Rilevate per la prima volta microplastiche nel latte materno

La scoperta di microplastiche nel latte materno ad opera di ricercatori italiani "rappresenta una grande preoccupazione per l'impatto sulla popolazione vulnerabile dei bambini"
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Microplastiche nel latte materno. Le ha riscontrate per la prima volta uno studio italiano coordinato dall’Università Politecnica delle Marche di Ancona e pubblicato sulla rivista Polymers. La scoperta “rappresenta una grande preoccupazione, poiché ha un impatto sulla popolazione estremamente vulnerabile dei bambini“, dicono i ricercatori.  

Lo studio ha coinvolto 34 donne seguite all’Ospedale Fatebenefratelli Isola Tiberina di Roma che hanno donato un campione di latte una settimana dopo il parto. Il latte è stato raccolto in contenitori di vetro e senza usare dispositivi che potessero inquinare il campione. Le analisi hanno rilevato presenza di microplastiche in 26 dei 34 campioni, cioè il 76%.  

Le microplastiche, in microsfere o frammenti irregolari di dimensioni comprese tra 1 e 12 millesimi di millimetro, sono costituite da diverse materie plastiche, soprattutto polietilene (38%), Pvc (21%), polipropilene (17%). Circa due anni fa, lo stesso gruppo di ricerca aveva rilevato la presenza di microplastiche nella placenta.

Sulla base di questi risultati impressionanti, abbiamo deciso di studiare la contaminazione delle microplastiche nel latte materno“, scrivono i ricercatori, che definiscono la scoperta preoccupante. “Le sostanze chimiche eventualmente contenute in cibi, bevande e prodotti per la cura personale consumati dalle madri che allattano possono essere trasferite alla prole ed esercitare, potenzialmente, un effetto tossico. Pertanto, è d’obbligo aumentare gli sforzi nella ricerca scientifica per approfondire la conoscenza del potenziale danno alla salute causato dall’internalizzazione e dall’accumulo di microplastiche, soprattutto nei bambini, e per valutare modi innovativi e utili per ridurre l’esposizione a questi contaminanti durante la gravidanza e l’allattamento“, concludono i ricercatori.  

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