L’uragano Ian ha lasciato una scia di distruzione e morte tra Cuba e Stati Uniti, dove ha toccato terra come un potentissimo uragano di categoria 4, vicino alla soglia della 5, la massima sulla scala Saffir-Simpson. La devastazione provocata da questo “mostro” della natura è enorme in Florida, dove il bilancio delle vittime continua a salire mentre i soccorritori sono al lavoro tra le macerie. Come spesso accade quando si verifica un fenomeno meteorologico violento, è facile attribuire la sua occorrenza/intensità/frequenza al cambiamento climatico.
In realtà, la scienza non ha ancora stabilito se e come i cambiamenti climatici stiano influenzando l’attività degli uragani atlantici. Lo evidenzia, dati alla mano, anche Guido Guidi, tenente colonnello dell’Aeronautica Militare-Servizio Meteorologico.
“Si è trattato certamente di uno degli uragani più intensi che abbiano interessato gli USA, ma forse non tutti sanno che negli ultimi 60 anni (1961-2021) sulla Florida sono passati ben 7 Cicloni Tropicali di categoria 3 o superiore, mentre nei 60 anni tra il 1900 e il 1960 ce ne sono stati ben 13. Numeri da cabala, visto che nell’intero dataset gli uragani che si sono formati nella terza decade di settembre in tutta la serie storica disponibile sono ben 205”, scrive Guido Guidi sul suo blog “Climate Monitor”.
Mentre il bilancio provvisorio delle vittime dell’uragano Ian negli USA è di 64, Guidi ricorda che “una volta questi eventi mietevano migliaia di vite umane. Ovviamente, i più gravi sono stati nei secoli scorsi e continuano ad esserlo nel sud del mondo, dove le la preparazione e le infrastrutture sono purtroppo ancora insufficienti”.
Uragani e cambiamento climatico
Affrontando il tema del “consenso” scientifico in materia di cicloni tropicali e cambiamenti climatici, Guidi riporta quanto sostenuto dall’IPCC, ossia: “non c’è ancora consenso sull’entità relativa delle influenze umane e naturali sui cambiamenti passati nell’attività degli uragani atlantici, e in particolare su quale fattore abbia dominato l’aumento osservato (Ting et al., 2015) e rimane incerto se i cambiamenti passati nell’attività dei cicloni tropicali atlantici siano al di fuori della gamma di variabilità naturale”.
Parlando dell’intensità dei cicloni tropicali, Guidi scrive: “uno dei parametri più affidabili e solidi nel tempo è l’ACE (Accumulated Cyclone Energy), che non mostra alcun trend significativo”.
In sintesi, questi dati dimostrano che gli uragani atlantici non stanno diventando né più intensi né più frequenti, come spesso viene sostenuto dagli allarmisti del cambiamento climatico.