Dopo il loro ritrovamento, i 24 bronzi di San Casciano sono stati da molti paragonati ai noti Bronzi di Riace. Ma Paolo Brocato, docente di etruscologia e antichità italiche dell’Università della Calabria, spiega perché è sbagliato fare un paragone tra le opere. “Non dobbiamo commettere l’errore di togliere dai loro contesti queste opere per paragonarle e per stabilire una graduatoria, sarebbe una operazione scorretta metodologicamente e poco scientifica”, afferma Brocato.
“Se queste sono le prime impressioni generali, dobbiamo, però, aspettare le relazioni scientifiche e le pubblicazioni della nuova scoperta, stando comunque tranquilli che la fama e l’importanza dei Bronzi di Riace non sarà mai offuscata, se qualcuno lo avesse mai pensato, ma eventualmente sempre più contestualizzata attraverso nuovi studi e ritrovamenti. Nuove e vecchie scoperte – prosegue Brocato – dimostrano quanto sia importante promuovere la ricerca e la valorizzazione dei beni archeologici del nostro Paese, tenendo però ben presente che a fronte di ritrovamenti eclatanti – estremamente importanti – ci sono tante altre scoperte che formano la trama dei paesaggi e la quotidianità dell’uomo antico, senza le quali le grandi scoperte non avrebbero senso storico e perderebbero la loro eccezionalità. Per questo – sostiene ancora – la vera sfida per il futuro è di conoscere, preservare e valorizzare il paesaggio, applicando una politica attenta al recupero dei luoghi e delle identità dei territori anche attraverso il patrimonio archeologico”.
“Gli studiosi – aggiunge Brocato – ben sanno quanto la scoperta di statue in bronzo dell’antichità greca ed etrusco romana sia un evento raro. Fin dall’antichità, le statue furono fuse per ricavarne altre o per realizzare manufatti meno nobili, destino che ancor più ha avuto il suo corso nella fase tardo antica e medievale. Ecco, quindi, il motivo per cui quando si ritrovano statue in bronzo antiche la scoperta ha sempre grande rilevanza. Soprattutto se poi lo stato di conservazione è eccezionale, come è accaduto a San Casciano”.
“Sono stati evocati i Bronzi di Riace che, proprio in questi giorni hanno visto captare nuovamente l’attenzione scientifica per l’importante Convegno I Bronzi di Riace 50 anni di studi e ricerche, in corso al Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria. Non è un caso – dice ancora – che il ritrovamento archeologico abbia avvicinato le due scoperte, in quanto entrambe caratterizzate da esemplari della statuaria bronzea antica pressoché intatti. I due gruppi di bronzi sono accomunati da vicende, successive alla loro creazione e al loro uso, che hanno permesso, in circostanze molto diverse, di giungere fino ai nostri giorni. Destino molto raro, come abbiamo detto, per la bronzistica antica e soprattutto per i bronzi di dimensioni consistenti. Il richiamo subito dopo la scoperta ai Bronzi di Riace va inteso in questo senso, null’altro a mio avviso. Statue accomunate dalla fortuna di essersi salvate dall’incuria del tempo e dall’avida mano dei fonditori”.
“Al di là di questo – sostiene – parliamo di due contesti culturali e cronologici estremamente diversi che non possono essere paragonati tra loro. La scoperta di San Casciano appartiene alla cultura etrusco-romana del II-I secolo a.C., i Bronzi di Riace alla cultura ellenica della metà del V secolo a. C.. Sono tra loro distanti nel tempo, cambiano le circostanze storiche ma anche lo stile artistico che aderisce a modelli e gusti differenti. Anche la committenza è diversa. Così anche le dimensioni se vogliamo entrare nel dettaglio. Inoltre, il contesto stratigrafico di giacitura dei reperti toscani appare intatto, al contrario della situazione e delle circostanze di ritrovamento dei bronzi di Riace”, conclude Brocato.