La prima settimana della Cop27 volge al termine e il WWF avverte che finora non si avverte un cambio di marcia. E non solo. Non vi è nemmeno il necessario passaggio chiaro e deciso dalle promesse astratte all’azione concreta. Con le scadenze che si avvicinano su una serie di questioni fondamentali, i negoziatori rischiano di aver perso la prima settimana a Sharm El Sheikh. Almeno se le Parti non riescono a concordare azioni concrete e urgenti.
L’inserimento del tema delle perdite e dei danni nell’agenda è stato un primo passo in avanti della Cop27, ma la possibilità di concordare un piano di finanziamento è ancora incerta. In seguito ai discorsi dei leader mondiali e alle fasi iniziali dei negoziati, il WWF vede alcuni segnali positivi che indicano la possibilità di fare progressi, ma il tempo stringe per trasformare questi “barlumi di possibilità” in risultati sostanziali che aiutino a spostare l’ago della bilancia nell’affrontare la crisi del clima e della biodiversità.
“La crisi climatica si sta muovendo molto più velocemente della nostra risposta e le persone e i territori di tutto il mondo stanno soffrendo per le conseguenze catastrofiche dell’inazione“. Sottolinea Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed Energia del WWF Italia (presente alla Cop27) che aggiunge: “Occorre fare i passi ancora necessari per garantire un meccanismo di finanziamento per le Perdite e i Danni. Con i disastri che colpiscono i Paesi e le comunità vulnerabili, è urgente il sostegno: la comunità internazionale deve unirsi per aiutare i più esposti e meno responsabili della crisi climatica ad adattarsi, a costruire la resilienza e sostenere i costi ingiusti della crisi climatica. C’è ancora il tempo e la possibilità di trovare un accordo e fare sostanziali progressi, ma bisogna volerlo, bisogna essere affamati di risultati sperando che in questa settimana in cui arrivano i ministri si possa essere più risoluti. I negoziatori sono qui, ma l’impulso deve partire dalle capitali. Abbiamo sentito i leader riconoscere la portata della sfida, ma ora devono affrontarla con l’ambizione e l’azione necessarie per impedire che la crisi climatica vada ulteriormente fuori controllo“.
La preoccupazione del WWF
Il WWF ha espresso preoccupazione per la lentezza dei progressi nel concordare una decisione sul futuro del Programma di lavoro congiunto sull’agricoltura di Koronivia. Ulteriori ritardi potrebbero portare a una decisione poco ambiziosa o, peggio, a un rinvio della decisione alla COP28: questo sarebbe un duro colpo per attuare la trasformazione dei sistemi alimentari in modo tale che questi possano contribuire a limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi. Per il WWF, dobbiamo allineare urgentemente gli obiettivi in materia di clima, cibo e natura.
Nonostante queste preoccupazioni, il WWF ritiene che ci siano stati alcuni sviluppi positivi, con finanziamenti apprezzabili per le foreste, incontri ministeriali promettenti e raccomandazioni positive da parte del Gruppo di esperti di alto livello sul net zero, l’Agenda d’azione per l’adattamento di Sharm El Shiekh e le proposte di alcune delegazioni e raggruppamenti che potrebbero potenzialmente far avanzare le agende su diversi fronti. Il successo della Cop27, peraltro, è fondamentale per creare slancio in vista del vertice sulla biodiversità COP15 di dicembre a Montreal, dove si ha la possibilità di reimpostare il rapporto interrotto dell’umanità con la natura.
“La crisi climatica sta portando alla perdita di natura e la distruzione degli ecosistemi naturali alimenta, a sua volta, la crisi climatica. Va dato alla natura un ruolo sostanziale nei negoziati: i leader dovrebbero riconoscere questa interconnessione”, conclude Midulla. La crisi climatica, secondo il WWF, colpirà persone e luoghi diversi in modo disomogeneo, portando disuguaglianze all’interno e tra le nazioni. Per questo motivo ogni azione sul clima dovrebbe contribuire a migliorare i diritti e l’equità sociale.
Crisi dei negoziati
Sui negoziati, la situazione non è delle migliori. Gli osservatori sono concordi nel dire che non si fanno molti progressi, che non c’è accordo sulle questioni più spinose. Lunedì torna a Sharm il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto (FI). Era già stato alla Cop27 lunedì 7 con il premier Meloni, al summit dei capi di stato e di governo. Ma stavolta torna per partecipare direttamente alle trattative fra i ministri dell’Ambiente e dell’Energia, dopo la prima settimana di lavori preparatori degli sherpa. Pichetto rimarrà in Egitto fino a martedì.
Oltre ai negoziati, firmerà una serie di protocolli d’intesa sullo sviluppo sostenibile, e avrà alcuni incontri bilaterali coi suoi colleghi di altri paesi. Poi parteciperà ad un paio di eventi al Padiglione italiano, su digitalizzazione e giovani, e incontrerà la delegazione dei parlamentari italiani presenti a Sharm el-Sheikh.
I paesi più ricchi, quelli del G7, hanno ribadito a Sharm che vogliono mantenere i loro impegni di decarbonizzazione, presi l’anno scorso alla Cop26 di Glasgow. In particolare, l’obiettivo di mantenere il riscaldamento globale entro 1,5 gradi dai livelli pre-industriali. Possono permetterselo, visto che hanno i capitali per passare dalle fonti fossili alle rinnovabili, e anche perché la crisi ucraina ha dimostrato loro che è meglio non dipendere dall’estero per l’energia.
Ma al livello di G20, dove ci sono anche le nazioni emergenti, come Cina, India, Brasile, la situazione cambia. Di fronte al caro energia e materie prime, gli emergenti hanno poca voglia di pensare alla decarbonizzazione, preferiscono concentrarsi sulla difesa del loro apparato produttivo. E le tensioni internazionali sull’Ucraina e su Taiwan non aiutano il dialogo.
Gli stati più poveri
Poi ci sono gli stati più poveri, che alla Cop27 sono arrivati con un obiettivo: costringere ricchi ed emergenti a istituire un fondo per ristorare le perdite e i danni della siccità e delle alluvioni provocate dal riscaldamento globale. Un riscaldamento causato dagli stati più sviluppati, che però colpisce soprattutto quelli meno sviluppati. Il fondo per i “loss and damage” è diventato una battaglia anche per la presidenza egiziana della conferenza. I padroni di casa vogliono ottenere almeno questo risultato, per poter dire che la loro Cop è stata un successo. Ma i paesi più ricchi hanno moltissimi dubbi sul fondo. A parole, tutti dicono che è giusto e doveroso. Ma nei fatti, tutti temono che le richieste dei paesi più colpiti diventino troppo esose. Quindi, si impuntano per restringere il più possibile il campo di intervento. Per di più, gli esborsi colossali per calmierare il caro energia e per finanziare il riarmo dopo la guerra in Ucraina, non lasciano molti soldi per gli aiuti internazionali.