Covid, ancora proteste anti restrizioni in Cina: arrestato giornalista | VIDEO

Un giornalista britannico è stato arrestato durante le proteste in Cina a causa delle restrizioni anti Covid imposte dal governo
Restrizioni anti Covid: ancora proteste in Cina
MeteoWeb

Nonostante gli arresti di manifestanti, a Wuhan, in Cina, proseguono le proteste dei cinesi a causa delle restrizioni anti Covid. Si sono registrati scontri a Shanghai tra i manifestanti tornati in strada per protestare contro le severe restrizioni per il Covid e le forze dell’ordine. Già ieri 300 persone si erano radunate a Shanghai ed erano state disperse dalla polizia. In questa occasione la reazione delle forze dell’ordine è stata più dura e, come riferisce l’Associated Press, alcuni manifestanti sono stati arrestati e portati via.

La polizia ha anche usato spray al peperoncino per allontanare i manifestanti che avevano anche intonato slogan contro il presidente Xi Jinping, chiedendone le dimissioni.

La polizia cinese ha anche arrestato il giornalista Edward Lawrence, della BBC, a Shanghai, come si vede dal video che segue.

Proteste in Cina: arrestato un giornalista

Proteste in Cina per tolleranza zero Covid

La politica della ‘tolleranza zero’ al Covid, perseguita con tenacia e ostinazione in quasi tre anni di pandemia, si è trasformata in un pericoloso boomerang per la leadership cinese. Le migliaia di persone scese a manifestare anche oggi in varie città del Paese a costo di pesanti conseguenze hanno preso di mira per la prima volta direttamente il Partito comunista e il presidente Xi Jinping, di cui sono state chieste le dimissioni, insieme a una svolta democratica. Un affronto che alla Zhongnanhai, la cittadella del potere rosso di Pechino, avrà di sicuro fatto alzare il livello di guardia verso un fenomeno che sta trovando sponde in tutta la Cina come non accadeva dai tempi di Piazza Tienanmen sulla spinta dei social media, dove la creatività ha neutralizzato la censura del Great Firewall.

I fogli bianchi tra le mani sono i simboli più riconoscibili anti-lockdown e sfuggono alle maglie dei controlli. Shanghai e Pechino sono gli epicentri della protesta che ha ramificazioni anche in altre città, tra cui Nanchino, Qingdao, Chengdu e Wuhan, il famigerato capoluogo dell’Hebei all’origine della crisi del nuovo coronavirus a gennaio 2020. Nella capitale cinese, presso la prestigiosa Università Tsinghua, circa trecento studenti hanno protestato dopo l’affissione di un foglio bianco. In serata, alcune centinaia di persone si sono radunate lungo il fiume Liangma e nelle aree limitrofe per una veglia – a dispetto delle restrizioni anti-Covid – in ricordo delle vittime dell’incendio di Urumqi, nello Xinjiang, costato la scorsa settimana la vita a 10 persone in una tragedia imputata alle inflessibili politiche anti-Covid.

Tra i canti, l’Internazionale e Imagine di John Lennon. I video circolati online mostrano la rabbia di una popolazione esausta, sfinita e frustrata per le continue restrizioni anti-virus che ripetono la solita ricetta: lockdown, test di massa, quarantene interminabili e ingerenze nella sfera dei diritti. Lo stesso Xi, appena riconfermato alla guida del Pcc con un inedito tero mandato di fila, ha definito “poco costosa” la linea dello zero-Covid, nonostante le restrizioni abbiano affossato l’economia, affermando che la linea del governo sarebbe rimasta quella fino alla “vittoria finale” sul virus.

Mentre anche le immagini dei Mondiali di calcio in Qatar, con stadi strapieni di spettatori senza mascherina, sono diventate oggetto di dibattito tra i netizen, simbolo di un mondo esterno che ha fatto altre scelte rispetto alla Cina: il network statale Cctv, trasmettendo gli incontri, ha pensato bene di tagliare le riprese del pubblico sugli spalti. A Shanghai, Wulumuqi Road – che prende il nome da Urumqi – è diventata il cuore delle rivendicazioni: sabato c’è stata la veglia sfociata in una protesta poi stroncata con decine di arrestati dalla polizia. Il pugno duro non ha scoraggiato le altre centinaia di persone che si sono ripresentate oggi chiedendo in forma esplicita la fine del Partito comunista, le dimissioni di Xi Jinping, la democrazia ed esprimendo solidarietà alla causa delle donne iraniane.

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