Il telescopio SAMM osserva il Sole dal punto più alto di Roma | FOTO

Il telescopio binoculare Solar Activity MOF Monitor è posizionato sulla terrazza della villa di Monte Mario, sede dell’INAF nella Capitale
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MeteoWeb

Si chiama SAMM (acronimo di Solar Activity MOF Monitor) il telescopio binoculare progettato dall’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) e dalla Avalon Instrument per il monitoraggio continuativo dell’attività solare. Obiettivo: fornire dati che saranno utili alla previsione di eventi di Meteorologia dello Spazio (in inglese Space Weather). Il telescopio osserva il Sole direttamente da una terrazza della Capitale, precisamente da Villa Mellini, situata sulla sommità della Riserva naturale di Monte Mario a Roma. La villa ospita la Sede Centrale dell’INAF, il principale Ente italiano di Ricerca nell’ambito dell’Astronomia e dell’Astrofisica.

SAMM è stato sovvenzionato interamente dalla Avalon Instruments attraverso un bando di finanza agevolata del Ministero dello Sviluppo Economico a favore di progetti di ricerca industriale e di sviluppo sperimentale negli ambiti tecnologici strategici individuati dal programma “Horizon 2020”.  Nel progetto sono coinvolte le sedi di Roma e Napoli dell’INAF.

SAMM è un binocolo, vale a dire uno strumento dotato di due telescopi da 23 cm di diametro, ognuno equipaggiato con un sistema polarimetrico basato su filtri magneto-ottici (MOF) e con un sensore di immagini ad alta velocità. I due telescopi osservano il Sole a lunghezze d’onda diverse: i filtri MOF permettono di osservare il Sole in bande strettissime di soli 0,005 nm di larghezza in modo da poter apprezzare con delle semplici immagini lo spostamento delle righe atomiche di assorbimento di sodio (Na) e potassio (K) normalmente presenti nello spettro della luce solare. Per confronto i filtri ottici a banda più stretta realizzabili sono circa 100 volte più larghi.

Questa tecnica permette di valutare contemporaneamente sia le velocità che l’intensità del campo magnetico in ogni punto della superficie solare”, spiega Roberto Speziali, ricercatore astronomo presso l’INAF di Roma. “Poiché le righe del sodio e del potassio provengono da quote diverse nell’atmosfera solare, le misure di entrambi i canali permettono per la prima volta in assoluto di osservare la struttura tridimensionale dei campi magnetici che sono responsabili della formazione delle tempeste solari”. E sottolinea: “I dati forniti dal SAMM rappresentano una inedita base scientifica su cui sviluppare algoritmi predittivi utili alla corretta valutazione dei rischi legati all’attività solare”.

La versione attuale del SAMM è un dimostratore tecnologico, un prototipo, che permette di osservare il Sole dalla mattina presto fino al tramonto. È posizionato sulla terrazza di Villa Mellini, una posizione privilegiata per l’osservazione del Sole, fino alla fine del collaudo”, specifica Speziali.

La sua realizzazione e il suo utilizzo ci ha permesso di capire i limiti delle soluzioni impiegate per progettare una nuova versione molto più efficiente che è stata recentemente finanziata da INAF attraverso un Tecno-Grant sempre in collaborazione con la Avalon Instruments”, racconta Andrea Di Paola, ricercatore astronomo dell’INAF di Roma anch’egli coinvolto nel progetto SAMM.

Nello specifico, i ricercatori che lavorano nell’ambito della Meteorologia dello Spazio studiano le perturbazioni dovute all’attività solare, con particolare interesse verso i fenomeni che possono danneggiare le infrastrutture strategiche nello spazio e a terra. “Nei periodi di intensa attività solare, infatti, si posso generare dei brillamenti, eruzioni o emissioni di massa coronale, tutti fenomeni che possono essere genericamente indicati col nome di tempeste solari”, aggiunge Maurizio Oliviero dell’INAF di Napoli che collabora al progetto.

Di Paola prosegue: “L’esistenza di questi fenomeni, e del loro impatto con la Terra, è stato identificato già agli inizi del 1800. Nel 1859, in un mondo tecnologicamente ancora poco sviluppato, la più potente tempesta solare storicamente registrata (evento Carrington) ha prodotto come danno maggiore la distruzione parziale del sistema di linee telegrafiche da poco messo in funzione. I danni subiti alle infrastrutture hanno avuto una dimensione relativamente modesta fino agli anni ’80 del secolo scorso, quando si è verificato un altro evento famoso. Nel 1989 infatti, un evento di space weather ha portato al collasso della rete elettrica nel Quebec, in Canada. L’ultimo evento in ordine di tempo a salire agli onori della cronaca è avvenuto lo scorso febbraio, quando Space-X ha perso in un sol colpo 40 dei 49 satelliti che aveva lanciato per incrementare la costellazione di Starlink”.

INAF, oltre al SAMM, ha una serie di strutture osservative e competenze scientifiche che si occupano di Space Weather. Nel marzo del 2020 l’Istituto Nazionale di Astrofisica  ha siglato un accordo quadro con INGV e Aeronautica Militare per favorire “l’utilizzo comune delle risorse e degli strumenti per sviluppare una capacità autonoma di osservazione e previsione di fenomeni di Space Weather”. Ciò comprende la produzione dei dati, la creazione di algoritmi e modelli per l’interpretazione dei dati e lo studio degli impatti derivanti dalle perturbazioni solari sui sistemi di navigazione e comunicazione, salute degli equipaggi e sulle infrastrutture critiche sia civili sia militari.

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