Quattro milioni e mezzo di italiani hanno approfittato del lungo ponte dell’Immacolata per passare qualche giorno in montagna sulla neve dopo le difficoltà degli ultimi anni. E’ il bilancio tracciato dalla Coldiretti in occasione della Giornata internazionale della montagna istituita dalle Nazioni Unite, che si celebra l’11 dicembre in tutto il mondo per iniziativa della Fao. “Si tratta di un risultato importante – sottolinea la Coldiretti – non solo sulle piste da sci ma sull`intero indotto delle vacanze in montagna, dall`attività dei rifugi alle malghe fino agli agriturismi. L’economia che ruota intorno al turismo invernale ha un valore stimato prima dell’emergenza Covid tra i 10 e i 12 miliardi di euro all’anno tra diretto, indotto e filiera. Proprio dal lavoro di fine anno dipende, infatti, buona parte della sopravvivenza delle strutture agricole, con le attività di allevamento e coltivazione, che svolgono un ruolo fondamentale per il presidio del territorio“.
“L’Italia può contare peraltro, secondo Terranostra e Campagna Amica, su oltre 7500 agriturismi situati in montagna, dove svolgono una funzione centrale per la tutela del territorio e la difesa della biodiversità a sostegno del turismo sostenibile. L’ agriturismo – precisa la Coldiretti – è la struttura turistica più integrata nel territorio montano del quale segue i ritmi con l’attività di coltivazione e di allevamento e ne tutela l’identità anche nell’offerta enogastronomica“. “Per celebrare il valore della montagna – continua Coldiretti – occorre quindi ricordare e sostenere il ruolo svolto in questo ambiente dall’agricoltura e dall’allevamento che ne assicura la vitalità e ne disegna in modo profondo le forme ed i colori. La montagna copre oltre 1/3 del territorio nazionale (35%) ma rischia l’abbandono per le difficoltà che hanno costretto centinaia di migliaia di aziende agricole a chiudere i battenti per la mancanza di opportunità“.
“Il rischio concreto è lo spopolamento della montagna anche dalla presenza degli allevamenti, che hanno garantito fino ad ora biodiversità, ambiente ed equilibrio socio-economico delle aree più sensibili del Paese perché – conclude la Coldiretti – quando una stalla chiude si perde un intero sistema fatto di animali, di prati per il foraggio, di formaggi tipici e soprattutto di persone impegnate a combattere l’abbandono e il degrado spesso da intere generazioni“.