È noto che migliaia di anni fa, al termine dell’ultimo periodo glaciale, le popolazioni umane conobbero una grande mobilità muovendosi in molte regioni del pianeta fino a quel momento poco esplorate, anche a causa delle temperature più rigide. Ma poco era stato possibile conoscere riguardo ai movimenti delle popolazioni dell’Asia centrale, un logico crocevia per i transiti da una parte all’altra dell’Asia e dall’Europa verso la Siberia. Una mancanza che è stata ora colmata da uno studio internazionale, coordinato da Cosimo Posth dell’Università di Tubinga, in Germania, e pubblicato sulla rivista Current Biology.
L’analisi dei genomi di 10 individui vissuti fino a 7.500 anni fa in Asia centrale dimostra che i movimenti umani, e gli intrecci tra le varie popolazioni, erano più dinamici del previsto. Dall’analisi, è stato possibile identificare tratti genetici comuni ad altre popolazioni, usando tecniche di indagine del DNA che permettono di tornare indietro nel tempo e trovare connessioni altrimenti impossibili da vedere.
Lo studio si è concentrato soprattutto su individui della regione di Altai, una popolazione di cacciatori-raccoglitori. È così emerso che gli Altai “hanno contribuito a molte popolazioni coeve e successive in tutta l’Asia settentrionale, dimostrando quanto fosse grande la mobilità di quelle comunità“, ha detto Posth. Tra i vari individui quello ad aver attirato più attenzione è un uomo con profilo genetico molto differente dagli altri e invece strettamente con popoli dell’estremo oriente russo. Un individuo che potrebbe essere stato forse uno sciamano giunto da molto lontano, forse solitario. “Tutto questo suggerisce – ha aggiunto Posth – che le migrazioni e le mescolanze umane erano la norma e non l’eccezione anche per le antiche società di cacciatori-raccoglitori”.