I cambiamenti climatici minacciano di ridurre in povertà l’86% dei Paesi del mondo. Lo indica la ricerca italiana condotta dall’Istituto di Economia e del Dipartimento di Eccellenza EMbeDS (Economics and Management in the era of Data Science) della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e pubblicata sulla rivista dell’Accademia Nazionale delle Scienze degli Stati Uniti, Pnas. La ricerca è basata su 40 anni di dati raccolti in oltre 100 Paesi, che riguardano sia le variabili climatiche sia le disuguaglianze di reddito.
Secondo lo studio, siccità, nubifragi e gli altri eventi estremi, sempre più frequenti, sono destinati ad aumentare le disuguaglianze sociali, colpendo le fasce più povere e i Paesi che basano la loro economia soprattutto sull’agricoltura. I dati indicano che esiste una chiara correlazione fra cambiamenti del clima e variazioni nel reddito.
“Gli impatti sono notevolmente più forti nei Paesi che dipendono largamente dal settore agricolo”, osserva Elisa Palagi, dell’Istituto di Economia della Scuola Superiore Sant’Anna e autrice dello studio con Matteo Coronese, Francesco Lamperti e Andrea Roventini. “Quello che è più preoccupante è che le economie più esposte a questi shock climatici, come ad esempio quelle di molti Paesi sub-sahariani, sono anche quelle che partono da livelli di disuguaglianza particolarmente elevati”.
“Piove sul bagnato: molto probabilmente il cambiamento climatico acuirà le disuguaglianze di reddito nel prossimo futuro“, rileva Matteo Coronese. “Le nostre proiezioni non soltanto indicano che l’86% dei Paesi nel mondo diventerà più povero a causa del cambiamento climatico, ma che le disparità di reddito aumenteranno. Nel peggiore degli scenari, i Paesi che dipendono fortemente dall’agricoltura vedranno un aumento del 45% della disuguaglianza di reddito, esclusivamente come conseguenza di anomalie di precipitazione. Se consideriamo anche le anomalie di temperatura, l’aumento atteso arriva al 78%“.
Francesco Lamperti, docente dell’Istituto di Economia della Scuola Superiore Sant’Anna ed economista presso RFF-CMCC (Resources For the Future – Centro Euro-Mediteranneo sui Cambiamenti Climatici) European Institute on the Economics and the Environment, specifica che “anche tenendo a mente che le proiezioni climatiche sono caratterizzate da elevata incertezza, le prospettive sono saldamente negative. Ad esempio, nell’Africa Sub-Sahariana lo scenario più pessimista indica che la quota di reddito guadagnata dal 50% più povero della popolazione diminuirà di più del 10% come conseguenza di alterazioni nelle precipitazioni, mentre scenari ottimistici indicano effetti positivi molto piccoli. Inoltre, vi sono specifiche aree del mondo, come l’Europa, dove gli impatti proiettati sono positivi per alcuni Paesi e negativi nelle economie confinanti. Questo porterebbe ad un aumento delle disparità regionali”.
“I nostri risultati sottolineano l’urgente esigenza di politiche di mitigazione e di adattamento al cambiamento climatico, combinate con interventi mirati a limitare le disuguaglianze e a favorire lo sviluppo economico, in particolare nei Paesi più esposti“, commenta Andrea Roventini, docente dell’Istituto di Economia della Scuola Superiore Sant’Anna e Observatoire Francais des Conjonctures E’conomiques, Sciences Po (Francia). “Questo mix di politiche – conclude Roventini – potrebbe attenuare gli impatti diretti del cambiamento climatico, incrementare il benessere della popolazione, ridurre disparità esistenti e, allo stesso tempo, garantire una crescita sostenibile”.