Covid, la guerra ideologica continua: le Regioni di sinistra contro il Governo sui sanitari non vaccinati, è scontro

Ci sono regioni che si oppongono alla decisione del reintegro dei sanitari non vaccinati contro il Covid: il punto della situazione
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La decisione del governo di anticipare all’1 novembre la scadenza dell’obbligo di vaccinazione anti-Covid per i professionisti sanitari, con conseguente reintegro di chi non è vaccinato, ha determinato un’onda di polemiche in Italia. In piena sintonia con la linea decisa dal governo per quanto riguarda la gestione della pandemia, si va verso un approccio scientifico, che restituisce quelle libertà che erano state tolte dai precedenti governi in questi anni di pandemia. Se la decisione del reintegro dei sanitari non vaccinati è stata accolta con favore dagli Ordini, anche alla luce della diffusa carenza di personale, incredibilmente ci sono regioni che si oppongono e annunciano decisioni opposte, insistendo in una gestione ideologica della pandemia.  

È il caso, per esempio, di Puglia e Campania. Nella prima regione, l’obbligo di vaccinazione resta, mentre nella seconda regione, i sanitari non vaccinati saranno sì reintegrati, ma non staranno in contatto con i pazienti. Il governo, a questo proposito, ha già fatto sapere che impugnerà le loro leggi regionali. 

La situazione ricorda – questa volta a parti inverse – quella della fine della prima ondata di Covid, dove qualche regione, come la Calabria, aveva deciso di riaprire i tavoli all’aperto di bar e ristoranti e si è vista impugnare le ordinanze dal governo di allora. Adesso che il governo punta su un approccio più scientifico, invece, qualche regione intende rimanere ancorata alle restrizioni del passato. Anche di fronte alle evidenze scientifiche che dimostrano come i vaccini anti-Covid non proteggono dal contagio – bugia acclarata su cui si sono basate tutte le restrizioni precedenti, tra obblighi vaccinali e Green Pass – chi ha creduto ad una teoria, continua a mantenerla, anche se è stata smentita dai fatti, trasformando di fatto la scienza in religione. 

È triste vedere come nel periodo attuale, caratterizzato dalla guerra in Ucraina e dalla grave crisi energetica, l’Italia rimanga l’unico Paese al mondo in cui si parla ancora di Covid e limitazioni. 

Schillaci: “le direzioni sanitarie decidono dove reintegrare i medici non vaccinati” 

“E’ una decisione che ho preso basandomi essenzialmente sul fatto che oggi lo scenario è completamento diverso e c’è una grave carenza di organico. E’ vero che i medici reintegrati saranno circa 4mila, ma intanto cominciamo a metterli a disposizione delle direzioni sanitarie. Ho letto anche qualche polemica su quello che questi medici andranno a fare. Saranno le singole direzioni sanitarie a deciderlo, valutando il posto migliore dove i medici reintegrati potranno andare a lavorare“, ha chiarito il Ministro della Salute, Orazio Schillaci, in una video-intervista sul sito del Corriere della Sera. 

Reintegro dei medici non vaccinati: le decisioni di Campania e Puglia 

In questi anni di pandemia, la Campania si è contraddistinta per la sua linea super rigida nella gestione della pandemia e anche questa volta, continua in questa direzione. Secondo una direttiva a firma del Presidente della Regione, Vincenzo De Luca, inviata ai direttori generali della Aziende Sanitarie Locali e delle Aziende Ospedaliere, in Campania, negli ospedali e nelle Rsa, il personale sanitario non vaccinato non potrà essere a contatto con i pazienti o gli assistiti. “Saranno quindi messe in campo le necessarie azioni dirette a contrastare ogni ipotesi di contagio, evitando il contatto diretto del personale non vaccinato con i pazienti”, si legge in una nota.  

Situazione simile anche a Torino, dove i medici non vaccinati non verranno assegnati ai reparti Covid. Sono 397, tra medici e odontoiatri, i professionisti di Torino e della provincia non vaccinati che hanno ricevuto in queste ore una lettera da parte dell’Ordine dei Medici dove viene comunicato che è stata recepita la revoca della sospensione.  

I medici non vaccinati che da oggi possono rientrare in servizio, però, non vengono assegnati ai reparti Covid “fino a valutazione del medico competente“. Lo precisa, in una lettera, l’Asl Città di Torino. “Ai fini di tutelare la salute degli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario che rientrano in servizio – si legge nel documento – prevenendo il rischio di contagio, sarà cura dei dirigenti responsabili di riferimento non assegnare i medesimi a Reparti Covid fino a valutazione del medico competente”. La lettera è indirizzata a tutto il personale dipendente, convenzionato e somministrato. “Sempre ai fini di tutela della salute, tutto il personale, al rientro del servizio, sarà contattato dal medico competente per essere sottoposto a visita“, aggiunge l’Asl.

Non va di certo meglio in Puglia, dove “la legge” che obbliga il personale sanitario a vaccinarsi anche contro il Covid “c’è e rimane in vigore“. Lo ha ribadito l’assessore alla Sanità della Regione Puglia, Rocco Palese. La legge regionale stabilisce che gli operatori sanitari non vaccinati non possono essere a contatto con i pazienti ricoverati negli ospedali. L’obbligo di vaccino in Puglia non riguarda solo il Covid ma altri 10 vaccini, gli stessi previsti anche dal piano nazionale.  

La legge regionale della Puglia che impedisce l’impiego dei medici non vaccinati contro il Covid nei reparti più a rischio “verrà impugnata“, ha detto il sottosegretario alla Salute Marcello Gemmato a SkyTg24.   

È ovvio come queste decisioni si basino ancora sull’idea – ormai ampiamente smentita dai fatti – che i vaccini anti-Covid prevengano il contagio e finiscano per trattare ancora ingiustamente i sanitari non vaccinati come se fossero un pericolo maggiore rispetto agli altri vaccinati. 

Moratti: “spero che Bertolaso convinca Fontana a non reintegrare i no-vax” 

Altre simili assurdità arrivano dalle parole di Letizia Moratti, che oggi ha annunciato le dimissioni da vicepresidente e assessore al Welfare della Lombardia. “Formulo a Guido Bertolaso, nuovo assessore al Welfare di Regione Lombardia, i migliori auguri di buon lavoro. Guido ha collaborato con me, insieme con tutta la struttura Welfare, in un momento davvero difficile in piena condivisione di strategie e obiettivi”, ha dichiarato in una nota Letizia Moratti, auspicando “sinceramente che, con la determinazione che tutti gli riconosciamo, saprà da subito convincere il Presidente Fontana, diversamente da quanto non sia riuscita a fare io, a non reintegrare nelle strutture sanitarie i medici no vax. Posizione – precisa – peraltro già presa in queste ore da altri governatori regionali”. 

Gemmato: “non possiamo mantenere gli stessi comportamenti di 2 anni fa” 

Le nostre decisioni sul Covid non saranno basate su pregiudizi ideologici, ma sui dati. A partire dalle scelte sulle quarantene dei positivi“, tema sul quale è “giusto iniziare una riflessione. Non possiamo mantenere gli stessi comportamenti di due anni fa, con un virus che non dà più mortalità e ha bassa ospedalizzazione”. Lo afferma Marcello Gemmato (Fratelli d’Italia), farmacista, neo sottosegretario alla Salute in un’intervista al ‘Messaggero’. Del ministro Orazio Schillaci, Gemmato assicura: “rettore di una delle università più importanti d’Italia, è di per sé una garanzia”.  

E sulla gestione della pandemia richiama le parole del Premier Giorgia Meloni: il metodo sarà mettere “al centro la scienza, non l’ideologia“. “Vanno presi in considerazione i parametri di contagio, mortalità e occupazione terapie intensive“. E i dati oggi dicono che “solo il 2 per cento di posti in terapia intensiva è occupato, l’11 negli altri reparti. Questo sta alla base della prima scelta”, spiega il sottosegretario. “Ogni decisione va presa sulla base dei dati”, ribadisce tornando al tema dell’isolamento dei positivi, sul quale secondo indiscrezioni di stampa l’ipotesi potrebbe essere una riduzione a tre giorni.  

Ulteriore tema caldo le vaccinazioni anti-Covid, sulle quali per Gemmato c’è stato “un approccio ideologico con due estremi: chi diceva che bisognava vaccinare anche i peluche dei bambini, chi al contrario sosteneva che i vaccini sono acqua sporca, veleni dietro ai quali c’erano chissà quali complotti delle case farmaceutiche. Né l’uno né l’altro. La posizione di Fratelli d’Italia era razionale: vacciniamo le persone delle categorie con alta mortalità, come over 65, i fragili, gli immunodepressi. I benefici prevalevano sui rischi. Parlo di forte raccomandazione, non di obbligo”. “Per tutte le altre categorie, che avevano una percentuale bassissima di morti, non era necessario vaccinare“, dice. Per Gemmato “i numeri dei cinquantenni ci dicono che la mortalità è molto bassa. Se uno ha 50 anni, fa sport, sta bene, non ha nessuna patologia, non c’è motivo per cui si debba vaccinare. E l’obbligo è stato controproducente. Anche l’Oms dice che in una pandemia il miglior alleato è la popolazione. Invece abbiamo avuto scienziati che andavano in tv a dire tutto e il contrario di tutto”. 

Sulla prosecuzione della campagna vaccinale, Gemmato precisa che “la scelta spetta al Ministro, un primario, un rettore, un esperto. Per parte mia bisogna continuare, ma rivolgendosi solo alle categorie con la più alta mortalità”. Il sottosegretario smorza infine le polemiche sul rientro dei sanitari non vaccinati: “molti di loro hanno fatto due dosi e poi hanno contratto la malattia e quindi non hanno potuto ricevere la terza. Si è creata situazione d’impasse: il Ministero non ha mai risposto alla domanda se la malattia andava considerata come terza dose. Per il resto ricordiamoci che comunque tutti sarebbero tornati al lavoro il 31 dicembre”.  

I numeri dei sanitari non vaccinati 

Sono 1878 i medici che potrebbero rientrare effettivamente in servizio a seguito del decreto legge con il quale il Consiglio dei Ministri ha anticipato all’1 novembre la scadenza dell’obbligo di vaccinazione anti-Covid per i professionisti sanitari. Lo comunica la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri (Fnomceo), che ha elaborato gli ultimi dati sui medici e odontoiatri sospesi dagli Albi per non essersi vaccinati. Sul totale di 4mila sospesi, oltre 400 sono odontoiatri e tra i medici il 47% ha più di 68 anni ed è fuori dal Servizio sanitario nazionale.  

Migliore (Fiaso): “reintegro dei medici entro la settimana, sono poche unità per ogni ospedale” 

Gli Ordini, nelle varie Province, “stanno facendo i provvedimenti di reintegro dei medici non vaccinati contro il Covid, provvedimenti che verranno comunicati alle aziende sanitare che, a loro volta, disporranno l’assegnazione del medico o sanitario nei vari reparti. Ci aspettiamo che i reintegri vengano effettuati entro la settimana”. Lo spiega all’ANSA il Presidente della Federazione delle aziende sanitarie e ospedaliere (Fiaso) Giovanni Migliore.  

Le Regioni sono partite con i reintegri di medici e sanitari e non ci vorrà troppo tempo. Ad ogni modo – precisa Migliore – l’assenza di lungo periodo impone al datore di lavoro una verifica delle condizioni di salute del dipendente, per questo tutti gli operatori sanitari no vax sospesi e dipendenti delle strutture del servizio sanitario nazionale, una volta ottenuto dagli ordini professionali il reintegro per l’esercizio della professione, devono prima sottoporsi alla visita di sorveglianza sanitaria da parte del medico del lavoro competente”. È il medico del lavoro, chiarisce, “che può esprimere, sulla base della valutazione del rischio legata a diversi fattori tra cui le condizioni di salute, l’età o il reparto di assegnazione, l’idoneità o meno dell’operatore sanitario a lavorare in un determinato reparto. Sulla base del giudizio espresso dal medico del lavoro, saranno le direzioni sanitarie a decidere a quale reparto assegnare il dipendente. In quasi tutti gli ospedali stanno partendo le procedure di convocazione per le visite di sorveglianza sanitaria per medici, infermieri e operatori sanitari no vax al rientro in servizio”.  

Tuttavia, aggiunge il Presidente Fiaso, “parliamo di piccole cifre: si tratta di poche unità per ogni ospedale perché la maggior parte dei medici non vaccinati contro il Covid, come evidenziano i dati degli ordini, sono liberi professionisti”.  

Se riportiamo la questione su un piano tecnico, siamo semplicemente di fronte all’anticipazione di una scadenza naturale che, comunque, sarebbe arrivata fra un paio di mesi. Una scadenza naturale che, tra l’altro, avviene in un momento diverso della storia della nostra convivenza con il virus”, ha detto Migliore all’agenzia Dire. “Se ci saranno problemi – e io mi auguro, anzi sono certo che non capiterà – saranno solo per i sanitari che hanno rifiutato la vaccinazione, perché è abbastanza chiaro che il problema è esclusivamente legato alla possibilità di infettarsi, purtroppo, per i lavoratori che non hanno aderito alla campagna vaccinale”.  

Oltre che quella di organizzare i servizi – aggiunge Migliore – la nostra responsabilità come datori di lavoro è utilizzare tutte le risorse disponibili, e certamente questo è un provvedimento che va in quella direzione. Bisogna, però, farlo correttamente, cercando di valutare bene il rischio che questi lavoratori corrono non essendo vaccinati, anche se per scelta personale“. Quindi, “caso per caso, a seconda delle situazioni in cui si troveranno a operare – sottolinea – saranno le direzioni aziendali, tramite la medicina del lavoro, dei servizi che regolano sostanzialmente l’abilità dei sanitari alla mansione, a indicare eventuali limitazioni per i singoli casi nel reinserimento al lavoro. Come è stato in epoca prevaccinale – sottolinea il Presidente Fiaso – queste limitazioni, e oggi siamo in un momento diverso, impongono in ogni caso a questi lavoratori l’utilizzo dei dispositivi di protezione. Cercherei davvero di ricondurre il tutto a un fatto tecnico più che a una decisione di carattere politico”. 

Migliore prosegue spiegando che “di fatto applichiamo le norme che vengono fatte e in questo caso la norma, nei fatti, consente ai sanitari di essere nuovamente iscritti all’Ordine professionale e di essere impiegati nelle aziende sanitarie, chiamate poi a valutare l’esposizione al rischio e a inserirli nel modo corretto all’interno dei reparti e dei servizi”. “Attraverso una valutazione del rischio – precisa – medici e infermieri no vax saranno inseriti laddove verranno identificate quelle situazioni ambientali che ne consentano il pieno utilizzo. E se avviene per il medico, per il professionista o l’operatore sanitario che non ha effettuato la profilassi vaccinale anti-Covid, questo accade anche per tutti i lavoratori sottoposti alla sorveglianza sanitaria e che, a seconda del profilo di rischio, vengono utilizzati in modo differente”. “Ad esempio – informa Migliore – gli infermieri che hanno la limitazione al sollevamento dei carichi vengono utilizzati nei reparti pediatrici, dove i pazienti hanno, ovviamente, un peso differente. È una valutazione assolutamente normale per i nostri servizi”.  

“Reparto per reparto – afferma poi – abbiamo un documento ai sensi della normativa sulla tutela dei lavoratori, il documento di valutazione dei rischi, il Dvr, che tiene conto della stratificazione del rischio a esposizione da agenti biologici. È ovvio che, a seconda del rischio differente da reparto a reparto, i lavoratori impiegati sono quelli che possono sostenere il rischio. È altrettanto evidente che questi lavoratori sanitari, medici e infermieri, prima di rientrare al lavoro verranno screenati con una certa periodicità per verificare una eventuale positività al SARS-CoV-2″. 

A proposito di rischio, Migliore rende noto che “prima di entrare in ospedale, devono essere sottoposti a tampone molecolare e, se positivi, saranno sottoposti a isolamento. Qualora fossero negativi, rientrano a lavoro, utilizzano i dispositivi di protezione individuale e la sorveglianza sanitaria, ovvero la funzione aziendale preposta al corretto uso dei lavoratori, deciderà caso per caso, ovviamente anche in base al profilo complessivo dell’operatore sanitario”. Questo perché, continua Migliore, “bisogna distinguere tra l’operatore sanitario di 20 anni e che non ha altri rischi e un medico o un operatore sanitario che ha, invece, oltre 60 anni. Se quest’ultimo, oltre al rischio biologico dovuto all’esposizione al SARS-CoV-2, ha una patologia cardiovascolare, sarà giustamente tutelato adeguando la sua esposizione alla condizione di salute”.  

“Voglio poi sottolineare – spiega – che i pazienti non corrono rischi, perché nelle nostre strutture vengono utilizzate le procedure che, in ogni caso, mettono al riparo i pazienti fragili dall’esposizione al rischio. Come datore di lavoro penso che il rischio riguardi la tutela di quanti, in maniera a mio avviso antiscientifica e assolutamente non condivisibile, non hanno effettuato la vaccinazione”. In conclusione, “oggi la normativa ci consente di utilizzarli e li utilizzeremo adeguatamente nel luogo che garantisce tutti, compresa la possibilità di far sì che questi professionisti contribuiscano all’erogazione di servizi”, conclude Migliore.  

Ordini infermieri: “2.600 reintegrati, pochi i veri no vax” 

Sono 2.600 gli infermieri italiani sospesi perché non vaccinati contro il Covid e che ora tornano a lavoro in base alla scadenza anticipata dell’obbligo vaccinale per i sanitari. “Un numero limitato che rappresenta appena lo 0,5% degli oltre 460mila infermieri che lavorano in Italia“, spiegano all’Adnkronos Salute dalla Federazione nazionale Ordini professioni infermieristiche (Fnopi). E non si tratta “necessariamente di no vax, nella professione sono davvero pochi. Molti di loro sono semplicemente operatori che si sono infettati e hanno dovuto aspettare i tempi fisiologici per immunizzarsi“, una situazione che “non ha impedito le sospensioni”, perché la guarigione non è stata considerata sul piano normativo sufficiente per il reintegro.  

Non a caso dati indicano che “i non vaccinati si sono ridotti di 4-5 volte rispetto allo scorso anno”. E questo anche per il citato meccanismo della sospensione dei guariti. “Gli infermieri sono infatti la categoria di operatori sanitari con il più alto numero di contagi, visto che da inizio pandemia tra infezioni e reinfezioni sono stati circa 350mila contagiati in Italia, l’82% di tutto il personale sanitario secondo l’Inail”.  

Le Regioni con il più alto numero di infermieri, Lazio e Lombardia, sono anche quelle in cui si è avuto il maggior numero di sospensioni. Sono poco meno di un migliaio – 7/800 – gli infermieri lombardi non vaccinati al 31 ottobre ora reintegrati, su circa 63mila iscritti. Per il Lazio nella sola provincia di Roma si arriva a oltre 500 reintegri in base al decreto che anticipa lo stop all’obbligo. 

Il provvedimento “mette in grandissima difficoltà, dal punto di vista amministrativo, gli Ordini che devono avvisare i molti operatori e le aziende in tempi brevissimi“, spiega Maurizio Zega, Presidente dell’Ordine della provincia di Roma Opi Roma. “Ma credo anche che questa scelta, a medio e lungo termine, potrebbe portare a una disattenzione nel rispetto delle regole. Un po’ come accade per gli abusi edilizi: coloro che non si comportano bene hanno il beneficio del condono e questo crea disaffezione nelle persone che invece le regole le hanno seguite“. Gli infermieri lombardi sospesi, spiega Stefania Pace, presidente dell’Opi di Brescia e coordinatrice degli Ordini ragionali, “saranno reintegrati tutti oggi. I diversi Ordini, come enti sussidiari dello Stato, hanno eseguito tutti il compito affidatoci”. Un lavoro intenso, “ma in realtà sin dall’inizio della campagna vaccinale abbiamo dovuto impiegare molte energie in questo campo. A Brescia, ma credo che valga un po’ per tutti, abbiamo avuto una impiegata amministrativa totalmente dedicata. E ieri, per far fronte alla situazione, nonostante fosse un giorno di festa, ci siamo attivati tutti per adempiere alle prescrizioni”.  

Ordini farmacisti: “1.194 colleghi non vaccinati verso il reintegro” 

Sono 1.194 i farmacisti, pari a circa l’1% del totale dei 100mila iscritti all’Albo, che al 29 ottobre risultavano sospesi per inadempimento dell’obbligo vaccinale e che possono tornare ad esercitare a seguito del decreto legge con il quale il Consiglio dei Ministri ha anticipato al primo novembre la scadenza dell’obbligo di vaccinazione anti-Covid per i professionisti sanitari. Di questi, oltre la metà (690) ha già ricevuto comunicazione da parte degli Ordini territoriali di appartenenza di revoca della sospensione“. Lo annuncia in una nota la Federazione Ordini farmacisti italiani (Fofi).

Un ringraziamento va agli Ordini provinciali che in questi mesi hanno adempiuto con il massimo rigore alle responsabilità di verifica per garantire la sicurezza di cittadini e operatori, e che ancora in queste ore si stanno adoperando per ottemperare a quanto previsto dalla normativa – afferma Andrea Mandelli, Presidente della Fofi – Desidero inoltre ringraziare i centomila farmacisti italiani che hanno aderito alla vaccinazione dando prova di grande responsabilità, la stessa dimostrata sin dall’inizio della pandemia durante la quale sono sempre stati in prima linea al servizio dei cittadini”.  

L’ambiguità di Forza Italia 

Con la decisione del reintegro dei sanitari non vaccinati, sta emergendo anche l’ambiguità di Forza Italia. Per esempio, Maurizio Gasparri ha sostenuto che il rientro dei medici no vax è equiparabile a far guidare un aereo da un pilota che ha paura di volare. A queste affermazioni, ha risposto il deputato di FdI e vicepresidente della Camera Fabio Rampelli. 

Gasparri sosteneva il governo Draghi, che aveva messo una norma per la quale tra 60 giorni ci sarebbe stato il reintegro dei medici non vaccinati. Da non confondersi con medici no vax: ci sono dottori che credono nel vaccino ma non lo hanno fatto perché hanno avuto il Covid. In sostanza abbiamo solo anticipato di 60 giorni perché non ci sono medici in giro”, ha detto Rampelli, ospite di Un Giorno da Pecora, su Rai Radio1, intervistato da Giorgio Lauro e Geppi Cucciari.  

Zaia: “medici reintegrati? Lo sarebbero stati tra due mesi” 

Sul Covid “confermo la linea avuta fino a oggi e che avremo anche in futuro”, mentre sul reintegro dei medici non in regola con le vaccinazioni “dovevano comunque essere reintegrati tra due mesi e non sono mai stati radiati dall’ordine“. Così il Presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, a margine dell’incontro sulla riforma dell’Autonomia con il ministro per gli Affari regionali, Roberto Calderoli.  

Infermiera sospesa: “non mi sarei mai vaccinata, avrei cambiato lavoro” 

“Indubbiamente il reintegro” anticipato a novembre “si vive come una liberazione. Avevamo sempre questa spada di Damocle sulla testa. Ma io ormai, arrivata a questo punto, avevo finito per prenderla con filosofia: con tutto quello che è emerso poi sui vaccini, certo l’ultima cosa che sognavo di fare era vaccinarmi per il reintegro. Ero ormai disposta a cercare altro nella vita. Ma non mi sarei assolutamente vaccinata”. Anna (nome di fantasia) ha 54 anni ed è infermiera in un ospedale milanese. Le sue dichiarazioni, rilasciate all’Adnkronos Salute, non lasciano spazio a ripensamenti.  

Anna è già tornata al lavoro, nonostante abbia scelto di non vaccinarsi contro Covid e sia stata sospesa ad aprile scorso. E spiega perché: “mi sono ammalata di Covid e sulla base dell’infezione avuta sono stata reintegrata. Adesso ero in attesa di nuovo di sospensione, ma rientravo in quei casi finiti un po’ in stand by perché”, a causa di alcune incongruenze sui tempi citati nei provvedimenti, “non era chiara per gli Ordini la linea da seguire”. Il suo no, dice, “è a questo vaccino, non a tutti i vaccini”, e riferisce di essere vaccinata per altre malattie e di aver vaccinato sua figlia “per tutto, ma non per Covid”. “Qualcosa sotto c’era – dice – Purtroppo era sotto gli occhi di tutti. Ma la paura che ci hanno fatto venire era tanta, abbiamo vissuto momenti di terrore quando c’è stato il Covid”.  

Ora che di fatto l’obbligo vaccinale per i sanitari è caduto “sono contenta, per la libertà di tutti. Perché io sono per la libera scelta, il libero arbitrio. Ognuno doveva essere libero di fare ciò che voleva. Dal mio punto di vista era palese che la cosa fosse pilotata pro-vaccino fin dall’inizio – sostiene – Quando tu impedisci ai medici di mettere in atto delle soluzioni terapeutiche ed emetti un protocollo che dice ‘tachipirina e vigile attesa’, è chiaro che questo significava che i pazienti arrivano in ospedale in insufficienza respiratoria e tanti morivano”.  

Infermiere: “felice di tornare, follia sospenderci” 

Una follia farci rientrare? Assolutamente no, è stata una follia sospenderci perché è dimostrato che anche i vaccinati contro il Covid possono contagiare. Ora aspettiamo che qualcuno faccia luce se la sospensione era un provvedimento necessario”. Lo dice all’ANSA Enzo Palladino, infermiere non vaccinato presso l’Azienda ospedaliero universitaria delle Marche, ad Ancona, che riprenderà servizio domani. “Sono felice di rientrare, riprende vita quella parte di me che mi ha portato a scegliere la professione di infermiere, però mi sento ‘ristorato’ solo a metà, resta l’ingiustizia per la sospensione senza retribuzione” aggiunge.  

Palladino non ha mai fatto mistero della scelta di non sottoporsi alla vaccinazione contro il Covid, diventando un po’ il portabandiera, in televisione e sui media, dei sanitari che hanno rifiutato di rispettare l’obbligo vaccinale rappresentati dal sindacato autonomo Laisa (Lavoratori Indipendenti della Salute), di cui è segretario nazionale. Alle ultime politiche è stato candidato nelle liste di Italexit. Palladino riprenderà servizio in Endoscopia Digestiva presso la Sod Clinica di Gastroenterologia, Epatologia ed Endoscopia digestiva d’urgenza all’ospedale di Torrette del capoluogo marchigiano dopo 14 mesi di sospensione senza retribuzione, ma avrebbe potuto riprendere già da oggi, dopo che il governo Meloni ha deciso di anticipare il rientro degli operatori sanitari non vaccinati previsto per il 31 dicembre. “Sarò di nuovo in ospedale dalle 7:30 di domani mattina – racconta -, come concordato con la coordinatrice del dipartimento, inizialmente verrò affiancato per riprendere la mano con l’attività e le novità organizzative introdotte nel frattempo, successivamente dovrò sottopormi alla visita di sorveglianza obbligatoria per chi opera in questo genere di reparti”.  

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