Rovente e veloce, il rientro “infernale” di Orion: la missione Artemis I termina con un ritorno trionfante | FOTO e VIDEO

Orion ha effettuato un rientro "infernale", più rovente e più veloce di qualsiasi altro veicolo spaziale
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MeteoWeb

La capsula Orion della NASA è sopravvissuta al rientro più rovente e veloce mai effettuato da un veicolo spaziale, “saltando” intenzionalmente fuori dall’atmosfera prima di ammarare al largo della costa della Baja California, in Messico.

La capsula senza equipaggio, che è stata lanciata il 16 novembre in cima al megarazzo Space Launch System come parte della missione Artemis I, ha fatto il suo ritorno trionfante dopo un viaggio record di 26 giorni, 2,2 milioni di km andata e ritorno sulla Luna. Il rientro da manuale del veicolo spaziale, che può contenere 6 persone, è il finale strabiliante di una missione test quasi impeccabile. La prossima volta che il razzo volerà, sarà con astronauti a bordo.

Il rientro “infernale” di Orion

A conclusione del suo viaggio, Orion ha effettuato un rientroinfernale“, più rovente e più veloce di qualsiasi altro veicolo spaziale. Le temperature del suo scudo termico sono salite fino a circa 2.800°C quando è entrato nell’atmosfera terrestre, a circa 40mila km/h, o 32 volte la velocità del suono.

Orion ha ancora tutta quell’energia che il razzo gli ha conferito. Di tutta quell’energia, sufficiente per alimentare da 4.000 a 5.000 case in un giorno, bisogna sbarazzarsene,” ha affermato John Kowal, responsabile del sistema di protezione termica di Orion. “Il veicolo arriva impattando con l’atmosfera e inizia a cercare di spostare l’aria. Quell’aria fa resistenza, la pressione sale, le temperature salgono – stiamo parlando di circa 5.538°C nel campo di flusso (n.d.r. l’aria intorno a Orion). Il campo di flusso vuole restituire quell’energia, quindi è quello che affronta lo scudo termico“.

Per rientrare in sicurezza, la capsula è “saltata” intenzionalmente fuori dall’atmosfera come una pietra sulla superficie di uno stagno, rallentando alla fine a soli 32 km/h con l’aiuto aggiuntivo del suo scudo termico e 11 paracadute. Dopo essere ammarata sana e salva nell’oceano, Orion è stata trasportata a bordo della USS Portland, una nave della Marina degli Stati Uniti.

SLS e Orion, un banco di prova

Il volo Artemis I è stata la prima di 3 missioni progettate come banchi di prova vitali per l’hardware, il software e i sistemi di terra destinati a stabilire un giorno una base sulla Luna e trasportare i primi esseri umani su Marte. Questo primo volo di prova sarà seguito da Artemis II e Artemis III rispettivamente nel 2024 e 2025/2026. Artemis II farà lo stesso viaggio di Artemis I ma con un equipaggio umano di 4 persone, e Artemis III porterà la prima donna e la prima persona di colore ad atterrare sulla superficie lunare, al Polo Sud.

Dopo il lancio, il razzo Artemis I ha spinto la capsula Orion fino a 36.371 km/h, mandandola in orbita attorno alla Luna in soli 6 giorni. Il 25 novembre, la capsula ha acceso i motori per entrare in un’orbita lunare ad alta quota, stabilendo un record per la maggiore distanza mai raggiunta dalla Terra da un veicolo spaziale progettato per trasportare esseri umani, 430mila km. Quattro giorni dopo, il veicolo ha eseguito un altro burn per lanciarsi intorno alla Luna e ha intrapreso la rotta verso il nostro pianeta.

Nonostante mesi di ritardi e 3 tentativi di lancio falliti (i primi 2 a causa di guasti tecnici, il terzo perché il gigantesco Space Launch System è stato messo al riparo dall’uragano Ian), le prestazioni di Orion hanno estasiato i controllori di missione della NASA. Il Modulo di Servizio dell’Agenzia Spaziale Europea che ha spinto Orion durante il suo viaggio ha prodotto molta più potenza consumando anche meno carburante di quanto previsto, secondo la NASA. A bordo di Orion ha viaggiato un manichino che l’Agenzia testerà ora per l’esposizione alle radiazioni spaziali.

Il delicato rientro di Orion, lo “skip reentry”

Per tornare intatti dalla Luna, tutti i veicoli spaziali devono colpire un piccolo bersaglio nell’atmosfera terrestre largo meno di 20 km con la giusta angolazione. Troppo brusco e la capsula viene incenerita, troppo superficiale, rimbalza sull’atmosfera e torna nello Spazio.

Gli ingegneri di volo di Orion hanno ruotato la capsula durante la discesa per provocare deliberatamente un “rimbalzo” atmosferico, mossa che ha ridotto la forza g sperimentata a bordo da 6,8 a 4, raffreddato lo scudo termico del velivolo e allargato la finestra bersaglio per il rientro. Gli ingegneri di volo della NASA hanno preso in considerazione l’esecuzione dello “skip reentry” durante il programma Apollo, ma la mancanza di modelli computerizzati avanzati o di un computer di guida a bordo rendevano la manovra complicata troppo rischiosa.

Nello Spazio profondo con una nuova generazione

È storico perché ora stiamo tornando nello Spazio, nello Spazio profondo, con una nuova generazione,” ha commentato l’amministratore della NASA Bill Nelson. “Nuova tecnologia, una generazione completamente nuova di astronauti e una visione del futuro. Questo è il programma per tornare sulla Luna per imparare, vivere, inventare, creare per esplorare oltre“.

La capsula Orion rientrata sulla Terra, il momento dello splashdown
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