ENEA ha progettato un dispositivo salvavita unico al mondo per la protezione dal surriscaldamento (quench) dei magneti superconduttori nei futuri reattori a fusione nucleare. L’innovazione tecnologica sarà testata per la prima volta sul tokamak DTT, l’infrastruttura per la ricerca sull’energia da fusione in costruzione presso il Centro Ricerche di Frascati (Roma).
“Rispetto ai sistemi di protezione montati sui magneti di ITER e di JT-60SA, i nostri dispositivi presentano innovazioni tecniche che li rendono più sicuri, più rapidi e più efficienti. E, al momento, costituiscono un’innovazione unica nel panorama della ricerca mondiale”, spiega Pietro Zito del Laboratorio Diagnostiche del Dipartimento Fusione e Tecnologie per la Sicurezza Nucleare di ENEA.
La principale novità presente nei nuovi dispositivi FDU (Fast Discharge Unit) consiste nella sostituzione dei consueti banchi di resistori[1] in acciaio con varistori[2], ossia dispositivi elettrici la cui resistenza – a differenza dei primi – dipende dalla tensione. In particolare, i varistori utilizzati sono in carburo di silicio, un materiale ceramico e semiconduttore che sta avendo un largo impiego soprattutto nel campo dell’elettronica di alta potenza, alta frequenza e alta temperatura. Questi particolari elementi sono in grado di scaricare l’enorme quantità di energia dei magneti in una decina di secondi con tempi ridotti fino al 70% rispetto alle resistenze tradizionali, riducendo gli stress elettrici e termici sui magneti e sugli altri componenti del sistema: tensioni e temperature sono ridotte di circa il 20%. La rapidità dei tempi di intervento (inferiori a un millesimo di secondo) è garantita da un interruttore totalmente elettronico senza parti in movimento. Vista la criticità dell’applicazione, la protezione è rinforzata da un ulteriore interruttore di ‘back-up’, totalmente elettronico, in grado di intervenire anche in caso di mancato funzionamento dell’interruttore principale, garantendo così alta affidabilità, manutenzione ridotta e dimensioni compatte in termini di area e di volume occupati.
I superconduttori consentono di generare campi magnetici molto elevati che hanno il compito di intrappolare il plasma incandescente alla temperatura record di 150 milioni di gradi centigradi, tenendolo lontano dalle pareti del reattore. Tuttavia, sono soggetti al fenomeno del quench, una improvvisa perdita dello stato di superconduttività (che si manifesta alla temperatura di circa 270 °C sottozero). Questa inattesa transizione allo stato di bassa conduzione con il conseguente surriscaldamento si può propagare rapidamente a tutto il magnete e, viste le elevate energie in gioco, può causare danni irreparabili non solo al magnete stesso ma all’intero impianto. “L’unico sistema per evitare questo tipo di danni consiste nell’estrarre il più rapidamente possibile la considerevole energia magnetica immagazzinata nel sistema. Questo viene realizzato, appunto, tramite le FDU, che costringono la corrente del circuito a scorrere in elementi dissipativi, le resistenze elettriche o i varistori. Questo meccanismo apparentemente banale è reso tecnologicamente molto difficile dal fatto che occorre interrompere una corrente continua fino a 43 kA, scaricando un’energia magnetica dell’ordine di 2 GJ in pochi secondi (come scaricare simultaneamente 800 batterie di automobile). Quindi, possiamo dire che le FDU sono il principale sistema di protezione di un impianto a fusione e, usando un termine più familiare, costituiscono il suo dispositivo salvavita”, spiega Alessandro Lampasi, ricercatore ENEA distaccato presso il Consorzio per la realizzazione di DTT.
A costruire le tre FDU che serviranno a proteggere i diciotto magneti toroidali di DTT sarà la ditta italiana OCEM Energy Technology, specializzata in sistemi elettrici per impianti sperimentali (compresi diversi reattori a fusione sparsi per il mondo), che si è aggiudicata una commessa da circa 8 milioni di euro. La prima FDU è attesa a Frascati, dopo le prove in fabbrica, per la fine del 2023, mentre le altre due saranno pronte negli anni successivi per consentire al nuovo impianto DTT di iniziare le sue operazioni. DTT è un tokamak con magneti superconduttori secondo i più avanzati standard tecnologici a livello mondiale.
Il sistema magnetico di DTT include 18 bobine di campo toroidale in Nb3Sn, 6 moduli per il solenoide centrale e 2 bobine di campo poloidale in Nb3Sn, 4 bobine di campo poloidale in NbTi. Il suo obiettivo è di fornire informazioni decisive per lo sfruttamento della fusione nucleare come fonte di energia. In particolare, in accordo con la Roadmap Europea sulla Fusione, DTT si focalizzerà sullo studio di sistemi per la gestione del calore prodotto dai processi che avvengono nel plasma. Poiché i carichi termici possono raggiungere livelli simili a quelli che si osserverebbero sulla superficie del Sole, l’asportazione del calore e il suo corretto smaltimento, senza deteriorare i materiali e i componenti, è una delle principali criticità e sfide nella costruzione di reattori commerciali a fusione nucleare. Un’ulteriore sfida di DTT consisterà nel verificare i magneti superconduttori alla temperatura di lavoro (circa -270 °C) e a piena corrente (>30 kA) presso la ‘Frascati Coil Cold Test Facility’, in via di allestimento sempre nel Centro Ricerche ENEA di Frascati. I primi test sono previsti a partire dalla fine del 2023.
La società consortile (Scarl) per la costruzione di DTT è costituita da diverse istituzioni scientifiche e imprese italiane, che, oltre al socio di maggioranza ENEA, includono Eni, Cnr, INFN, Consorzio CREATE, Consorzio RFX, Politecnico di Torino, Università di Milano Bicocca, Università di Roma Tor Vergata, Università della Tuscia. Inoltre, allo sviluppo di DTT contribuiscono la Regione Lazio (con uno stanziamento di 25 milioni di euro e la realizzazione delle opere infrastrutturali necessarie, quali la linea elettrica da 300 MW a 150 kV) e partner internazionali come il consorzio europeo EUROfusion; mentre il Comitato Tecnico Scientifico di DTT è composto dai rappresentanti delle principali istituzioni internazionali del settore (tra i quali ITER, F4E, KIT, CEA, PPPL, QST, ASIPP, MIT) per svolgere funzioni di guida, consulenza e monitoraggio del progetto.
[1] I resistori sono componenti elettronici che hanno una specifica, immutabile resistenza elettrica. La resistenza del resistore limita il flusso di elettroni attraverso un circuito. Sono componenti passivi, nel senso che consumano solo energia (e non sono in grado di generarla).
[2] La parola “varistore” è una combinazione delle parole “variabile” e “resistenza”, e in parole povere questo è esattamente ciò che fa questo componente: resiste al passaggio di elettricità in base all’intensità di quest’ultima. Il suo ruolo principale è quello di proteggere i circuiti dalla tensione incontrollata.