I brillamenti solari (flare), potenti esplosioni di radiazioni generate dal Sole, sono spesso preceduti da una “scintilla“: la scoperta potrebbe portare a previsioni migliori delle tempeste solari, che possono avere effetti, anche gravi, sulla Terra, come interruzioni delle reti elettriche e dei sistemi di comunicazione.
Gli scienziati hanno scandagliato anni di dati dal Solar Dynamics Observatory (SDO) della NASA, un satellite che osserva il Sole dal 2010. Dagli anni ’70 e ’80 i ricercatori hanno osservato queste scintille pre-flare, utilizzando strumenti come osservatori a terra, quindi si avevano già prove aneddotiche sulla correlazione di scintille e bagliori ha spiegato a Live Science KD Leka, ricercatore senior presso NorthWest Research Associates (NWRA) a Boulder, in Colorado. Quarant’anni fa però gli scienziati non avevano strumenti come SDO, che osserva e registra costantemente l’attività del Sole dallo Spazio. “Le immagini hanno sicuramente aiutato scienziati e meteorologi a capire quando è probabile che una regione attiva sia produttrice di bagliori,” ha affermato Leka.
I brillamenti solari, la scintilla prima della fiamma
In una nuova serie di articoli pubblicati su The Astrophysical Journal, Leka e il suo team hanno setacciato quasi un decennio di dati di SDO, concentrando l’attenzione sulle regioni attive del Sole, note come macchie solari. Queste aree scure sono luoghi in cui il campo magnetico del Sole è particolarmente attivo a causa delle contorsioni profonde all’interno della stella: queste fanno sì che il campo magnetico del Sole si attorcigli e si aggrovigli. Quando quelle linee del campo magnetico tornano alla loro forma originale, si verifica un’enorme esplosione di energia dalla superficie.
Queste esplosioni possono manifestarsi come brillamento solare o espulsione di massa coronale (CME). I brillamenti solari sono intense ondate di raggi X ed energia che si diramano in tutte le direzioni. L’energia elettromagnetica si muove alla velocità della luce e può arrivare sulla Terra in 8 minuti. Le CME, al contrario, sono esplosioni di particelle altamente cariche che si muovono verso una particolare direzione, e lo fanno più lentamente, da 250 a 3.000 km/s, e quindi possono essere necessari diversi giorni prima che una CME raggiunga la Terra.
Entrambi i tipi di esplosione possono causare danni ai sistemi energetici e alle telecomunicazioni sulla Terra, ma sono generalmente innocui per gli esseri umani e per gli altri esseri viventi.
In migliaia di terabyte di dati di SDO, Leka e il suo team hanno scoperto che i brillamenti solari sono spesso associati a un momento di luminosità, come quando si accende un fiammifero e si vede la scintilla prima della fiamma. Queste scintille si sono verificate fino a un giorno prima che i bagliori scoppiassero dalla stessa regione del Sole, hanno scoperto gli autori.
Le scintille sul Sole come i terremoti per le eruzioni vulcaniche
I risultati, sebbene entusiasmanti per la nostra comprensione della fisica solare, non significano che gli scienziati possano ora prevedere i brillamenti solari, ha affermato Leka. Si può considerare alla stregua della previsione di un’eruzione vulcanica: i terremoti vicino a un vulcano attivo indicano agli scienziati che il magma sotterraneo è in movimento e potrebbe portare a un’eruzione. Quindi gli scienziati monitorano le scosse e modificano i modelli per prevedere quando potrebbe verificarsi un’eruzione, ma nessun singolo terremoto può predire, con certezza assoluta, un’eruzione vulcanica.
“In futuro, la combinazione di tutte queste informazioni dalla superficie attraverso la corona dovrebbe consentire ai meteorologi di fare previsioni migliori su quando e dove si verificheranno i brillamenti solari,” ha affermato la coautrice dello studio Karin Dissauer, della NWRA.