La missione ESA/JAXA BepiColombo, in viaggio verso Mercurio, e Solar Orbiter ESA/NASA, che sta osservando il Sole da diverse prospettive, stanno entrambi usando una serie di assist gravitazionali da Venere per cambiare le traiettorie e inserirsi nella giusta rotta. Il 9-10 agosto 2021, le missioni hanno sorvolato il pianeta a distanza di un giorno l’una dall’altra, inviando osservazioni catturate sinergicamente da 8 sensori e 2 punti di osservazione. I risultati sono stati pubblicati su Nature Communications.
A differenza della Terra, Venere non genera un campo magnetico intrinseco nel suo nucleo. Tuttavia, una debole “magnetosfera indotta” a forma di cometa viene creata intorno al pianeta dall’interazione del vento solare – il flusso di particelle cariche emesse dal Sole – con le particelle elettricamente cariche nell’alta atmosfera del pianeta. Attorno a questa bolla magnetica, il vento solare viene rallentato, riscaldato e deviato come la scia di una barca in una regione chiamata “magnetoguaina”.
Durante il sorvolo, BepiColombo è passato lungo la lunga coda della guaina magnetica ed è emerso nelle regioni magnetiche più vicine al Sole. Nel frattempo, Solar Orbiter ha catturato il pacifico vento solare dalla sua posizione davanti a Venere.
“Queste doppie serie di osservazioni sono particolarmente preziose perché le condizioni del vento solare sperimentate da Solar Orbiter erano molto stabili. Ciò significava che BepiColombo aveva una visione perfetta delle diverse regioni all’interno della magnetoguaina e della magnetosfera, indisturbata dalle fluttuazioni dell’attività solare,” ha spiegato l’autore principale Moa Persson dell’Università di Tokyo a Kashiwa, in Giappone.
Il sorvolo di BepiColombo è stata una rara opportunità per indagare sulla “regione di stagnazione”, un’area nella magnetosfera dove si osservano alcuni dei maggiori effetti dell’interazione tra Venere e il vento solare. I dati raccolti hanno fornito la prima prova sperimentale in base alla quale le particelle cariche in questa regione sono rallentate in modo significativo dalle interazioni tra il vento solare e Venere, e che la zona si estende per una distanza inaspettatamente grande di 1.900 chilometri sopra la superficie del pianeta.
Le osservazioni hanno anche mostrato che la magnetosfera indotta fornisce una barriera stabile che protegge l’atmosfera di Venere dall’erosione del vento solare. Questa protezione rimane robusta anche durante il minimo solare, quando minori emissioni ultraviolette dal Sole riducono la forza delle correnti che generano la magnetosfera indotta. La scoperta, contraria alle precedenti previsioni, getta nuova luce sulla connessione tra campi magnetici e perdite atmosferiche dovute al vento solare.
“L’efficacia di una magnetosfera indotta nell’aiutare un pianeta a mantenere la sua atmosfera ha implicazioni per comprendere l’abitabilità degli esopianeti senza campi magnetici generati internamente,” ha affermato il coautore Sae Aizawa dell’Istituto di scienze spaziali e astronautiche (ISAS) della JAXA.
BepiColombo comprende una coppia di veicoli spaziali, Mio, il Mercury Magnetospheric Orbiter gestito da JAXA, e MPO, il Mercury Planetary Orbiter gestito dall’ESA. Lo studio ha combinato i dati dei quattro sensori di particelle di Mio, il magnetometro e un altro strumento di particelle su MPO, e il magnetometro e l’analizzatore del vento solare su Solar Orbiter. Gli strumenti di modellazione meteorologica spaziale SPIDER di Europlanet hanno permesso ai ricercatori di tracciare in dettaglio in che modo le caratteristiche del vento solare osservate da Solar Orbiter sono state influenzate mentre si propagavano verso BepiColombo attraverso la guaina magnetica venusiana.
“Gli importanti risultati di questo studio dimostrano come l’accensione dei sensori durante i sorvoli planetari e le fasi di crociera possano portare a scoperte uniche,” ha affermato il coautore Nicolas Andre, coordinatore del servizio Europlanet SPIDER presso l’Institutde Recherche en Astrophysique et Planétologie (IRAP) a Tolosa, in Francia.