Ponte sullo Stretto, perché progetto a campata unica è il più sicuro per terremoti e tsunami

Ponte sullo Stretto, smontiamo bufale e fake news sulla grande opera tra Calabria e Sicilia
MeteoWeb

di Alessandro Martelli * – Il ponte sullo stretto di Messina: ritengo che sia necessario ed urgente realizzarlo, che esso possa essere reso sismicamente sicuro grazie alle moderne tecnologie e che debba essere ad un’unica campata sospesa, per proteggerlo da possibili violenti terremoti e maremoti

Deve essere solo scelto il moderno sistema antisismico più adeguato da installare in corrispondenza delle spalle del Ponte e da approfondire è, soltanto, a mio avviso, la valutazione della capacità del Ponte sismicamente isolato di resistere anche ai carichi da vento possibili nella zona.

Il dibattito in corso

Come è noto, è in corso da vari giorni un ampio (e pure assai aspro) dibattito a seguito della decisione del nuovo Governo di realizzare, finalmente, dopo circa 20 anni di stasi, il Ponte sullo Stretto di Messina (Figg. 1 e 2).

stretto di messina
Figura 1 – Calabria e Sicilia, da congiungere grazie al Ponte sullo Stretto di Messina
Figura 2 – Come apparirà il Ponte sullo Stretto di Messina, quando sarà stato realizzato con un’unica campata come da progetto definitivo approvato nel 2011

Qualcuno di coloro che sono contrari alla realizzazione del Ponte sostiene che esso sarebbe infattibile, motivando come segue la sua ostilità alla realizzazione dell’opera (soprattutto se sarà ad un’unica campata sospesa):

  • mai, al mondo, prima d’oggi, è stato realizzato, soprattutto con un’unica campata sospesa, un ponte di pari lunghezza;
  • nell’area dello Stretto di Messina possono ripetersi violenti terremoti e pure maremoti (come è già accaduto in passato);
  • se il Ponte sarà realizzato effettivamente con un’unica campata sospesa (come mi pare sia ora giustamente previsto), a causa dell’elevata lunghezza di questa, potrebbe essere arduo fare in modo che resista ai forti venti possibili tipici dell’area suddetta.

Altri sostengono pure che il Ponte sarebbe un’opera inutile e costosissima. Inutile, dicono, anche perché, soprattutto in Sicilia, sono ancora molto carenti la rete viaria e, soprattutto, quella ferroviaria.

Fra coloro osteggiano maggiormente la realizzazione del Ponte, vi sono, ovviamente (!), i traghettatori: pochi fanno notare, però, che i traghetti, così numerosi e frequenti come sono oggi, causano non poco inquinamento nelle acque dello Stretto.

Circa la presunta inutilità del Ponte, anch’io ritengo indispensabile che sia urgentemente migliorata soprattutto la rete ferroviaria siciliana: però, a mio avviso, ciò deve esser fatto contemporaneamente alla realizzazione del Ponte (e pure indipendentemente da essa).

Il Ponte, finalmente, congiungerebbe la Sicilia al resto del nostro Paese: o forse qualcuno ritiene che la Sicilia non faccia parte dell’Italia?

La lunghezza del Ponte sullo Stretto di Messina

Circa la lunghezza del Ponte, è vero che esso sarà il più lungo al mondo per quanto riguarda la campata sospesa unica di 3.300 metri. Si tratta certamente di un progetto assai ambizioso, ma ritengo, che, al giorno d’oggi, esso sia fattibile.

Ricordo che, attualmente, il ponte con la campata sospesa più lunga al mondo è quello sullo Stretto dei Dardanelli (Çanakkale Boğazı Köprüsü), il cui nome ufficiale è Ponte della Battaglia di Gallipoli del 1915 (Çanakkale 1915 Köprüsü). Esso collega le città di Gallipoli e Lapseki, nella Provincia di Çanakkale, in Turchia. Inaugurato il 18 marzo 2022, è il più grande ponte turco e, con i suoi 2.023 m di luce tra le due torri, supera di 32 m la lunghezza della campata del Ponte dello Stretto di Akashi in Giappone.

A quello dello Stretto dei Dardanelli segue, infatti, per lunghezza della campata sospesa, proprio il Ponte dello Stretto di Akashi (Akashi-Kaikyō Ōhashi, letteralmente “Grande Ponte dello Stretto di Akashi”). Esso è alto 282,8 m ed è lungo 3.911 m. La sua campata principale è lunga 1.991 m. Inaugurato il 5 aprile 1998, unisce la città di Kōbe (sita sull’isola di Honshū) all’isola Awaji, passando al di sopra dello stretto di Akashi.

È data notare che, il 17 gennaio 1995, quando le due torri di tale Ponte erano già state costruite, a Kobe, con epicentro proprio sotto il Ponte, si verificò un terremoto violentissimo, di magnitudo M = 6,8. A Kobe morirono oltre 15.000 persone, ma le due torri del Ponte non subirono neppure un graffio. E non solo: nell’area del Ponte sono già transitati violenti tifoni, con raffiche di vento superiori ai 200km/h, ma si è mai dovuto chiudere al traffico il Ponte.

Ai ponti dello Stretto dei Dardanelli e di Akashi seguono, per lunghezza della campata sospesa, il Xihoumen Bridge in Cina (1,650 m di lunghezza, inaugurato circa 10 anni fa) e lo Storebæltsbroen Bridge in Danimarca (1.624 m di lunghezza, che collega l’isola di Selandia, dove si trova Copenaghen, a quella di Fionia). Frai primi 20 ponti con campate sospese più lunghe al mondo, al momento, purtroppo, non ve ne è nessuno italiano (al nono posto compare il celebre ponte di Verrazzano a New York, negli USA, e, trai ponti europei più lunghi, è da citare l’Humber Bridge nel Regno Unito).

Almeno imitiamo gli antichi romani!

Ricordo che la necessità di congiungere la Sicilia al resto del nostro Paese con un ponte fu ravvisata già nell’antichità (oltre che nel secolo scorso), non solo 20 anni fa. Anzi, nell’antichità, un pur “rudimentale” ponte pare sia stato addirittura realizzato.

Infatti, come riportò il geografo greco Strabone (vissuto dal 63 a.C. al 23 d.C.) e confermò Plinio il Vecchio (23÷79 d.C.), dopo aver sconfitto Asdrubale nella battaglia di Palermo del 251 a.C. (durante la prima guerra punica), siccome Asdrubale era fuggito a Lilibeo, lasciando a Palermo un centinaio dei 140 elefanti da guerra che aveva portato con sé per terrorizzare i romani (quelli sopravvissuti alla battaglia), il Console romano Lucio Cecilio Metello decise di portare a Roma i suddetti pachidermi superstiti.

Almeno secondo quanto scritto da Strabone (è importante, però, specificare “forse”), a tal fine, il Console Metello fece costruire un ponte di barche fra “Messana” (Messina) e “Regium Julium” (Reggio Calabria), dove i romani avrebbero fatto passare gli elefanti, così da poter  raggiungere Roma e rendere prestigioso il trionfo del console. La vittoria del Console Metello ed il trasferimento a Roma degli elevanti, almeno secondo Strabone, avrebbero avuto un eco tale da indurre i Metelli a mostrare l’effigie dell’elefante in molte delle monete da loro fatte coniare.

Circa la realizzazione e le caratteristiche del ponte, Strabone racconta: “(Lucio Cecilio Metello) radunate a Messina un gran numero di botti vuote, le fece disporre in linea sul mare, legate a due a due, in maniera che non potessero toccarsi o urtarsi. Sulle botti formò un passaggio di tavole coperte da terra e da altre materie e fissò parapetti di legno ai lati affinché gli elefanti non avessero a cascare in mare”.

Una volta che gli elefanti e l’esercito furono arrivati in Calabria, pare che il ponte sia stato lasciato al suo destino, senza farne l’indispensabile manutenzione. La passerella in legno probabilmente resistette qualche mese, poi la forza delle mareggiate si portò via quel collegamento, che per i successivi 22 secoli non sarebbe stato mai ripristinato.

Successivamente all’epoca romana, si dovette attendere il IX secolo, perché qualcuno valutasse nuovamente la possibilità di realizzare il Ponte sullo Stretto di Messina:

  • sarà, in tale secolo, Carlo Magno a pensarci nuovamente per primo, ma la complessità dell’opera lo fece desistere praticamente subito;
  • successivamente ci pensò Roberto il Guiscardo (normanno), ma anch’egli desistette, per l’indisponibilità, al tempo, di tecnologie adatte a realizzare l’opera;
  • dopo il Medioevo, saranno i Borbone a pensare di unire la Calabria con la Sicilia, ma il costo preventivato per la realizzazione dell’opera fu considerato totalmente fuori portata per loro.

Ponte sullo Stretto di Messina ed eventuale tunnel sottomarino: gli studi dell’Ottocento

Giungendo ai tempi moderni, è anzitutto da ricordare che, nel 1866, il Conte Stefano Jacini incaricò l’Ing. Alfredo Cottrau (costruttore di ponti e di strade ferrate di fama internazionale, nonché funzionario responsabile delle Ferrovie Italiane) di elaborare un progetto per la realizzazione die un collegamento stabile tra la Calabria e la Sicilia. L’ingegner Cottrau decretò che la realizzazione del Ponte avrebbe richiesto l’impiego di risorse che definì “colossali”. Noto, però, che ciò era sicuramente vero un secolo e mezzo fa, mentre ora abbiamo a disposizione le più moderne tecnologie per realizzare l’opera a costi non stratosferici (che cito nel seguito), nonché, se il Ponte sarà effettivamente a campata sospesa unica, con tutte le indispensabili garanzie di sicurezza.

Anche la possibilità di realizzare tunnel sommerso fu quantomeno suggerita nell’Ottocento: lo fece, nel 1870, l’Ing. Carlo Navone, ipotizzando tale tunnel a circa 30 metri al di sotto il fondale marino, con una parte dedicata al transito di veicoli e l’altra di treni. Ovviamente, l’idea dell’Ing. Navone (anche se rimase in auge per oltre un secolo), al tempo, era del tutto irrealizzabile (e, come chiarisco sotto, io tale la ritengo pure ora).

Infine, non dimentichiamo che, dall’800 ad ora, innumerevoli sono stati gli studi di fattibilità del Ponte sullo Stretto di Messina, senza, però, che ad esse seguisse alcuna realizzazione: ora è giunto il momento di passare dalle parole (e dalla carta) ai fatti!

Note sui costi di realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina

Circa i costi da sostenere per la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina, ricordo che:

  • negli ultimi 20 anni, abbiamo già speso somme enormi per i vari studi di fattibilità (alcune centinaia di milioni di euro);
  • se si potrà finalmente giungere rapidamente dalla Calabria in Sicilia (e viceversa), si potranno evitare, soprattutto, le lunghe attese oggi necessarie per salire con l’auto, od altro mezzo di trasporto, nei traghetti;
  • soprattutto, si darà un forte impulso allo sviluppo delle attività in Sicilia, anche (ma non solo) dal punto di vista turistico.

Note sugli aspetti tecnici, cenni storici e soluzione tecnica da adottare per garantire la sicurezza del Ponte sullo Stretto di Messina

Circa gli aspetti tecnici, ritengo, anzitutto, come si sia finora perso troppo tempo a discutere su quale fosse la soluzione migliore:

  • ponte a più campate;
  • tunnel sottomarino, come l‘Eurotunnel (realizzato sotto al Canale della Manica);
  • ponte ad un’unica campata sospesa.

Ritengo, come altri esperti del settore, che la prima soluzione sia infattibile, a causa sia dell’elevata sismicità dell’area dello Stretto, sia del fatto che, in tale area, un sisma violento potrebbe essere seguito da un altrettanto violento maremoto (come ricordo sotto). L’installazione di dispositivi antisismici alla sommità di pile dl ponte realizzate all’interno dello Stretto proteggerebbe sì il ponte da anche forti terremoti, ma non necessariamente da violenti maremoti, perché i dispositivi suddetti potrebbero essere distrutti dalle alte onde che possono caratterizzare questi eventi.

Ricordo che l’ultimo terremoto devastante che avvenne nell’area ove è ubicato lo Stretto fu quello di Messina e Reggio Calabria del 2 dicembre 1908: esso fu di magnitudo Richter M = 7,1 (con epicentro tra Archi ed Orti Inferiore, in comune di Reggio Calabria) e fu seguito da un violento maremoto, dovuto, invece, ad una frana sottomarina verificatasi al largo di Taormina, a seguito del sisma (il terremoto ed il maremoto causarono, complessivamente, 90.000÷120.000 vittime).

Figura 3 – Danni causati dal Terremoto di Messina e Reggio Calabria del 1908

E non deve essere neppure dimenticato il precedente terremoto della Calabria Meridionale, iniziato il 5 febbraio 1783, il cui epicentro fu ad Oppido Mamertina, nel comune della città metropolitana di Reggio Calabria (magnitudo momento stimata massima MWsm = 7,1), ed al quale seguirono due maremoti disastrosi. Complessivamente, le vittime furono 30.000÷50.000. Ricordo anche qui che, secondo le fonti storiche, il maremoto del 5 febbraio generò onde che colpirono le coste siciliane tra Messina e Torre Faro e quelle calabresi tra Scilla e Cenidio (Reggio Calabria). Prima le onde si ritirarono, poi investirono le coste tre volte, nell’arco di 10÷15 minuti; a Messina, ad esempio, il maremoto distrusse sia il Teatro Marittimo che le banchine del porto. Il maremoto del 6 febbraio, invece, fu provocato da un’enorme frana (di 500 m di fronte ed alcuni milioni di metri cubi di volume), innescata dal sisma (avvenuto durante la notte), che, distaccatasi dal Monte Pacì, era precipitata in mare. Onde alte 8÷10 m investirono le coste attorno allo Stretto di Messina. Si stima che, nella sola Scilla, le vittime di questo maremoto siano state circa 1.500: la popolazione, infatti, impaurita dalle precedenti continue scosse sismiche, si era rifugiata nelle spiagge (in particolare, in quella di Marina Grande) e fu colta totalmente di sorpresa dal maremoto.

Figura 4 – Maremoto che seguì ad una delle scosse
del Terremoto della Calabria Meridionale del 1783

Quanto alla seconda soluzione, esaminata per collegare la Calabria con la Sicilia (tunnel sottomarino), ribadisco che la ritengo pure infattibile pure al giorno d’oggi, a causa dell’elevata sismicità dell’area dello Stretto: non vedo come si potrebbe proteggere adeguatamente un tunnel sottomarino da violenti terremoti, come quelli sopra ricordati.

Resta, quindi, soltanto la terza soluzione, quella di un’unica campata sospesa (soluzione che, comunque, mi pare essere quella ora, giustamente, prescelta). Dato che tale campata sarebbe sostenuta soltanto da pile realizzate alle due estremità, in Calabria ed in Sicilia, il ponte sarebbe facilmente ben protetto da onde, anche molto alte, generate da un maremoto (ad esempio, grazie alla realizzazione di apposite barriere). La protezione dai terremoti dovrà poi essere assicurata grazie all’installazione, alla sommità delle pile, Fig. 5), di moderni dispositivi antisismici (se le pile sono sufficientemente tozze e, quindi, sufficientemente rigide, in presenza di adeguate barriere anti-maremoto, tali dispositivi potrebbero anche essere inseriti alla base delle pile stesse, come, del resto, è già stato fatto, in alcuni casi, in altri Paesi).

Figura 5 – Un isolatore sismico elastomerico installato alla sommità delle pile che sostengono l’impalcato di un ponte

Le moderne tecnologie antisismiche disponibili e l’esperienza applicativa italiana riguardante i ponti ed i viadotti

Quanto alle tecnologie antisismiche utilizzabili per proteggere il Ponte sullo Stretto, da decenni abbiamo a disposizione e pure applichiamo, anche in Italia (sebbene, a mio avviso, ancora troppo, troppo poco), le più moderne: quelle d’isolamento sismico, quelle di dissipazione di energia ed altre.

In particolare, infatti, la prima applicazione italiana dell’isolamento sismico ai ponti ed ai viadotti risale agli anni 1974÷1976 (essa riguardò il Viadotto Somplago dell’Autostrada Udine-Tarvisio, che superò indenne i due terremoti del Friuli del 6 maggio e dell’11÷12 settembre 1976,  Figg. 6÷10). Dopo tale realizzazione. assai numerosi sono stati i ponti ed i vidotti italiani protetti da dissipatori (soprattutto) o da isolatori, inseriti alla sommità delle pile.

Figura 6 – Vista laterale del Viadotto Somplago dell’autostrada Udine-Tarvisio
Figura 7 – Altra vista laterale del Viadotto Somplago dell’autostrada Udine-Tarvisio
Figura 8 – Vista da sotto del Viadotto Somplago dell’autostrada Udine-Tarvisio
Figura 9 – Uno dei dispositivi in gomma inseriti tra l’impalcato e le spalle del Viadotto Somplago di Figg. 7 e 8, che, assieme a dispositivi a scorrimento installati sulle pile, costituiscono il sistema d’isolamento sismico del viadotto stesso
Figura 10 – Vista da vicino di uno dei dispositivi in gomma inseriti tra l’impalcato e le spalle del Viadotto Somplago di Figg. 8 e 9

Conclusioni

Per concludere, non mi resta che confermare il mio convincimento che il Ponte sullo Stretto di Messina che sia fattibile, però a patto che esso sia ad un’unica campata sospesa e sia protetto da un opportuno sistema antisismico in corrispondenza delle pile che sosterranno la campata, nonché da adeguate barriere che proteggano detto sistema dalle onde innescate da un eventuale maremoto, successivo ad un altrettanto eventuale terremoto violento. Ovviamente, devono essere definiti il sistema antisismico più adatto (d’isolamento sismiico o dissipativo), la posizione ove installarlo (al di sopra le pile che sosterranno l’impalcato, o, se esse saranno sufficientemente tozze e rigide, anche al  di sotto) e, soprattutto, deve essere accuratamente svilppato il progetto, affinché l’impalcato sia in grado di resistere anche ai venti della massima intensità possibile nell’area dello Stretto. Comunque, anche per quest’aspetto, l’esperienza vissuta, ad esempio, dal Ponte dello Stretto di Akashi in Giappone, mi conforta.

* Ing. Alessandro Martelli, luminare di fama internazionale ed esperto di sistemi antisismici, già direttore ENEA

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