“Stamane, l’ennesimo drammatico evento. La splendida Ischia, notoriamente terra fragile dal punto di vista geologico, è stata investita da un sistema temporalesco che ha provocato nuove vittime e danni incalcolabili. Sull’isola sono caduti in 6 ore tra i 120 ed i 155 millimetri di pioggia, con un valore orario di oltre 50 millimetri tra le 4 e le 5 di questa mattina. Ed ancora sono in atto precipitazioni fortunatamente più irregolari, che vanno però a cadere su un suolo e su litologie sature“.
Così in una nota Massimiliano Fazzini, geologo e climatologo, docente universitario e referente del team sul rischio climatico della Società italiana di geologia ambientale. “C’è da rammentare – spiega Fazzini – che nell’ultimo mese, la Campania è stata colpita da tre episodi alluvionali, con tipologie di precipitazioni ed effetti sull’ambiente fisico e paragonabili tra di loro in intensità e solo per buona sorte le vittime non sono state più numerose. E dal mese di luglio ad oggi il dissesto idrogeologico, che oramai caratterizza tutti gli ambienti morfoclimatici della penisola, ha mietuto quaranta vittime. Non si può più pensare di proseguire su questa drammatica rotta sulla quale si susseguono situazioni devastanti“.
“Il rischio specifico derivante dalla crisi antropoclimatica, come preferisco chiamarla, è diventato agli occhi di tutti un’emergenza assoluta. E se da una parte – continua il referente Siga – si spera che questo anno sia statisticamente eccezionale in tutte le sue evidenze climatiche, dall’altro non ci si può affidare alla sorte sperando che gli anni a venire non siano caratterizzati da tele estremizzazione dei fenomeni atmosferici. A prescindere dai raccapriccianti risultati della COP 27, e dai numeri spesso poco precisi delle varie statistiche prodotte e relative agli eventi estremi di natura meteorologica occorsi nell’ultimo anno, urge una politica nazionale immediata di mitigazione del rischio, ricorrendo persino a strategie economiche di emergenza. Se per la crisi economica ci si può adattare facendo sacrifici, le vite umane non hanno prezzo“.
“In questo anno horribilis 2022, peraltro come previsto già in estate, il rischio climatico – conclude Fazzini – ha continuato ad imperversare sull’intero territorio nazionale. Dopo un inverno eccezionalmente siccitoso, un accenno di riequilibrio termodinamico in primavera, una estate calda quasi come quella del 2003, con un mare termicamente paragonabile e quello tropicale, non poteva che verificarsi un autunno ricco di fenomenologie meteorologiche aventi magnitudo molto elevate ma spesso statisticamente non eccezionali“.
La causa è anche la negligenza umana
“I tempi della prevenzione sono finiti“. E ad Ischia la complessità della situazione “va vista su tre binari paralleli che finiscono poi per convergere: le precipitazioni molto intense, si parla di 150 mm in 6 ore, di cui 55 mm di pioggia caduta in una sola ora (tra le 4 e le 5 del mattino); le caratteristiche dell’isola per cui vi sono depositi vulcanici piuttosto incoerenti che si fluidificano in maniera rapida sul Monte Epomeo, di conseguenza è chiaro che ad ogni evento estremo si verifica la tendenza di un dissesto gravitativo degli elementi che ricoprono gli strati più antichi depositati dal vulcano stesso; c’è poi la negligenza umana a fronte di una isola estremamente antropizzata“.
E’ quanto spiegato all’Adnkronos da Fazzini. “Ad Ischia – specifica il climatologo – si è costruito troppo, in aree dove non si doveva farlo. Queste sono zone più volte interessate negli ultimi cento anni da colate di detriti e fango, nonostante l’evidenza di pericolosità ambientale si è continuato a fabbricare su aree a rischio rendendole così particolamente vulnerabili. E oggi ne abbiamo avuto l’esempio lampante”.
“E’ da luglio che parliamo di combinazioni drammatiche – sottolinea il climatologo –, è arrivato il momento di prendere coscienza che l’ambiente fisico non è più resiliente. I tempi della prevenzione purtroppo sono finiti, ce li siamo giocati negli ultimi vent’anni, è dal 2000 che lanciamo allarmi per il cambiamento climatico soprattutto in territori devastati dall’antropizzazione. Ora direi che è il momento dell’adattamento sotto il coordinamento delle istituzioni. A fronte di un rischio (alluvione, frana, etc..) bisogna mettersi al sicuro seguendo i decaloghi contenuti nei piani di Protezione civile, fare piani di adattamento alla scala di bacino, alla scala di comune, ovvero tutto ciò che possa unire le forze per mitigare il rischio specifico derivante dalla crisi climatica“.