La cardiomiopatia ipertrofica (HCM) è una malattia cardiovascolare genetica che si ritiene colpisca un individuo su 500 nella popolazione generale. Sebbene relativamente raro, il decesso a causa di questa condizione rappresenta una delle principali ragioni di morte naturale nei giovani. La capacità di identificare i soggetti a rischio potrebbe pertanto ridurre il rischio di morte cardiaca improvvisa (SCD), ad esempio mediante la limitazione dell’esercizio fisico e l’adozione di terapie farmacologiche.
In uno studio, condotto dagli scienziati del Sahlgrenska University Hospital, in Svezia, e pubblicato sulla rivista Plos One, il team, guidato da Erik Borjesson, sottolinea che circa nove casi su dieci di morte cardiaca improvvisa dovuta a cardiomiopatia ipertrofica nei pazienti giovani sono preceduti da sintomi, anomalie nell’elettrocardiogramma o condizioni simili in famiglia. Per questo, gli autori dello studio propongono di istituire un programma diffuso di screening della popolazione che potrebbe contribuire a ridurre significativamente il rischio di morte cardiaca improvvisa nei giovani.
Il gruppo di ricerca ha analizzato tutti i casi di morte cardiaca improvvisa verificatisi in Svezia negli under 35 tra il 2000 e il 2010. I ricercatori sono stati in grado di caratterizzare i sintomi clinici, la storia medica, la storia familiare e i risultati dell’ECG prima del verificarsi di SCD. I 38 casi osservati riguardavano 31 maschi e 7 femmine. Stando a quanto emerge dall’indagine, il 71% della coorte presentava possibili sintomi cardiaci prima del decesso, inclusi dolore toracico e palpitazioni. Il 39% dei ragazzi aveva un disturbo cardiaco noto prima di morire e il 50% era associato ad almeno un parente con la stessa condizione.
Gli autori sostengono quindi che potrebbe essere possibile predire e prevenire la SCD nei giovani con cardiomiopatia ipertrofica. “La maggior parte dei decessi per HCM – concludono gli scienziati – si verifica a seguito di una o più anomalie che possono essere riconosciute in fase di screening. È pertanto auspicabile estendere le analisi della salute cardiaca al di là degli atleti impegnati in competizioni e sport agonistici”.