Il Covid non è sparito, anzi, ma non fa più paura: ci conviviamo. “I casi gravi sono rarissimi“, spiegano i medici. “E il merito è della percentuale di vaccinati“. Il virus si è addomesticato, è più contagioso ma si è indebolito: sono quasi spariti sintomi come perdita di gusto e olfatto, mentre rimangono affezioni più o meno gravi a livello dell’apparato respiratorio. Tuttavia l’impatto sugli ospedali è minimo e, nel complesso, la pandemia non spaventa più. Risultato: in pochi si vaccinano e il business che ha arricchito una ‘nicchia’ di Big Pharma si sta sgonfiando.
La pacchia è finita
Le tre proprietarie dei vaccini anti-Covid più diffusi e costosi: Pfizer, BioNTech e Moderna nel 2021 hanno incassato circa 90 miliardi di dollari, con profitti che si sono aggirati sui 41 miliardi. Ora però la pacchia è finita, il filone d’oro si è prosciugato e le aziende corrono ai ripari.
La testimonianza di un farmacista
Per sondare il polso del settore e capire meglio la situazione, basta recarsi in farmacia. A Roma in una grande struttura di Monteverde, la titolare ascolta pazientemente un cliente che è preoccupato per il padre novantenne che vorrebbe fare la quinta dose.
“Provi a rivolgersi al numero verde della Regione – risponde la farmacista – Sicuramente sapranno indicarle qualche struttura vicina, ancora funzionante. Io le consiglio l’ospedale Forlanini. Noi non svolgiamo più il servizio di vaccinazione. C’è troppo poca richiesta e le confezioni dei vaccini contengono sei dosi, non solo una come per l’anti-influenzale. Il problema per noi farmacisti è che se apriamo la confezione e non facciamo tutte le sei dosi, le fiale rimanenti le dobbiamo buttare e di questi tempi è praticamente impossibile trovare sei clienti al giorno. Non ci sono. Per cui non è conveniente organizzare il servizio”.
Insomma, il business dei vaccini si è sgonfiato e se con la lente si passa dalla situazione ‘micro’ di una farmacia alla situazione ‘macro’ di una grande azienda, la differenza sostanzialmente non cambia: la nicchia dei produttori di vaccini dovrà dimagrire e tornare alla normalità.
I conti di Pfizer
Basta scorrere l’ultima trimestrale di Pfizer per rendersene conto. Il colosso farmaceutico americano prevede un forte calo delle vendite annuali nel 2023 a causa dell’allentamento dell’emergenza pandemica e dei ridotti contributi del suo vaccino Covid-19 e della medicina antivirale: dal livello record di 100,3 miliardi di dollari di ricavi del 2022 Pfizer quest’anno scenderà parecchio e non stima di andare oltre i 67-73 miliardi di dollari. Anche sugli utili l’azienda ha sforbiciato molto e dal livello record di 6,58 dollari ad azione del 2022, calerà a 3,25-3,45 dollari, ben al di sotto delle attese degli analisti, che sono di 4,42 dollari ad azione.
Quanto peserà l’attenuarsi del Covid-19 sui conti delle aziende
Pfizer fa sapere che le vendite del suo vaccino e del suo antivirale scenderanno rispettivamente dai 37,8 e 18,9 miliardi di dollari del 2022 a 13,5 e 8 miliardi di dollari di quest’anno. Insomma, un tonfo, una discesa in picchiata, che l’amministratore delegato, Albert Bourla, con parole diplomatiche definisce un “anno di transizione” per l’azienda.
“Nel 2022 – ha spiegato Bourla – abbiamo venduto a prezzi da pandemia più cicli di trattamento di quanti ne siano stati utilizzati alla fine. Ciò ha portato a una creazione di scorte governative che prevediamo venga assorbita nel 2023, probabilmente nella seconda metà. In quel periodo, prevediamo di iniziare a vendere Paxlovid attraverso i canali commerciali a prezzi commerciali. Io stesso – ha aggiunto, dopo aver reso noto via Twitter di essere risultato positivo al Covid – mi sto curando con la pillola dell’antivirale Paxlovid”.
Una diminuizione attesa
Insomma, anche Pfizer, dopo aver fatto il pieno di utili con le cure anti-Covid, sta tornando alla normalità e, da un mercato governativo ritorna a un mercato privato, preparandosi a lanciare un gran numero di nuovi prodotti, nella speranza che i ricavi dei prodotti Covid-19 crescano nel 2024 dopo aver toccato un minimo nel 2023.
Nello specifico, Pfizer ha annunciato un calo delle vendite maggiore del previsto per quest’anno di due prodotti chiave: il vaccino Comirnaty e il trattamento antivirale Paxlovid. Si tratta di una diminuzione attesa, dato che il produttore di farmaci è passato nel frattempo dalla fornitura nell’ambito dei contratti governativi alle vendite sul mercato commerciale negli Stati Uniti. Pfizer prevede quindi che le vendite dei vaccini crolleranno del 64%, per un valore di circa 13,5 miliardi di dollari, mentre quelle del Paxlovid caleranno del 58%, per un valore di circa 8 miliardi di dollari. Per quanto invece riguarda i conti, è ovvio che se la situazione è difficile per un colosso come Pfizer, che è come un polipo gigante, con tentacoli un po’ in tutti i settori del comparto farmaceutico, per Moderna e Biontech, due gruppi molto più piccoli, molto più dipendenti dagli introiti dei vaccini anti-Covid e meno capaci di diversificare la ricerca e la produzione, la fine dell’emergenza pandemica rappresenta un colpo molto più duro da assorbire.
Moderna, “unicorno” biotech
Moderna invece è un’azienda Usa che opera nel campo delle biotecnologie. Fondata nel 2012, ha raggiunto lo status di unicorno – una valutazione di 1 miliardo di dollari – in soli due anni, più velocemente di Uber. A miracolare Moderna è stato lo sviluppo delle tecnologie dell’Rna messaggero. Entro il 2025 prevede di far avanzare i vaccini a mRNA contro 15 malattie infettive, tra cui Hiv, malaria e tubercolosi. Tuttavia il suo cavallo di battaglia sono i vaccini contro il Covid e in particolare quello prodotto per contrastare le varianti a Omicron. Gli altri sono ancora allo studio clinico e se ne sa poco, anche perché la società è accusata di tenere segrete le sue tecnologie.