di Benedetto De Vivo * – L’ultimo, tragico, fenomeno naturale – colata di fango – di Ischia, si verifica nel contesto del devastante abusivismo edilizio, aggravato da ancora più devastante permissivismo politico. I politici sono interessati solo al consenso elettorale, e, purtroppo, quando il fenomeno dell’abusivismo edilizio è così diffuso da diventare una cultura “condivisa” da una larga parte dei cittadini, i voti potenziali sono consistenti. Basti ricordare che, oltre al caso Ischia, nella Zona Rossa del Vesuvio, i vani abitativi sono passati dai circa 450.000 degli anni 50 agli attuali circa 800.000 (molti dei quali frutto di abusivismo edilizio, di volta in volta “sanati” con salvifici condoni edilizi negli anni). E, a livello politico, ancora in anni recentissimi, c’è chi invoca un nuovo salvifico condono, appunto per la Zona Rossa del Vesuvio.
In tale ottica sono intervenuto su stampa internazionale (1, 2) sul problema della costruzione dell’Ospedale del Mare in piena Zona Rossa del Vesuvio. Tale costruzione costituisce un devastante messaggio diseducativo da parte della politica e, soprattutto, dell’acquiescente componente scientifica, completamente prona alle decisioni politiche. Come possono essere credibili, rispetto all’opinione pubblica, politici e scienziati, che da un lato tentano di “giustificare” la costruzione del più grande Ospedale dell’Italia Meridionale in piena Zona Rossa e, dall’altro, di convincere la popolazione a “ricollocarsi” in aree a minor rischio? Ma come si fa a disincentivare l’incremento abitativo (compreso quello abusivo) nella Zona Rossa, se poi sono le Istituzioni stesse, con il silenzio/assenso degli scienziati, a costruirci dentro un’opera pubblica come l’Ospedale del Mare? Ma la vicenda relativamente alla Zona Rossa del Vesuvio pare che non si sia chiusa con la costruzione della suddetta struttura ospedaliera. Pare ora che, nella Zona Rossa, sia prevista la costruzione di un secondo ospedale pubblico. In caso di emergenza eruzione, questi Ospedali dovrebbero essere strutture di primaria utilità per la popolazione disperatamente bisognosa di cure, non certo da evacuare….
Per altre considerazioni di carattere scientifico rimando a precedente articolo su MeteoWeb e a pubblicazioni scientifiche 1 e 2.
È noto che il rischio vulcanico associato ai due apparati vulcanici (Vesuvio e Campi Flegrei) è essenzialmente dovuto all’azione distruttiva, in aree prossimali ai centri eruttivi, dei flussi piroclastici. Per questo tipo di rischio, l’unica difesa per la popolazione residente all’interno di una zona calderica o alla base e lungo le pendici di un vulcano, prevista dai Piani della Protezione Civile, è l‘evacuazione della popolazione dell’area a maggior rischio, delimitata dalle cosiddette Zone Rosse, al manifestarsi di segnali precursori di un’eruzione. Considerata l’importanza fondamentale di questo problema, ho messo in discussione (con il collega Prof. G. Rolandi), in modo criticamente costruttivo, la delimitazione delle Zone Rosse nei due distretti vulcanici così come previsto dal Dipartimento della Protezione Civile Italiana (DPC) e dai suoi “esperti”.
Le tragedie verificatesi in tempi recenti e passati in aree interessate da rischio vulcanico, mettono in evidenza che le decisioni dei Tecnici/Scienziati della DPC dovrebbero essere assunte sulla base di evidenze scientifiche desunte dal comportamento passato dei vulcani, non sulla base di “convenienze/opportunità” dettate dalle scelte politiche. La natura rispetta solo i propri parametri e non presunti modelli probabilistici, e in più non ha la “tessera” di alcun partito politico. Uno sketch di Crozza in occasione dell’alluvione di Genova, è esilarante. Crozza concludeva il suo sketch, dicendo: “…certo che la Natura è proprio una “stronza” ad ostinarsi a non seguire quanto previsto dal modello matematico….”.
I flussi piroclastici associati a un futuro evento esplosivo, sia Flegreo che Vesuviano, rappresentano un grave rischio per la popolazione e le città situate alle pendici del Vesuvio o all’interno e all’esterno della caldera dei Campi Flegrei.
Le mie (e del collega Prof G. Rolandi) ipotesi di delimitazione della Zona Rossa per il Vesuvio [1,2] sono discordanti rispetto alle Zone Rosse delimitate dagli “esperti” di cui si avvale il DPC dal 1995 al 2014. Basti osservare che l’ultima mappa elaborata dal DPC nel 2014 che delimita l’area potenzialmente interessata da invasione totale di flussi piroclastici segue ancora una volta una geometria “politica”, in continuità con la precedente delimitazione del 2004. Allo stesso modo, le aree periferiche potenzialmente interessate da depositi da caduta, risultano ancora confinate entro limiti amministrativi comunali, così come lo prevedevano le precedenti mappe del DPC del 2004. Alla luce di tutto ciò gli “esperti” della DPC dovrebbero spiegare: (a) Se la Zona Rossa è l’area dalla quale dovrebbe essere evacuata preventivamente la popolazione (circa 700.000 persone) a rischio immediato per invasione da flussi piroclastici, perché non vengono rispettati criteri scientifici basati sull’estensione in sicurezza delle aree invase da flussi piroclastici durante le eruzioni pliniane e sub-pliniane del passato? (b) È mai possibile delimitare aree a rischio di invasione da flussi piroclastici e da caduta in funzione dei limiti amministrativi comunali?
Ribadisco, in definitiva, che, per la salvaguardia della vita di centinaia di migliaia di cittadini, dovrebbero essere apportate modifiche sostanziali rispetto all’attuale geometria “politica” utilizzata per la delimitazione della Zona Rossa del Vesuvio [3, 4].
Per i Campi Flegrei, è stato evidenziato che l’apparato vulcanico è interessato da un continuo degassamento del magma, con fratturazioni nella zona di transizione fragile-duttile, determinato da un sistema magmatico-idrotermale [5, 6, 7, 8]. Dovrebbero essere previsti piani di emergenza, per potenziali eruzioni con diversi indici di esplosività (VEI), così come accaduto in passato (es. eruzioni delle Pomici Principali di 13.000 anni fa di VEI 5, e di Agnano-Monte Spina di circa 4.000 anni fa di VEI 4-5). Per evitare confusione, sarebbe più appropriato creare distinte mappe di pericolosità per eruzioni con VEI diversi, aggregate per produrre una valutazione generalizzata del rischio considerando tutte le possibilità, sempre basandosi, su quanto verificatosi nel passato geologico.
Un’ulteriore importante problematica, legata al rischio vulcanico del Vesuvio e dei Campi Flegrei, si prefigura nel fuorviante messaggio dato alla popolazione, secondo il quale il DPC e suoi “esperti”, sarebbero in grado di prevedere un’eruzione con giorni, se non settimane in anticipo. Che ciò possa verificarsi è una possibilità ottimistica, ma non viene spiegato che questa non è l’unica possibilità. Una eruzione improvvisa può verificarsi con pochissimo “preavviso”. È evidente che, nel caso più pessimistico di un’eruzione improvvisa, con pochissimo “preavviso”, l’unico modo per sfuggire a una ecatombe è avere la disponibilità di ampie vie di fuga. A questo proposito il piano di evacuazione di emergenza è completamente insufficiente. Nella sostanza, si “prepara” l’emergenza prendendo in considerazione solamente l’ipotesi più ottimistica (segnali precursori che preannuncino l’eruzione con largo anticipo), scartando quella più pessimistica (eruzione improvvisa in tempi molto ristretti: 24-48 ore). Il tutto, dimenticando anche che è possibile un’ulteriore “complicazione” insita in un falso allarme. Può, infatti, accadere che, a fronte di segnali “precursori”, non si verifichi alcuna eruzione.
In definitiva, ritengo che le valutazioni del rischio vulcanico da invasione da flussi piroclastici siano molto carenti sia per il Vesuvio che per i Campi Flegrei, sul piano prudenziale, a salvaguardia della vita di centinaia di migliaia di cittadini. Così ad esempio, per il Vesuvio, la carenza di previsione di un’ampia fascia di sicurezza nella mappa ufficiale del rischio da flussi piroclastici sembra paradossale; ciò perché anche l’ultimo Piano (2014) del DPC conferma sostanzialmente quanto previsto nel Piano precedente (2004), salvo poi collocare una struttura pubblica come l’Ospedale del Mare in piena Zona Rossa (con la previsione, a quanto sembra, di costruirne una seconda). Vale la pena ricordare che la posizione attuale dell’Ospedale, a 7 km di distanza dal cratere del Vesuvio, era originariamente prevista alla distanza di 12 km dal cratere, del tutto in sicurezza rispetto ai flussi piroclastici. Per scelta politica si decise di costruirlo nell’attuale posizione, preferendo ubicare nel sito originario, a 12 km dal cratere, un Centro Commerciale.
In considerazione delle difficoltà nel prevedere un’eruzione e dell’impossibilità di ricollocare, fuori dalla Zona Rossa, circa 700.000 persone che vivono a rischio immediato al suo interno, sarebbe fondamentale, quindi, programmare la costruzione di ampie vie di fuga, distribuite radialmente dal cratere verso le aree più esterne, fino ad una distanza minima di 12 km, per consentire una rapida fuga (entro 24 ore) della popolazione verso la salvezza. Sotto questo profilo il Vesuvio, è un vulcano “buono”, che ci sta dando tutto il tempo per “provvedere” con opere accorte di prevenzione alla salvaguardia della popolazione. Ma tutti, tranquillamente, fanno finta di ignorare che il Vesuvio è un vulcano attivo e che, prima o poi, smetterà di “fare il buono”, determinando una potenziale ecatombe con i suoi flussi piroclastici. Ritengo che l’impreparazione di oggi sarà duramente pagata dalla popolazione, quando il Vesuvio smetterà di essere “buono”, ritornando alla sua, fisiologica, attività eruttiva esplosiva…
Per quanto riguarda il problema del rischio dei Campi Flegrei ho il fondato timore/sospetto che ci sia l’intenzione dell’attuale Amministrazione del Comune di Napoli di destinare ad aree residenziali una parte dei terreni di Bagnoli da bonificare (De Vivo, 2022; https://www.meteoweb.eu/2022/03/il-risanamento-di-un-sito-industriale-dismesso-bagnoli-davvero-un-caso-unico-al-mondo/1777807/). Mi preme mettere in evidenza che il territorio di Bagnoli ricade interamente nella Zona Rossa dell’apparto vulcanico (attivo) dei Campi Flegrei. Nelle Zone Rosse a rischio vulcanico la densità abitativa andrebbe disincentivata, non incrementata. Si vuole forse ripetere a Bagnoli quanto già fatto, scelleratamente, con la costruzione dell’Ospedale del Mare in piena Zona Rossa del Vesuvio, con il silenzio/assenso dell’intera comunità vulcanologica italiana? Politici accorti, nell’amministrare il territorio, dovrebbero gestirlo con lungimiranza e ragionevolezza, approfittando del “riposo” dei vulcani, in funzione delle generazioni future.
Per convincere i politici ad avere una visione per decisioni benefiche a lunga distanza, non privilegiando solo la ricerca del consenso elettorale immediato, sarebbe necessaria una campagna mediatica di scienziati, dello stesso tipo di quella condotta dalla scrittrice Matilde Serao alla fine dell’800 per convincere i politici del suo tempo a “sventrare” Napoli, con la costruzione di grandi arterie stradali, abbattendo edifici della vecchia Napoli, sovraffollata. Tale operazione era ritenuta necessaria per migliorare le pessime condizioni igieniche della città, dove erano frequenti i casi di colera ed altre epidemie. Alla fine la campagna della Serao ebbe successo, con l’operazione nota come “Risanamento di Napoli” (anche se il modo in cui fu realizzata, con connessi scandali speculativi, non incontrò l’accordo della stessa Serao). Lo stesso concetto di “risanamento” (sperabilmente, non accompagnato dalle stesse speculazioni dell’inizio 900…) dovrebbe essere messo in atto per le Zone Rosse del Vesuvio e dei Campi Flegrei.
Diventerà mai realtà il sogno di vedere i politici, con il forte sostegno dei vulcanologi, prendere decisioni volte alla salvaguardia della vita di centinaia di migliaia di persone che vivono a rischio nei Campi Flegrei e nell’area del Vesuvio, pianificando e costruendo ampie vie di fuga per consentire alle persone di evacuare dalle Zone Rosse in meno di 24 ore? Solo il tempo, gli eventi naturali, fisiologici, dei vulcani, che non hanno tessera di partito, e scienziati, con un’etica professionale meno acquiescente ai voleri della politica, saranno in grado di dircelo!
Bibliografia
1.De Vivo B. and Rolandi G., 2020. In: “Vesuvius, Campi Flegrei, and Campania volcanism” (De Vivo B. et al., Eds), Elsevier, Chapt 17, p. 471-493. https://doi.org/10.1016/B978-0-12-816454-9.00017-11. 2. De Vivo et al., 2022. In: “Earthquakes and Sustainable Infrastructure: neodeterministic (NDSHA) approach guarantees prevention rather than cure” (Panza et al., Eds), Elsevier. Doi: 10.1016/B978-0-12-823503-4.00001-4; ISBN: 978-0-12-823503-4, 297-324 pp.
- 3. Alberico I. et al., 2011. Nat. Hazards Earth Syst. Sci. 11, 1057-1070. 4. Rolandi G., 2010. J. Volcanol. Geotherm. Res. 129, 291-319. 5. Bodnar R.J. et al., A., 2007. Geology 35, 791-794. 6. Cannatelli C. et al., 2020. In: “Vesuvius, Campi Flegrei, and Campania volcanism” (De Vivo B. et al., Eds), Elsevier, Chapt 15, 407-433. https://doi.org/10.1016/B978-0-12-816454-9.00015-8. 7. De Vivo B. and Lima A., 2006. In: “Volcanism in the Campania Plain: Vesuvius, Campi Flegrei and Ignimbrites” (De Vivo B., Edt). Developments in Volcanology, vol. 9. Elsevier, pp. 289-317. 8. Lima A. et al., 2009. Earth Sci. Rev. 97, 44-58.
* Benedetto De Vivo, Professore Straordinario presso l’Università Telematica Pegaso, Napoli; Adjunct Prof.: presso Virginia Tech, Department of Geosciences, Blacksburg 24061, VA, USA; Nanjing University, Nanjing, Cina; Hubei Polytechnic University, Huangshi, Cina. Già Prof. Ordinario di Geochimica Ambientale presso l’Università di Napoli Federico II. Conferimento di 2019 Gold Medal Award dell’Association of Applied Geochemists; 2020 International Research Award as Innovative Researcher in Applied Geochemistry (by RULA AWARDS & IJRULA); In Lista di University Manchester, UK, tra i Top Italian Scientists (nella Disciplina Natural & Environmental Sciences).