Lo studio dal titolo “The supernova remnant SN 1006 as a Galactic particle accelerator” condotto da un team di ricercatori del Dipartimento di Fisica e Chimica “Emilio Segrè” (DiFC) dell’Università degli Studi di Palermo è stato pubblicato sulla rivista scientifica Nature Communications.
L’articolo, frutto di una collaborazione internazionale guidata da Marco Miceli, ricercatore del DiFC e corresponding author, ha come prima autrice Roberta Giuffrida, dottoranda in Scienze Fisiche e Chimiche, e coinvolge come co-autori il prof. Giovanni Peres del DiFC insieme a ricercatori dell’INAF-Osservatorio Astronomico di Palermo, dell’Università di Chicago, dell’Università di Amsterdam e dell’Università di Paris-Saclay. Il lavoro dimostra che l’onda d’urto prodotta dalla supernova osservata sulla Terra nel 1006 d.C. agisce come un potente acceleratore di particelle galattico.
«La nostra Galassia è permeata da un flusso di particelle cariche ad altissima energia, chiamate raggi cosmici, che bombardano costantemente la Terra – spiegano dal team di ricerca – Sin dalla scoperta dei raggi cosmici, risalente al 1912, la comunità scientifica si è interrogata sulla loro origine fisica. La presenza stessa dei raggi cosmici dimostra che devono esistere nella nostra Galassia delle potenti sorgenti, capaci di accelerare particelle cariche fino ad energie ultra-relativistiche. Diversi indizi suggeriscono che le onde d’urto o shock prodotte dalle esplosioni stellari, le cosiddette supernovae, possono costituire degli efficaci acceleratori naturali di particelle su scala galattica, capaci di alimentare il potente flusso di raggi cosmici osservato. Se gli shock prodotti dalle esplosioni di supernova trasferiscono parte della loro energia ai raggi cosmici, una traccia di questa perdita di energia dovrebbe essere osservabile nel mezzo investito dallo shock. In particolare, ci si aspetta che al crescere dell’efficienza di accelerazione, cresca anche la densità del mezzo investito dall’onda d’urto. Della presenza di questo effetto, finora, erano state prodotte soltanto evidenze indirette e non conclusive.
Il nostro lavoro – proseguono i ricercatori – ha combinato raffinati modelli di accelerazione di raggi cosmici con l’analisi di osservazioni dell’emissione nei raggi X del resto della supernova apparsa nel cielo nel 1006 d. C. Siamo riusciti a sviluppare una metodologia che ci ha permesso di misurare con accuratezza la densità del mezzo post shock e di confrontare i risultati dell’analisi dati con le predizioni dei modelli teorici. Abbiamo osservato che l’efficienza dell’accelerazione dipende dall’angolo formato dalla velocità dello shock col campo magnetico ambiente, raggiungendo il valore massimo nelle regioni in cui campo magnetico e velocità dello shock puntano circa nella stessa direzione (“accelerazione quasi-parallela”). Abbiamo scoperto che nelle regioni in cui lo shock accelera le particelle con la massima efficienza, cede loro una percentuale della sua energia compresa fra il 10% ed il 20%. Questi valori sono esattamente quelli necessari perché i resti di supernova possano essere considerati come i principali produttori di raggi cosmici della nostra Galassia. Il nostro lavoro fornisce, inoltre, una forte evidenza a sostegno della teoria di accelerazione quasi-parallela».