La violenta eruzione del vulcano Hunga Tonga-Hunga Ha’apai verificatasi il 15 gennaio 2022 nel bel mezzo dell’Oceano Pacifico, tra la Nuova Zelanda e le isole Fiji, ha generato disturbi atmosferici su scala globale osservati anche nell’atmosfera del Mediterraneo grazie alle stazioni barometriche e infrasoniche dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) installate sui vulcani attivi italiani.
È quanto emerge dallo studio “Propagation of Perturbations in the Lower and Upper Atmosphere over the Central Mediterranean, Driven by the 15 January 2022 Hunga Tonga-Hunga Ha’apai Volcano Explosion” realizzato da un team multidisciplinare di ricercatori dell’INGV, dell’Università degli Studi di Catania e del Servizio Informativo Agrometeorologico Siciliano (SIAS), recentemente pubblicato sulla rivista internazionale ‘Atmosphere’ di MDPI.
“L’eruzione cataclismica dell’Hunga Tonga-Hunga Ha’apai del 2022 ha innescato un aumento enorme di elettroni totali nella ionosfera e un’onda di pressione atmosferica che ha viaggiato per migliaia di chilometri nella troposfera, provocando vibrazioni del suolo e perturbazioni secondarie”, spiega Alessandro Bonforte, ricercatore dell’INGV e co-autore dello studio. “Analizzando i dati barometrici raccolti a terra abbiamo evidenziato come queste ‘onde’ di pressione sono state riflesse e diffratte dalla superficie terrestre, creando una complessa dinamica spazio-temporale tra le perturbazioni atmosferiche che hanno viaggiato sulla Sicilia, guidate dall’interferenza tra i diversi fronti d’onda”.
I dati che hanno permesso di studiare i disturbi atmosferici generati dall’eruzione sono stati raccolti da numerose strumentazioni dell’INGV: le stazioni barometriche e infrasoniche sui vulcani attivi in Italia, da Catania ai Campi Flegrei in Campania; le reti TROPOMAG, le ionosonde installate a Gibilmanna (PA) per l’analisi delle perturbazioni nella ionosfera; la rete RING dedicata al monitoraggio in continuo delle deformazioni del suolo attraverso il sistema GNSS; la rete per il monitoraggio del flusso di anidride carbonica (CO2) sull’isola di Vulcano. Inoltre, per lo studio sono stati acquisiti anche i dati rilevati dalla rete SIAS della Regione Siciliana dedicata allo studio dell’interazione tra orografia e onde di pressione.
L’Hunga Tonga-Hunga Ha’apai è un vulcano storicamente noto per aver prodotto, circa 900 anni fa, una serie di grandi eruzioni seguite da numerosi eventi meno energetici, il penultimo dei quali aveva formato una nuova isola tra il 2014 e il 2015. L’eruzione più recente, quella del 2022, si è affermata come la più violenta degli ultimi 138 anni, paragonabile a quelle del Krakatau (1883) e del Pinatubo (1991).
“Studi recenti avevano già evidenziato come fenomeni naturali estremi quali terremoti, tsunami ed eruzioni vulcaniche possano innescare delle onde acustiche e gravitazionali che si propagano verso l’alto nell’atmosfera e nella ionosfera: le misure raccolte con il nostro lavoro hanno confermato il passaggio nell’area del Mediterraneo meridionale della perturbazione atmosferica generata dall’eruzione (propagatasi a una velocità di circa 310 m/s ), identificando gli effetti prodotti dalla topografia terrestre sull’onda di pressione e la relazione tra l’onda acustica in troposfera e la perturbazione indotta sul plasma ionosferico”, conclude Paolo Madonia, ricercatore dell’INGV e co-autore dello studio.
I due passaggi dell’onda d’urto sul Mediterraneo sono stati registrati da una rete di sensori multiparametrici sondando l’atmosfera a diverse altezze. I dati acquisiti possono essere interpretati come uno shock test in grado di fornire informazioni sulla risposta atmosferica, a scala terrestre, a effetti di pressione di breve durata come quelli innescati da esplosioni vulcaniche. Questi eventi sono tipici di condizioni atmosferiche turbolente, sempre più frequenti a causa dell’accelerazione dei fenomeni meteorologici causati dai cambiamenti climatici.
Pertanto, avere reti di acquisizione operanti ad alte frequenze e a diverse quote, come quelle sviluppate per la sorveglianza dei vulcani attivi, in grado di rilevare fenomeni di breve durata (come le esplosioni vulcaniche), ha consentito di poter acquisire dati altamente affidabili. Al contrario, invece, delle normali reti meteorologiche, composte da stazioni distanti tra loro decine di chilometri e che acquisiscono dati a bassa frequenza, risultando inadeguate per la rilevazione di segnali come quelli generati dall’esplosione del vulcano Hunga.