivano ulteriori conferme sulla possibile esistenza di acqua liquida sotto la calotta polare meridionale di Marte. Un team internazionale di ricercatori, guidati dalla University of Cambridge, ha dimostrato che questi dati corrispondono alle previsioni dei modelli computerizzati su come un corpo d’acqua sotto la calotta glaciale influenzerebbe la superficie. I risultati sono stati riportati su Nature Astronomy.

Quanto emerso concorda con le precedenti misurazioni radar in profondità nel ghiaccio, dalle quali si è dedotta una potenziale area di acqua liquida al di sotto dello strato ghiacciato. Alla deduzione è seguito un dibattito relativo all’interpretazione dei dati: alcuni studi hanno suggerito che quanto registrato dal segnale radar non era dovuto all’acqua liquida.

Come la Terra, il Pianeta Rosso ha spesse calotte glaciali d’acqua su entrambi i poli, più o meno equivalenti in volume combinato alla calotta glaciale della Groenlandia. A differenza delle calotte del nostro pianeta (dove sono presenti canali d’acqua e grandi laghi subglaciali) fino a poco tempo si riteneva che le calotte polari su Marte fossero congelate e solide fino ai letti a causa del clima freddo.

marte

La combinazione delle nuove prove topografiche, dei risultati del nostro modello computerizzato e dei dati radar rendono molto più probabile che su Marte esista almeno un’area di acqua liquida subglaciale e che debba essere ancora geotermicamente attivo per mantenere l’acqua liquida sotto la calotta glaciale,” ha spiegato Neil Arnold dello Scott Polar Research Institute di Cambridge, che ha guidato la ricerca. “La qualità dei dati provenienti da Marte, dai satelliti orbitali così come dai lander, è tale che possiamo usarli per rispondere a domande davvero difficili sulle condizioni sulla superficie del pianeta e anche sotto la superficie, usando le stesse tecniche che utilizziamo anche sulla Terra,” ha concluso Arnold. “E’ emozionante usare queste tecniche per fare scoperte su pianeti diversi dal nostro“.

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