A Sharm el Sheikh, in Egitto, è iniziata oggi la seconda settimana di negoziati della COP27, la Conferenza annuale delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. Al summit, che dovrebbe concludersi venerdì 18 con la firma di un accordo, i nodi da risolvere riguardano principalmente il calo delle emissioni, l’adattamento agli effetti prevedibili del cambiamento climatico e l’aspetto finanziario collegato ai ‘loss and damage’ che colpiscono spesso le nazioni più povere. L’altra questione cruciale è il posto dei combustibili fossili in Africa in un contesto di transizione energetica globale.
La strada per giungere ad un accordo sembra tutta in salita. “Rimane molto lavoro per superare” le divisioni tra Paesi ricchi e Paesi Poveri che chiedono aiuti e riconoscimento dei “danni e pregiudizi” subiti dagli effetti del cambiamento climatico. Lo ha detto in apertura dei lavori il Presidente della COP27, Sameh Choukri, precisando che “su alcuni punti abbiamo concluso, ma rimane ancora molto da fare se vogliamo ottenere risultati significativi e tangibili di cui andare fieri. Dobbiamo cambiare velocità”.
“I popoli e il pianeta attendono da questo processo che mantenga le promesse. Dobbiamo costruire i ponti necessari per progredire sul limite del riscaldamento a 1,5°C, sull’adattamento, il finanziamento, le perdite e i danni“, ha sottolineato su Twitter il capo dell’agenzia Onu Clima, Simon Stiell.
Un anno fa, alla COP26 di Glasgow, circa 200 Paesi si sono impegnati a “mantenere in vita” l’obiettivo più ambizioso dell’Accordo di Parigi, firmato nel 2015, ossia limitare il riscaldamento globale a 1,5°C rispetto all’era preindustriale, aumentando gli impegni di riduzione dei gas serra per la COP27. Ma finora meno di 30 lo hanno fatto. Secondo diversi osservatori, inoltre, Cina e Arabia Saudita manifestato la loro riluttanza a vedere nella dichiarazione finale il riferimento all’obiettivo di +1,5°C, insistendo piuttosto sull’obiettivo principale dell’accordo di Parigi di “rimanere significativamente al di sotto” di 2°C. Choukri ha chiesto alle delegazioni di completare il lavoro tecnico martedì 15 novembre, per poi poterlo consegnare ai Ministri attesi a Sharm El-Sheikh.
La richiesta dei Paesi in via di sviluppo
I Paesi in via di sviluppo chiedono più soldi alle nazioni ricche che non hanno mantenuto la promessa di portare a 100 miliardi di dollari l’anno gli aiuti destinati alla riduzione delle emissioni e all’adattamento agli impatti. Ora puntano anche all’istituzione di un meccanismo specifico per far fronte alle “perdite e danni” già subiti. Gli Stati Uniti e l’Europa sono particolarmente riluttanti, con l’Ue che preferirebbe optare per l’utilizzo di organismi già esistenti, tra cui il Fondo Verde per il clima.
La presidenza tedesca del G7 e una sessantina di Paesi vulnerabili hanno lanciato alla COP27 uno “scudo“, ovvero una nuova struttura per aiutare, in particolare tramite assicurazioni, le popolazioni a finanziare gli impatti del riscaldamento globale. I Paesi colpiti da disastri climatici riceveranno più di 200 milioni di dollari di finanziamento, soprattutto dalla Germania. Tra i primi beneficiari ci sono Bangladesh, Costa Rica, Figi, Ghana, Pakistan, Filippine e Senegal. Il Ministro delle Finanze del Ghana e Presidente del V20, Ken Ofori-Atta, lo ha definito “uno sforzo innovativo” che aiuterà a proteggere le comunità in caso di perdita di vite e mezzi di sussistenza.
COP27: prima bozza su loss and damage
Una prima bozza di documento sulla istituzione di un fondo per ristorare le perdite e i danni (loss and damage) del riscaldamento globale è stata pubblicata sul sito dell’UNFCCC, l’agenzia dell’Onu per il clima. La bozza, preparata dopo la prima settimana di negoziato alla COP27, prevede l’avvio alla conferenza di un processo di due anni, che porti all’attuazione del fondo nel 2024. Sul processo sono indicate due opzioni: la nomina di una commissione ad hoc, oppure un negoziato meno strutturato, affidati a vari organismi sotto la regia dell’UNFCCC.
Secondo il think tank Ecco, “nel negoziato c’è una distinzione tra chi vuole focalizzarsi sul processo per arrivare a una decisione nel 2024, portato avanti dai Paesi sviluppati, e chi vorrebbe dei risultati concreti già qui alla COP, portato avanti dai Paesi in via di sviluppo“. La bozza, secondo Ecco, “presenta varie opzioni da dove potrebbe provenire la finanza per i loss and damage e quali processi includere, ma non prende alcuna decisione su quale risultato, procedurale o di sostanza, si dovrà perseguire qui alla COP27. Quindi la discussione continua nei prossimi giorni“.
Per Chiara Di Mambro di Ecco, “il problema nel negoziato è definire quanto di un evento meteorologico estremo è effettivamente dovuto al clima, poi trovare un metodo per quantificare i danni e le perdite, decidere per quanto tempo di dovranno versare i fondi, infine come quantificare il ristoro di queste perdite e danni“. I Paesi più ricchi vogliono una definizione molto precisa delle modalità di erogazione dei ristori, temendo esborsi eccessivi. Questo rallenta il processo di formazione del fondo.