L’Italia presenta, insieme all’Islanda, la maggiore concentrazione di vulcani attivi in Europa. La differenza sostanziale tra questi due Paesi sta nella forte urbanizzazione e densità abitativa che caratterizza alcuni dei nostri vulcani attivi, primi fra tutti Vesuvio e Campi Flegrei. Per questo è molto importante lo studio e la comprensione del nostro territorio vulcanico.
In quest’ottica, si è appena conclusa una serie di campagne multidisciplinari nel settore Sud-Occidentale del Vesuvio, all’interno della riserva “Tirone – Alto Vesuvio”, finalizzata all’identificazione di strutture vulcaniche legate all’eruzione pliniana detta “di Avellino” (avvenuta ca. 4300 anni fa). Questa eruzione – spiega in una nota l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia – ha portato alla formazione della caldera omonima, oggi sepolta sotto i depositi delle eruzioni più recenti.
Le attività svolte dai ricercatori coinvolti, hanno lo scopo di identificare e caratterizzare, attraverso un approccio multidisciplinare, le strutture vulcaniche sub-superficiali presenti nell’area per comprenderne la geometria. Le metodologie di indagine utilizzate sono di tipo geofisico (sismica attiva ad alta risoluzione – sia a riflessione che a rifrazione -, gravimetria, resistività elettrica, sismica passiva, magnetometria e potenziale spontaneo) e geochimico (flusso di CO2 dal suolo, concentrazione di CO2 nel suolo).
Lo studio rientra nell’ambito del progetto Pianeta Dinamico dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia e vede la collaborazione di un team di ricercatori appartenenti a 5 sezioni dell’INGV (Roma 1, Roma2, Osservatorio Nazionale Terremoti, Palermo e Osservatorio Vesuviano) e alle università di Napoli – Federico II , di Siena – Centro di GeoTecnologie – e di Palermo.