Valutare l’eventuale impatto sulla salute dell’esposizione ai campi elettromagnetici generati dalla tecnologia di telefonia mobile 5G. È questo l’obiettivo del progetto Ue SEAWave[1], finanziato nell’ambito di Horizon Europe con un budget di oltre 7 milioni di euro e condotto da un consorzio di 16 partner di ricerca, tra cui ENEA.
Coordinato dall’Università Aristotele di Salonicco (Grecia), il progetto punterà, nei tre anni di attività, a identificare le differenze nei modelli di esposizione tra le reti 2G, 3G e 4G rispetto al 5G per l’intera popolazione, compresi i bambini e i lavoratori. Inoltre, fornirà gli strumenti tecnologici necessari per una valutazione affidabile dell’esposizione e per contribuire alla conoscenza scientifica sul rischio per la salute umana da esposizione alle onde millimetriche.
“In questo progetto contribuiremo a sviluppare nuovi sistemi hi-tech che ci consentiranno esposizioni controllate e riproducibili alle emissioni elettromagnetiche della rete 5G. In questo modo, saremo in grado di testare i potenziali rischi correlati a un’esposizione cronica alla nuova banda di frequenza per i tessuti bersaglio, in particolare quello cutaneo”, spiega Mariateresa Mancuso, responsabile del Laboratorio ENEA Tecnologie biomediche e coordinatrice del progetto per l’Agenzia. “Nei nostri laboratori – prosegue la ricercatrice – sono stati già condotti in passato studi sugli effetti biologici dei campi elettromagnetici associati alle precedenti tecnologie di telefonia mobile 2G, 3G e 4G; in particolare, la ricerca ENEA si è concentrata sul sistema immunitario, nervoso, ematopoietico[2], uditivo e nella cancerogenesi. Ma in tutti i casi, non sono stati evidenziati risultati significativamente diversi rispetto ai gruppi sperimentali non esposti”.
L’utilizzo dello spettro di frequenza del 5G è suddiviso in tre bande di frequenza: la prima è quella compresa tra i 694 e i 790 MHz (detta Banda 700 MHz) che garantisce la migliore efficacia nella penetrazione del segnale all’interno degli edifici; la seconda è la banda intermedia tra i 3,6 e i 3,8 GHz (definita Banda 3,7 GHz), mentre la terza è quella compresa tra i 26,5 e i 27,5 GHz (denominata Banda 26 GHz). Quest’ultima rientra nella definizione delle cosiddette onde millimetriche, che consentiranno il trasferimento rapido ed efficiente di grandi quantità di dati ma avranno necessità di una rete più diffusa[3], soprattutto in quei luoghi dove è previsto un grande utilizzo come aeroporti, stazioni e centri commerciali. La tecnologia 5G, oltre all’impiego nell’ambito della telefonia mobile, consentirà l’utilizzo di nuove e rivoluzionarie applicazioni, come per esempio l’Internet delle cose (IoT) e le connessioni veloci tra macchine (i droni), ma anche quelle critiche come la guida autonoma e la telechirurgia. Inoltre, sarà tra i principali fattori abilitanti di tutte le nuove tecnologie come l’intelligenza artificiale, il cloud computing e la realtà virtuale.
“I chiari vantaggi offerti da questa nuova tecnologia basata sulle onde millimetriche e l’impatto sull’economia mondiale sono ormai indiscussi. Bisogna considerare, però, che è la prima volta che le frequenze nella banda del 5G vengono impiegate per la connessione di dispositivi palmari, utilizzabili in prossimità del corpo o addirittura indossabili. Quindi, risulta quanto mai necessaria una corretta valutazione del rischio sulla salute – basata completamente sull’evidenza scientifica – per verificare eventuali rischi per l’uomo”, conclude Mariateresa Mancuso.
[1] “Scientific-Based Exposure and Risk Assessment of Radiofrequency and mm-Wave Systems from children to elderly (5G and Beyond)”
[2] Il sistema emopoietico è formato dagli organi responsabili dell’emopoiesi, cioè della produzione degli elementi cellulari del sangue: i globuli rossi, i globuli bianchi e le piastrine.
[3] Nella banda di frequenza più elevata (27,5 GHz) i campi elettromagnetici non riescono a propagarsi a lunga distanza, in quanto non riescono a penetrare gli edifici e vengono facilmente assorbiti dalla vegetazione o dalla pioggia. Per fornire una copertura ottimale del segnale, si dovranno utilizzare ‘small cells’ (porzioni di territorio servite da una singola antenna). Le dimensioni di queste celle (qualche decina di metri in ambiente indoor e qualche centinaio di metri in ambienti outdoor) sono di gran lunga inferiori a quelle servite dalle classiche macrocelle (fino a qualche decina di chilometri) attualmente presenti sul territorio. Di conseguenza, il numero di antenne aumenterà progressivamente, anche se, vista la piccola dimensione delle celle, le loro potenze di emissione saranno notevolmente inferiori rispetto a quelle delle attuali stazioni radiobase, con picchi di emissione più bassi in prossimità delle antenne stesse.