A circa 70 chilometri dalla punta più settentrionale della Sicilia sorge l’isola di Stromboli. I crateri sommitali di questo edificio vulcanico sono sede di continue esplosioni, dette appunto stromboliane, proprio per la peculiarità con cui accadono in questo specifico sito. Dalla forma tipicamente tronco-conica, il vulcano si erge per 926 metri sul livello del mare, articolandosi per altri 1700 metri sotto la superficie marina. Circa il 90% dell’edificio è dunque sommerso, per cui l’attività osservabile è solo una frazione di quella effettiva.
Negli ultimi 100mila anni, a seguito dell’attività vulcanica, l’isola ha subìto processi di costruzione e distruzione oltre a collassi della parte sommitale e del fianco nord-occidentale. In particolare, grandi frane di origine vulcano-tettonica, generatesi migliaia di anni fa, hanno prodotto l’attuale struttura della Sciara del Fuoco, dove si riversano i prodotti dell’attività eruttiva persistente e talora colate di lava che traboccano dai crateri apicali. L’attività vulcanica più antica, risalente a circa 250mila anni fa, è testimoniata dalla presenza di Strombolicchio, un’isoletta poco a nord-est di Stromboli, residuo di un vecchio condotto vulcanico, che ha resistito all’azione erosiva del mare. L’attività attuale dello Stromboli evidenzia la presenza di un condotto vulcanico continuamente alimentato da nuovo magma, che staziona in una piccola camera a pochi chilometri di profondità, trasportato in superficie da fenomeni convettivi e dall’azione dei gas magmatici, rilasciati per effetto della diminuzione della pressione confinante durante la risalita. Il risultato di questo processo si osserva in superficie con la formazione di piccole esplosioni cicliche, con lancio di lapilli e bombe vulcaniche.
Eruzioni stromboliane particolarmente violente possono rappresentare un fattore di rischio elevato, vista anche la dimensione contenuta dell’isola e la vicinanza dei centri abitati. Nell’ultimo secolo si ricordano diversi episodi parossistici, talvolta associati alla formazione di onde anomale. Il 3 luglio 1916 una violenta eruzione causa un piccolo maremoto che investe la parte nord dell’isola, in particolare la spiaggia di Piscità, più esposta a tali fenomeni. Il 22 maggio 1919, si registra un’intensa attività esplosiva, con lancio di piroclastiti che danneggiano diverse case. Anche questo episodio è associato a variazioni repentine del livello del mare che invade la costa per circa trecento metri, trascinando a terra numerose barche. Vengono segnalati fenomeni anche a Capri ed Ustica dove si registrano rapide regressioni ed ingressioni del mare. L’11 settembre 1930 una forte attività esplosiva del vulcano provoca la morte di 4 persone, con la formazione di un flusso piroclastico che percorre la parte settentrionale dell’isola ed entra in mare ad ovest di Piscità. Ciò provoca una perturbazione della superficie marina, che a Ficogrande invade la costa per circa 200 metri, causando due vittime, sorprese dall’onda improvvisa. Altri fenomeni esplosivi di rilievo si verificano il 20 agosto 1944 e nel febbraio del 1954.
Più recentemente lo Stromboli ha alternato le consuete fasi di attività persistente con eventi parossistici, come quello accaduto nel 2002. In quell’anno un’intensa attività magmatica si registra a partire dal 28 dicembre, quando una nube piroclastica raggiunge un altezza superiore ai 200 metri, facendo ricadere sul paese una grande quantità di ceneri. Un flusso di lava, che sgorga dai crateri sommitali, scorre lungo la Sciara del Fuoco fino a raggiunge il mare. Due giorni dopo, il 30 dicembre, l’attività stromboliana torna a farsi molto intensa, e alle 13.22 una grande frana si stacca dalla parte sommersa del vulcano, retrogradando fino ad un’altitudine di circa 600 m sul livello del mare, in cui verranno riversati circa 20 milioni di metri cubi di materiale vulcanico.
La formazione della frana, registrata dalle reti di sorveglianza sismica ed osservata in superficie da diversi testimoni nonché ripresa da immagini televisive, causa un piccolo tsunami, che nel giro di pochi minuti invade il lato settentrionale di Stromboli, tra Ficogrande e Scari, penetrando per circa 100 m nell’entroterra. L’onda provoca modesti danni materiali ed alcuni feriti lievi. La perturbazione del livello del mare causata dal vulcano si propaga, con effetti però trascurabili, nelle altre isole Eolie (a Panarea viene sovrastato il porto), nel basso Tirreno e sulle coste della Calabria.
Le fenomenologie osservate a Stromboli, sin dagli inizi del secolo scorso, e le testimonianze morfologiche e geologiche che si rinvengono sui suoi versanti evidenziano una caratteristica tipica di questi apparati vulcanici, contraddistinti da una continua instabilità gravitativa. I coni vulcanici, infatti, si accrescono progressivamente per l’attività vulcanica di modesta energia, che deposita ceneri e scorie, mentre la forte attività esplosiva, associata spesso a deformazioni del suolo e a terremoti, tende a demolire l’edificio vulcanico. Ogni vulcano è caratterizzato da un suo profilo di equilibrio idrostatico e i continui processi di costruzione e demolizione tendono ad attestare il profilo intorno a tale equilibrio. Il rischio associato a questi processi non è dunque soltanto di natura puramente vulcanica (emissione di ceneri e caduta di pomici, formazione di flussi piroclastici, emissioni di gas, etc.) ma è da correlarsi anche alla possibilità di formazione di grandi frane (in gergo debris avalanches) che possono mettere a nudo il sistema magmatico in pressione e produrre di conseguenza una notevole intensificazione delle esplosioni magmatiche. Il monitoraggio costante e continuo dello Stromboli è dunque finalizzato anche alla comprensione del livello di stabilità del vulcano, che può determinare condizioni di rischio elevate, anche per le isole e le coste limitrofe del Tirreno meridionale.
Giampiero Petrucci