Un anno fa lancio perfetto per il telescopio spaziale James Webb | FOTO e VIDEO

"Il giorno del lancio la tensione era altissima", raccontano i diretti protagonisti del lancio del telescopio spaziale Webb
Il lancio del telescopio spaziale James Webb
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Dopo il conto alla rovescia da dieci a uno, la voce annunciò, in francese, “Décollage“: decollo! La collaborazione quindicennale tra NASA, ESA e Agenzia Spaziale Canadese era appena entrata nella sua fase più cruciale: il lancio vero e proprio. Quello che sarebbe accaduto in seguito avrebbe determinato il successo o il fallimento della missione volta a portare il James Webb Space Telescope nello spazio.

Il giorno del lancio la tensione era altissima. Eravamo convinti della riuscita dell’impresa perché avevamo avuto praticamente 15 anni per prepararci, ma la tensione era comunque alta, dopo una lunga campagna di lancio con diversi problemi tecnici da risolvere“, spiega Daniel de Chambure, responsabile dell’ESA Kourou Office, nella Guyana francese ed ex Project Manager del progetto Webb di Ariane 5.

Non è un’esagerazione affermare che tutto il mondo stava a guardare. Anni e anni di sviluppo e aspettative avevano reso Webb l’attesissimo successore del telescopio spaziale Hubble di NASA/ESA. Webb, una missione straordinariamente complessa e ambiziosa, rappresenta una vera e propria pietra miliare per l’astronomia, comparabile all’allunaggio della missione Apollo. L’umanità era in attesa del nuovo “occhio nel cielo“, un gigantesco avanzamento tecnologico in grado di spingere la nostra visione fino alle origini delle galassie e delle stelle.

Le speranze di una nuova generazione di astronomi e astronome cavalcavano l’ogiva del razzo Ariane 5, fornito dall’ESA, appena scomparso tra le nuvole che sovrastavano lo Spazioporto europeo di Kourou, nella Guyana francese.

La durata prevista dell’ascesa era di circa 30 minuti. Il lavoro a Kourou sarebbe terminato una volta ricevuta la conferma che Webb aveva dispiegato automaticamente il pannello solare, stava generando la propria energia e stava comunicando con il team dello Space Telescope Science Institute (STScI) di Baltimora, nel Maryland, USA.

Prove e simulazioni

Massimo Stiavelli, che dirige l’ufficio della missione Webb a Baltimora, sapeva che la posta in gioco era alta: un mancato dispiegamento del pannello solare significava il fallimento della missione. Negli anni precedenti a questo momento, Massimo e il team delle operazioni di volo all’STScI eseguirono più e più volte le prove delle attività da compiere una volta che Webb fosse arrivato nello spazio. Queste prove venivano completamente simulate al computer, quindi sembravano molto realistiche. All’inizio tutto sarebbe stato “nominale“, ovvero il comportamento del veicolo spaziale sarebbe stato quello previsto. In seguito, il piccolo team di ingegneri addetti alla programmazione delle simulazioni avrebbe iniziato a inserire alcuni imprevisti che il team di volo avrebbe dovuto diagnosticare e correggere.

“Il più spaventoso di questi fu il mancato dispiegamento del pannello solare. Stavamo operando con le batterie che, ovviamente, a un certo punto si sarebbero esaurite“, spiega Massimo.

Nella simulazione, il team di Massimo provò di tutto. Vennero inviati comandi manuali per ordinare il dispiegamento. Quando questo metodo non funzionò, il team diede il via a “una serie di passi di danza” con cui il veicolo spaziale veniva scosso nella speranza di smuovere il pannello. Alla fine, quando il tempo stava per scadere e il team aveva messo in atto tutti gli espedienti possibili, il dispiegamento del pannello avvenne.

Fu un momento di estrema tensione, qualcosa che non avremmo mai voluto sperimentare nella vita reale“, dice Massimo.

Ma prima che gli operatori di volo assumessero il controllo, Daniel e il suo team dovevano onorare la promessa di portare Webb in orbita in tutta sicurezza.

L’estrema precisione del lancio

La giornata iniziò presto. Quella mattina di Natale, Daniel si svegliò alle 04:00 e si recò al lavoro, dove constatò che tutto era ancora “nominale” per il lanciatore sulla rampa. Un’ora e mezza prima del lancio, entrò nella sala di controllo principale del lancio e supervisionò il completamento delle ultime operazioni preliminari. Secondo la procedura standard, tutti questi preparativi finali devono essere ultimati quaranta minuti prima del lancio. A quel punto, il team deve mettersi ad aspettare.

“L’attesa è davvero stressante”, spiega. Per distrarsi, incontrò i media per rispondere alle domande. Poi, sette minuti prima del lancio, tornò nella sala di controllo nel momento in cui iniziò il conto alla rovescia finale.

In questa fase tutto si svolgeva automaticamente. Il team delle operazioni di volo dedicò tutta la sua attenzione al monitoraggio dello stato del lanciatore, pronto a interrompere le procedure se qualcosa fosse andato storto. Negli ultimi secondi ebbe luogo l’accensione: prima il motore principale, sette secondi dopo i booster.

Il razzo si staccò dalla rampa di lancio. Gli operatori continuavano a monitorare le informazioni di telemetria inviate dal lanciatore, alla ricerca della minima deviazione da quanto previsto.

Il team seguì l’ascesa e le sue varie fasi. Per prima cosa avvenne la separazione dei booster, successivamente la carenatura si aprì in due esponendo Webb a un’altitudine di 110 km, in seguito si separò il primo stadio, il secondo stadio si accese e poi si spense. Infine, Ariane lasciò Webb ad un’altitudine di 1400 km. La telecamera del razzo osservava il telescopio spaziale che si allontanava, modificando la sua traiettoria man mano che procedeva. Pochi minuti dopo, raggiunta esattamente la sua rotta, Webb dispiegò automaticamente il pannello solare e iniziò a comunicare con il team di Massimo a Baltimora. Daniel e il suo team avevano svolto il loro lavoro.

Ma non andò proprio così.

Nei minuti necessari a Webb per calcolare ed eseguire la sua manovra di rotta, si ipotizzava che il veicolo spaziale si sarebbe allontanato dalla vista della telecamera del razzo e che il dispiegamento del pannello solare sarebbe avvenuto senza essere visto. Invece, 70 secondi dopo la separazione, il pannello solare si dispiegò.

A Kourou, tutti sapevano perché: il lancio di Ariane era stato così preciso da rendere inutile la manovra di correzione dell’assetto. Il software di bordo di Webb se ne accorse e quindi saltò alla successiva attività prevista, ovvero il dispiegamento del pannello solare e la connessione con Baltimora. Il passaggio saltato fu la sorprendente conferma della precisione del lancio.

Ricordo ancora le reazioni di colleghe e colleghi dell’ESA e della NASA intorno a me quando accadde. La felicità era palpabile“, racconta Daniel.

Modifiche speciali

L’estrema precisione dellla traiettoria al momento della separazione fu il risultato di alcuni accorgimenti aggiuntivi apportati dal team di Kourou. Il primo: la decisione di calibrare le unità di gestione inerziale (IMU) del lanciatore il più tardi possibile prima del lancio stesso. Queste unità ricavano dati sul movimento del razzo e forniscono informazioni per i calcoli di bordo che controllano i sistemi di guida. Essendo così accuratamente calibrato, l’Ariane 5 sapeva esattamente dove si trovava e dove stava andando.

In secondo luogo, il team aveva prestato estrema attenzione all’abbinamento e all’allineamento dei razzi di accelerazione dello stadio superiore, in modo che dopo l’accensione di quest’ultimo non si verificasse alcun sussulto e la traiettoria rimanesse inalterata.

Oltre alla traiettoria, il team volle apportare un’altra modifica speciale, in questo caso per proteggere lo stesso Webb. La NASA era estremamente preoccupata che qualsiasi residuo di atmosfera nell’ogiva potesse far sì che le bolle d’aria intrappolate nello schermo solare ripiegato si gonfiassero e strappassero i delicati strati dello schermo solare del telescopio. L’ESA quindi sviluppò un sistema che avrebbe espulso le ultime molecole d’aria fuori dall’ogiva prima che la carenatura si aprisse ed esponesse Webb al vuoto dello spazio. “È stato anche per noi un grande traguardo vedere che la pressione residua era ben al di sotto dei requisiti dopo diverse prove effettuate su precedenti voli dell’Ariane 5”, spiega Daniel.

Sebbene la conferma del funzionamento di questo sistema giunse solo in un secondo momento, quando lo schermo solare venne srotolato e si vide che non era danneggiato, il dispiegamento precoce del pannello solare confermò l’eccezionale risultato ottenuto dal team. Tuttavia, il valore reale dell’estrema precisione dell’iniezione del lanciatore risultò evidente solo la sera, quando il team di Baltimora comandò al veicolo spaziale di compiere un’altra manovra.

Massimo era di turno mentre veniva preparata la correzione di rotta intermedia 1a. Si trattava di una spinta supplementare essenziale per assicurarsi che Webb raggiungesse correttamente la posizione prestabilita a 1,5 milioni di km di distanza dalla Terra. Per calcolare il tempo di combustione necessario, Webb venne monitorato per quasi 12 ore, trascorse le quali il team di dinamica di volo del Goddard Space Flight Center della NASA elaborò i risultati. Fu allora che la portata dell’impresa dell’Ariane cominciò a diventare davvero evidente.

L’iniezione orbitale era stata così accurata che la combustione non avrebbe dovuto protrarsi così a lungo come era stato previsto. “Già lì capimmo che avremmo avuto più carburante per le operazioni”, dice Massimo.

Dopo la manovra, ripresero le attività di monitoraggio e calcolo. Si scoprì che il carburante risparmiato poteva essere utilizzato per consentire a Webb di rimanere nella sua orbita operativa, prolungando così la durata della missione.

Vita raddoppiata, scoperte raddoppiate

Al termine dei calcoli, la NASA annunciò che grazie all’ESA e ai suoi partner Arianespace, ArianeGroup e CNES, la durata di vita di Webb risultava raddoppiata. Webb trasportava carburante sufficiente a prolungare la missione da 10 a 20 anni: doppia durata, doppie osservazioni, doppie scoperte.

Trasformando un lancio di routine in un momento di gloria dell’Ariane 5, il team europeo aveva raddoppiato la distanza del grande passo dell’umanità verso la comprensione delle sue origini.

Si è trattato di un momento molto emozionante e appagante per tutti noi, soprattutto a fronte dei numerosi ringraziamenti ricevuti dal team del progetto Webb della NASA“, afferma Daniel.

All’epoca, tuttavia, i festeggiamenti furono molto contenuti. Visto che il lancio avvenne il giorno di Natale del 2021, la maggior parte delle persone coinvolte era desiderosa di tornare a casa dalle proprie famiglie. Ma il ricordo di ciò che realizzarono quel giorno è ancora vivo.

Alla base si capisce che le persone sono molto orgogliose di aver lanciato Webb. Indossano ancora le polo Webb“, racconta Daniel. E nel mondo sobrio delle operazioni sui veicoli spaziali, non esiste dichiarazione di orgoglio più fiera di questa.

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