“In una situazione di caldo anomalo e diffusa aridità, l’Italia guarda con apprensione alle annunciate ed agognate piogge: crisi climatica, nonché terreni secchi ed ormai impermeabili accentuano la fragilità del territorio, esponendolo ad un aumentato rischio idrogeologico“: è quanto afferma in una nota l’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI).
“I Consorzi di bonifica monitorano costantemente i corsi d’acqua secondo le proprie competenze, ma la circoscritta localizzazione ed estremizzazione degli eventi meteo rende complessivamente insufficiente l’attuale rete idraulica, esponendo le comunità ad imprevedibili rischi come purtroppo ripetutamente dimostrato – dichiara Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI) – Accanto all’ennesima richiesta di opportuni finanziamenti per adeguare le strutture idrauliche e per le quali abbiamo presentato da anni un Piano con 858 progetti di efficientamento pressoché cantierabili, non possiamo che invitare la popolazione a responsabili comportamenti di grande prudenza: è necessario assumere la consapevolezza che le risorse idriche vanno salvaguardate, ma che dall’acqua bisogna anche sapersi difendere soprattutto in contingenze critiche come le attuali“.
Le situazioni “più problematiche si registrano in Centro Italia, dove permane una forte siccità,” prosegue ANBI. Esemplare è la condizione delle Marche, “i cui livelli fluviali sono tornati ai livelli estivi pre-alluvione: Esino, cm.7; Sentino, ben 27 centimetri sotto lo zero idrometrico (fonte: Protezione Civile Marche)“. Anche i fiumi della Toscana “si mantengono sui valori tipici delle estati più siccitose: indicativi dell’emergenza sono soprattutto l’Arno (mc/s 5,64 contro una media novembrina di mc/s 47,48) ed il Serchio, la cui portata (mc/s 3,50) è inferiore di oltre 3 metri cubi al secondo al Deflusso Minimo Vitale (fonte: Centro Funzionale Regione Toscana)“.
In Umbria “permangono critici i livelli del lago Trasimeno (m.-1,17 sullo zero idrometrico), mentre si stabilizza il fiume Tevere, che anche nel Lazio si mantiene sui livelli degli anni passati. Non è così né per l’Aniene, la cui portata arriva praticamente dimezzata alle porte di Roma, né per l’invaso lacustre di Nemi, che continua a calare. Cerveteri continua a confermarsi “deserto d’Italia” con soli 138 millimetri di pioggia, caduti da inizio d’anno; nel siccitosissimo 2017 erano stati mm. 237“. In Campania “non si è registrata la cosiddetta “Piena dei Morti”, poichè i livelli idrometrici dei principali fiumi (Sele, Sarno, Volturno, Garigliano) sono in calo come i rispettivi affluenti ed i bacini del Cilento, che trattengono comunque volumi idrici maggiori dell’anno scorso“.
Continua la “grande sete” della Basilicata, “il cui territorio necessita di circa 1 milione di metri cubi d’acqua al giorno; minore è la richiesta idrica dall’agricoltura della Puglia, i cui invasi hanno comunque distribuito circa 4.500.000 metri cubi in 8 giorni“.
“Per capire l’attuale condizione dei terreni in numerose zone d’Italia, basti pensare che in un periodo tradizionalmente riservato al riposo delle campagne ed alle semine, si è costretti ad irrigare per permettere ai semi di attecchire nel terreno e ciò sta interessando anche colture generalmente non idroesigenti come il grano – precisa Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI – Il Piano Invasi, presentato nel 2017 con l’allora Struttura di Missione #italiasicura ed il Piano Laghetti, proposto pochi mesi fa con Coldiretti, rappresentano l’anello di congiunzione tra i crescenti bisogni idrici del Paese e l’obbiettivo dell’autosufficienza alimentare, indicato dal Governo. Senza acqua non può esserci agricoltura e quindi cibo“.
Al Nord “i livelli di grandi bacini naturali si mantengono stabili, ma solo il lago di Como è sopra la media stagionale (60,6% di riempimento). In Valle d’Aosta, dove le precipitazioni di Ottobre sono state abbondanti solamente lungo la linea di confine con la Francia, è in calo il torrente Lys e la Dora Baltea vede ridursi la portata di oltre 70 metri cubi al secondo. Analogamente si riducono le portate di tutti i fiumi piemontesi (in particolar modo della Sesia), sulla cui regione sono mediamente caduti 7 millimetri e mezzo di pioggia in una settimana, ma molte zone sono rimaste “all’asciutto”; a beneficiare delle precipitazioni sono stati soprattutto i bacini di Ticino (mm.31,4), Toce (mm.21) e Dora Baltea (mm. 15,9). Altalenante è la portata del fiume Po, condizionata dall’andamento degli apporti pluviali da monte: in calo nel Piemonte, si riprende in Lombardia ed Emilia Romagna, ma verso la foce rimane al 60% della media“.
In Lombardia “si ridimensiona la portata del fiume Adda (mc/s 172 contro mc/s 272 della settimana scorsa), ma le piogge sui laghi alpini e prealpini (+74% d’acqua stoccata negli invasi) ristorano le riserve idriche, che restano comunque a -44,2% rispetto alla media.
Tornano a calare anche i corsi d’acqua del Veneto, dove il fiume Bacchiglione è ai livelli minimi in anni recenti, così come la Livenza, che vede prosciugata una delle due sorgenti“.
Infine, “restano in grave sofferenza idrica i fiumi dell’Emilia Romagna, alcuni dei quali continuano ad avere portate prossime allo zero e per tutti è molto marcato il deficit rispetto alla media di Novembre: in Ottobre non è mai piovuto nel Nord della regione ed a Sud non si sono raggiunti i 10 millimetri di pioggia con l’unica eccezione dei bacini montani, dal Parma al Trebbia“.