Sinisa Mihajlovic, il medico che lo ha curato: “la leucemia mieloide si è ripresentata”

La leucemia mieloide che ha ucciso Sinisa Mihajlovic raccontata dalla dottoressa che lo ha avuto in cura per anni
MeteoWeb

La morte di Sinisa Mihajlovic ha gettato nello sconforto i suo fan e non solo. La malattia che il campione serbo teneva in pugno ormai da tempo lo ha sopraffatto. A parlare dalla patologia, la leucemia mieloide, è Francesca Bonifazi, direttrice del Programma trapianto e il Programma dipartimentale terapie cellulari avanzate dell’ospedale Sant’Orsola di Bologna. Bonifazi ha seguito Mihajlovic nel suo iter ospedaliero.

Oggi, in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, ha racconta gli ultimi giorni di vita del guerriero del calcio: “È stato un uomo che aveva una grande voglia di vivere e amava la vita più di qualunque altra cosa. Poi è stato circondato dall’affetto dei suoi: sua moglie gli è stata vicina dal primo all’ultimo momento, sempre. Arianna è stata la donna che gli ha dato coraggio e che ha gestito la famiglia in una fase molto difficile“.

Il trapianto di midollo osseo è la terapia più efficace per eradicare la leucemia mieloide acuta. In questo momento garantisce una minor possibilità di recidiva: purtroppo in questo caso la malattia è tornata, è stata molto aggressiva ed è stata refrattaria alle cure“, racconta la dottoressa. Ma “Sinisa si è rialzato anche di fronte alla recidiva: non più di una settimana fa camminava e faceva tanti chilometri a piedi. In ogni caso non va fatta una generalizzazione, il trapianto resta ancora la migliore delle terapie. Noi medici crediamo che l’unica maniera per alleviare il dolore che proviamo nel veder morire i nostri pazienti è di scommettere nella ricerca“.

Le terapia contro lo malattia che ha ucciso Sinisa Mihajlovic

Contro la leucemia mieloide acuta, “attualmente le cellule Car-T funzionano per la leucemia cutanea, il linfoma o il mieloma. Sono casi diversi da quello di Sinisa. Per quanto riguarda la Car-T nelle leucemie mieloide acute siamo ancora in una fase sperimentale. Il Sant’Orsola si è candidato a creare una self factory per la produzione delle cellule Car-t accademiche, ma siamo ancora all’inizio. Speriamo di vincere la nostra candidatura e di iniziare presto la costruzione di questa self factory che verrà ospitata nella nuova ematologia grazie alla Fondazione Seragnoli“, ha concluso la dottoressa Francesca Bonifazi.

Condividi