Clima, Vamborg (Copernicus): “l’Europa deve abituarsi agli inverni sempre più caldi”

Con l'aumento delle temperature globali, le ondate di calore e i periodi di caldo diventano più frequenti e più intensi, anche in inverno
MeteoWeb

I primi 10 giorni del 2023 hanno già fatto registrare diversi record all’Europa. Il clima è eccessivamente mite per la stagione, la neve scarseggia sulle Alpi e sui Pirenei e in molte regioni sono state registrate temperature superiori ai +20°C intorno a Capodanno. Un caldo invernale “estremo” che, secondo Freja Vamborg, scienziata di Copernicus, rischia di diventare la norma.  

Il 1° gennaio sul continente è arrivato un forte flusso di aria da sud-ovest che ha portato aria più calda molto a nord, insolitamente nell’Europa orientale, fino alla Bielorussia. E la circolazione delle masse d’aria in una determinata situazione meteorologica e il cambiamento climatico non sono due cose indipendenti. “Il climate change stesso – spiega l’esperta – ha un effetto sul movimento di queste masse d’aria e anche un impatto sulla loro temperatura”. La conseguenza è che con l’aumento delle temperature globali, le ondate di calore e i periodi caldi diventano più frequenti e più intensi, non soltanto nei mesi estivi. Gli inverni più caldi comportano, da un lato, una riduzione del fabbisogno di riscaldamento e, dall’altro, una scarsa copertura nevosa, che influisce sull’industria del turismo invernale.  

Ma non solo. “Negli ecosistemi naturali – spiega Vamborg – gli impatti includono il rischio di un risveglio anticipato dal letargo, che può essere molto negativo per gli animali se un’ondata di freddo o gelate si verificano più tardi”.  L’impatto complessivo dipenderà dalla durata e dall’intensità dell’evento.  

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