L’amplificazione del moto sismico in Pianura Padana durante il terremoto in Turchia del 6 febbraio

Il terremoto che ha colpito la Turchia il 6 febbraio è stato registrato anche in Italia dalla Rete Sismica Nazionale: l'analisi dell'INGV
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“Il 6 febbraio 2023 alle 01:17:36 UTC l’area meridionale della Turchia è stata colpita da un terremoto di magnitudo momento Mw 7.9 con epicentro localizzato tra le città di Gaziantep e Kahramanmaraş. Il terremoto che si è sviluppato in corrispondenza della Faglia Anatolica Orientale (EAF, East Anatolian Fault) ha causato, ad oggi, oltre 50.000 vittime e gravi danni nelle regioni della Turchia meridionale e della Siria settentrionale. Eventi sismici così energetici sono rari, ma consentono ai sismologi di indagare alcuni aspetti per i quali sono necessarie onde sismiche di elevata energia e di notevole durata. Quando si verifica un terremoto, la Terra ha la funzione di un filtro che trasmette in modo più efficiente le onde sismiche a bassa frequenza (ovvero minori di 1 Hz) ed attenua quelle ad alta frequenza. Le onde sismiche di terremoti di elevata magnitudo sono registrate, da molte stazioni sismiche installate su tutto il globo che, essendo molto distanti dall’epicentro, forniscono sismogrammi particolarmente ricchi di segnali in bassa frequenza molto utili per studi  multidisciplinari e multiscala del sottosuolo (es. tomografia sismica profonda per studi di geodinamica a grande scale, modelli di velocità per lo studio dell’amplificazione sismica in grandi bacini sedimentari ecc.)”. Lo riporta un articolo pubblicato sul blog INGVterremoti a cura di Marco Massa (INGV-Mi), Sandro Rao e Alfonso Mandiello (INGV-ONT), Sara Lovati, Ezio D’Alema, Andrea Luca Rizzo, Rodolfo Puglia, Fabio Varchetta, Elisa Ferrari, Gemma Musacchio, Santi Mirenna e Lucia Luzi (INGV-Mi).

“Il terremoto che ha colpito la Turchia il 6 febbraio è stato registrato anche in Italia dalla Rete Sismica Nazionale (RSN) gestita dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, oltre che dalla rete broad-band MedNet e da altre reti e stazioni appartenenti ad altri enti di ricerca italiani o autorità locali (es. la rete dell’Italia Nord-Occidentale e della Lunigiana-Garfagnana gestita dall’Università di Genova;  le reti dell’Italia Nord-Orientale gestita dal Centro Ricerche Sismologiche, CRS, dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale, OGS; le reti della provincia autonoma di Trento e del Sudtirolo; la rete dell’Irpinia, ISNet, gestita dall’Università Federico II di Napoli; la rete dell’Università di Bari, Otrions; http://terremoti.ingv.it/instruments).

In particolare, la RSN si compone ad oggi di oltre 500 stazioni ubicate su tutto il territorio italiano in grado di trasmettere dati in tempo reale alla Sala di Sorveglianza Sismica dell’INGV di Roma, dove vengono acquisiti ed archiviati per garantire un servizio h24 di localizzazione e valutazione della magnitudo degli eventi sismici a scala nazionale (Margheriti et al., 2021), ma anche nell’area mediterranea e a scala globale. Nel dettaglio, le analisi preliminari delle stazioni della RSN sono state effettuate considerando i dati registrati da circa 200 stazioni caratterizzate da un sensore velocimetrico broad-band, ovvero con periodo proprio pari a 40 s o superiore”, scrivono gli esperti INGV.

“Per tutte le stazioni sono state calcolate la velocità di picco (Peak Ground Velocity – PGV, cm/s) e l’accelerazione di picco (Peak Ground Acceleration – PGA, gal) del movimento del terreno. Le onde sismiche prodotte dalla sorgente del terremoto della Turchia prima di arrivare in Italia hanno percorso all’interno della Terra una distanza compresa tra circa 1700 e 2700 km. Un aspetto interessante è che le ampiezze in velocità di alcuni sismogrammi registrati in Italia sono risultate simili a quelle che si otterrebbero per un terremoto locale di magnitudo circa 4.0 in condizioni cosiddette di near field (campo vicino: termine usato dai sismologi per definire un evento localizzato a pochi chilometri di distanza dai siti di registrazione). Ne è un esempio la stazione di Milano (MILN, in figura 1) che ha registrato dal terremoto in Turchia, distante circa 2400 km, onde sismiche trasmesse con un valore massimo di PGV pari a 0.56 cm/s di poco inferiore al valore di 0.60 cm/s, registrato allo stesso sito per il terremoto avvenuto vicino Dalmine (BG) il 18 dicembre 2021, Mw 3.9, a soli 25 km di distanza”.

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Figura 2. Valori della velocità di picco (Peak Ground Velocity – PGV) rispetto alla distanza epicentrale (R-epi, km) approssimando la curvatura terrestre. Sono mostrati i valori di PGV per le componenti verticale (HHZ) e le due orizzontali Nord-Sud (HHN) ed Est-Ovest (HHE). I colori dei simboli sono relativi alla categoria di suolo su cui poggiano le stazioni secondo la vigente normativa italiana (NTC 2018), dove la lettera A è riferita a roccia, e le lettere da B ad E sedimenti più soffici. Il grafico in basso rappresenta il rapporto tra i picchi di PGV sulle componenti orizzontali NS ed EW. NDIM=stazione Novi Modena (MO); BOZZ è la stazione di Bozzolo (PR); ORZI è la stazione di Orzinuovi (BS); MILN è la stazione di Milano. Le posizioni sono indicate in figura 1

Considerando i valori di picco in velocità (PGV) registrati dalle stazioni broad-band della Rete Sismica Nazionale riportati sia in figura 1 (pannello a sinistra) sia nei grafici di figura 2 si può osservare come le stazioni ubicate in Nord Italia, in corrispondenza delle spesse coltri sedimentarie del bacino padano veneto (Pieri e Groppi, 1981;  Carminati e Doglioni, 2012) mostrino nella maggior parte dei casi valori di velocità di movimento del terreno (indicato dai sismologi come moto del suolo) superiori alla maggior parte delle altre stazioni ubicate in altri siti del territorio nazionale. E’ da sottolineare che ciò accade nonostante le stazioni del Nord Italia abbiano in alcuni casi una distanza dall’epicentro del terremoto turco di oltre 1000 km superiore a quella di alcune stazioni ubicate in Sud Italia; se considerassimo gli effetti dell’attenuazione con la distanza e non l’effetto di amplificazione dei sedimenti della Pianura Padana ci aspetteremmo infatti l’esatto opposto. In generale, per la quasi totalità delle stazioni italiane il rapporto tra i picchi di velocità registrati sulle componenti orizzontali di moto del suolo è generalmente più elevato nella direzione NS. Ciò suggerisce che l’amplificazione presenta anche un effetto legato alla direzione di propagazione. In generale i valori di amplificazione alle stazioni poste al centro del bacino padano risultano almeno doppi rispetto a quelli misurati sui bordi del medesimo e molto superiori rispetto a stazioni sismiche installate su roccia o suolo rigido, in corrispondenza di zone alpine o prealpine.

Le analisi preliminari mettono in luce un ulteriore aspetto. Abbiamo studiato il contenuto energetico del terremoto in funzione della frequenza osservando la densità spettrale calcolata con gli spettri di potenza (PSD, Power Spectral Density, Peterson, 1993). In figura 3, a titolo di esempio, vengono mostrati gli spettri di potenza delle registrazioni alla stazione sismica di Milano per la giornata del 6 febbraio 2023 convertiti in funzioni di densità di probabilità (PDF, Probability Density Functions, McNamara and Buland, 2004), con l’obiettivo di evidenziare l’occorrenza e l’ampiezza delle onde sismiche rispetto al rumore antropico di fondo”, scrivono i ricercatori INGV.

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Figura 3. Spettri di potenza (PSD) in unità di decibel (dB) e relative funzioni di densità di probabilità (PDF) calcolate alla stazione sismica di Milano per le 24 ore del giorno 6 febbraio 2023 dove si evidenziano nel range di frequenza 0.01-0.1 Hz le funzioni rappresentative dell’occorrenza della sequenza sismica in studio (riquadro rosso in tratteggio). Le funzioni che raggiungono il valore di -60dB sono relative al terremoto più forte, di magnitudo Mw 7.9. Elaborazioni da http://ismd.mi.ingv.it (doi: 10.1785/0220140024, Massa et al., 2021)

“Un confronto tra registrazioni su suolo rigido (stazione Roverè Veronese, ROVR, in mappa di figura 1) e soffice (Milano, MILN) è riportato in figura 4, dove sono rappresentati gli spettri di potenza dei segnali registrati per le 24 ore del giorno 6 febbraio suddivisi per diversi intervalli di frequenza, come riportato nella legenda della figura 4. In entrambe le stazioni si evidenziano i due eventi principali di magnitudo Mw 7.9 e Mw 7.5 nell’intervallo di frequenza tra 0.01 Hz e 0.1 Hz, con valori di ampiezza superiori rispetto al livello di rumore antropico del sito”.

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Figura 4. Spettri di potenza (PSD, Power Spectral Density, Peterson, 1993) calcolate alle stazioni sismiche di Milano (MILN) e Roverè Veronese (ROVR), poste rispettivamente su sedimenti e su roccia. I diagrammi in alto sono le componenti EW, quelli in basso sono le componenti NS. I diversi colori indicano differenti intervalli di frequenza considerati. E’ indicato anche il livello di rumore (noise) antropico che nella stazione MILN è superiore alle ampiezze del segnale a più bassa frequenza (minori di 5 Hz). Le registrazioni si riferiscono a un intervallo di tempo di 24 ore nel giorno 6 febbraio 2023. Elaborazioni da http://ismd.mi.ingv.it (doi: 10.1785/0220140024, Massa et al., 2021)

“E’ interessante osservare come la stazione su roccia (ROVR) abbia registrato segnali a bassa frequenza con ampiezze molto inferiori rispetto alla stazione posta su sedimenti (MILN), come confermato dal confronto diretto delle forme d’onda mostrato in figura 5″.

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Figura 5. A sinistra, confronto delle forme d’onda della componente NS per MILN (in alto) e ROVR (in basso). A destra, sovrapposizione tra le due forme d’onda mostrate nei pannelli di sinistra: la stazione MILN registra un segnale significativamente amplificato rispetto a ROVR per effetto della coltre sedimentaria del bacino padano. Sono indicate le principali fasi sismiche (P ed S) registrate dalle stazioni

“Guardando la figura 5, si nota bene come la stazione ROVR sia in grado di apprezzare meglio il movimento della superficie del terreno in bassa frequenza, intorno a 0.05 Hz rispetto a MILN che esalta in maniera evidente una fase successiva caratterizzata da frequenza tra 0.07 e circa 0.1 Hz.  L’amplificazione registrata dalla stazione MILN è dovuta alla coltre sedimentaria del bacino padano”, si legge ancora.

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Figura 6. funzioni tempo frequenza per le componenti orizzontali NS ed EW delle stazioni di MILN e ROVR in occasione dell’evento principale di magnitudo Mw 7.9

Gli spettrogrammi riportati in figura 6 confermano le precedenti analisi. I siti su roccia rigida e con bassi livelli di rumore antropico (ROVR in figura 6) hanno in questo caso amplificato maggiormente il movimento del terreno (fase strong-motion) intorno a 0.05 Hz. Queste analisi, seppur preliminari, rivelano aspetti importanti per lo studio dell’effetto dei sedimenti sulle onde sismiche considerando in particolare che l’amplificazione sismica locale causata dai bacini sedimentari riveste una rilevanza particolare se si pensa che molte città metropolitane (es. Massa et al., 2022) e attività produttive si trovano in aree di bacino.

In occasione del terremoto della Turchia del 6 febbraio 2023 (Mw 7.9), per tutti i siti del Pianura Padana è stato possibile osservare l’influenza della coltre sedimentaria nella propagazione delle onde sismiche che ha favorito l’amplificazione del moto registrato in un intervallo di frequenza di poco inferiore a 0.1 Hz, in prossimità del quale è evidente una prevalente polarizzazione del segnale in direzione 0-40° N”, concludono gli esperti INGV.

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