Il 12 gennaio è stato pubblicato su Cell, una delle riviste scientifiche più prestigiose al mondo, uno studio molto importante realizzato da un autorevolissimo team di studiosi guidato da David A. Sinclair, biologo australiano riferimento mondiale per la ricerca sull’invecchiamento e l’epigenetica. Lo studio, che arriva dopo un lavoro impressionante durato 13 anni, dimostra che l’invecchiamento è un processo reversibile e può segnare una svolta in termini di applicazioni mediche sugli esseri umani al punto di ipotizzare addirittura realistici scenari che possano bloccare l’invecchiamento.
Che sia la scoperta dell’elisir della vita eterna è certamente esagerato, anche perché si tratta al momento di esperimenti effettuati sui topi, ma i risultati sono così sbalorditivi che certamente aprono a scenari davvero incredibili.
Lo studio evidenzia come nei nostri organismi il panorama epigenetico viene eroso dalle risposte cellulari alle rotture del DNA a doppio filamento tramite il processo dell’entropia, cioè la perdita di informazioni genetiche ed epigenetiche. L’invecchiamento, quindi, accelera per la perdita di informazioni epigenetiche. Ma questi cambiamenti sono reversibili mediante una riprogrammazione epigenetica: manipolando l’epigenoma, l’invecchiamento può essere spinto avanti e indietro a piacimento.
I ricercatori, per realizzare questo studio hanno prodotto dei “tagli” temporanei nel DNA di topi di laboratorio con l’obiettivo di imitare le continue “rotture” nei cromosomi che le cellule dei mammiferi sperimentano quotidianamente in risposta a semplici atti come la respirazione, l’esposizione alla luce UV, l’alimentazione e qualsiasi altra attività giornaliera. Gli scienziati, ovviamente, hanno velocizzato il processo in laboratorio accelerando il numero di rotture e di tagli per simulare la vita dell’animale per verificare se l’invecchiamento può derivare da questo processo. Gli scienziati hanno notato che i tagli del DNA si riparavano e questo processo di riparazione determinava indirettamente l’invecchiamento a livello fisiologico, cognitivo e molecolare, per l’erosione del paesaggio epigenetico. I topi, quando hanno perso la loro funzione epigenetica giovanile, hanno iniziato a sembrare vecchi e comportarsi da vecchi con un vertiginoso aumento dei biomarcatori che indicano l’invecchiamento. Rispetto ai topi non trattati, quelli trattati erano invecchiati molto di più.
I ricercatori quindi hanno preso i topi trattati e gli hanno somministrato una terapia genica per invertire i cambiamenti epigenetici, tramite una terapia già utilizzata dallo stesso Sinclair in un precedente studio che aveva fatto scalpore in tutto il mondo perché aveva consentito il ripristino della vista nei topi ciechi. Ebbene, anche stavolta i topi precedentemente fatti invecchiare hanno risposto positivamente alla terapia e sono tornati giovani. Un ripristino di gioventù che nello studio viene definito come “permanente”, anche se non è ancora chiaro il dettaglio di come la terapia sia riuscita ad invertire questo fenomeno. L’ipotesi è che le cellule dei mammiferi mantengano una sorta di copia di backup che può consentire un ritorno alla giovinezza, se stimolato nel modo opportuno.
Questo esperimento dimostra che manipolando l’epigenoma, l’invecchiamento può essere spinto avanti e indietro a piacimento. Adesso i risultati dovranno essere replicati nei mammiferi più grandi e negli esseri umani, tanto che sono iniziati gli studi preliminari studi sui primati. Se la risposta sarà anche in questo caso positiva, anche per gli esseri umani si potranno aprire le porte dell’eterna giovinezza.