Così cresce il rabdomiosarcoma alveolare, sarcoma pediatrico molto aggressivo

Pubblicati sulla rivista Cell Reports i risultati di uno studio condotto all’Istituto di Biologia e patologia molecolare del Cnr di Roma
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Il rabdomiosarcoma alveolare è un sarcoma pediatrico molto aggressivo. I risultati di uno studio italiano, pubblicati sulla rivista Cell Reports da ricercatori dell’Istituto di biologia e patologia molecolare del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ibpm) di Roma, hanno rivelato un nuovo asse molecolare coinvolto nella crescita di questo tipo di cancro.

La ricerca si è concentrata sul rabdomiosarcoma alveolare, uno dei più diffusi sarcomi dei tessuti molli, che colpisce principalmente le cellule del tessuto muscolare scheletrico”, spiega la coordinatrice Chiara Mozzetta, del Cnr-Ibpm, che ha portato avanti il lavoro con i ricercatori Valeria Bianconi e Alberto Gualtieri. “Alla base dell’insorgenza di questo aggressivo tumore, che colpisce prevalentemente la popolazione pediatrica, c’è una specifica mutazione genetica che porta alla formazione di una cosiddetta proteina di fusione, PAX3-FOXO1. Questa proteina mantiene le cellule in uno stato di crescita incontrollata e le rende incapaci di formare tessuto muscolare maturo”.

Nello studio il gruppo di ricerca ha individuato un nuovo meccanismo molecolare che controlla PAX3-FOXO1 ed è quindi alla base della crescita incontrollata del rabdomiosarcoma alveolare. “È noto già da diversi anni che PAX3-FOXO1 è un bersaglio molecolare piuttosto ostico per lo sviluppo di farmaci anti-tumorali specifici per questo tipo di rabdomiosarcoma”, spiega Mozzetta, “è importante quindi conoscere quali sono le molecole regolatrici di questa proteina per concepire strategie più efficaci volte a bloccarne l’azione”.

Il lavoro dei ricercatori ha messo in evidenza due nuovi fattori che contribuiscono a mantenere elevata l’espressione di PAX3-FOXO1 e che quindi promuovono la crescita del rabdomiosarcoma alveolare. “In particolare, all’inizio della via molecolare in cui si trova anche PAX3-FOXO1, abbiamo identificato l’enzima DDX5, che a sua volta stabilizza l’espressione di un altro fattore, EHMT2, il quale regola infine l’espressione della proteina di fusione”, conclude la ricercatrice. “Abbiamo quindi dimostrato che inibendo DDX5 o EHMT2 è possibile agire indirettamente su PAX3-FOXO1 e bloccare così la crescita del rabdomiosarcoma alveolare. I risultati della ricerca hanno quindi evidenziato due nuovi bersagli molecolari utilizzabili per bloccare la crescita del rabdomiosarcoma alveolare”.

I dati ottenuti in laboratorio dovranno ora essere consolidati prima di poter essere eventualmente valutati in clinica negli esseri umani.
Lo studio è stato condotto in collaborazione con ricercatori di Sapienza Università di Roma, e del Santa Lucia IRCCS di Roma, e realizzato prevalentemente col sostegno di Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro, grazie a My First AIRC grant (MFAG) assegnato alla dottoressa Mozzetta, e inoltre grazie al supporto della Sarcoma Foundation of America (SFA).

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