Gli effetti del mega incendio del Montiferru sulla vegetazione della Sardegna: lo studio

Dopo il mega incendio del 2021, sul Montiferru resiste solo la vegetazione dominante: spariti l’albero della morte e l’agrifoglio
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Solo la vegetazione dominante riesce ad adattarsi e quindi a rigermogliare dopo l’azione devastante di un mega incendio. Sono infatti le piante più diffuse nel territorio attraversato dal fuoco a resistere alle alte temperature, pronte a ‘risorgere’ perché ancora vitali nella parte interrata. A queste conclusioni è arrivato uno studio scientifico, il primo pubblicato su una rivista internazionale, Land, sugli effetti dell’incendio del Montiferru, il più vasto in Italia nel 2021 e uno dei più impressionanti che si ricordino in Sardegna.  

La ricerca è stata firmata da un team di ricercatori del Dipartimento di Scienze della vita e dell’ambiente dell’Università di Cagliari, guidato dal Professor Giuseppe Fenu, e dell’Enea, con il dottor Ivo Rossetti. Nel luglio di due anni fa, le fiamme colpirono più di 12mila ettari di pascoli, boschi e arbusteti, devastando aziende agricole e zootecniche, decimando animali d’allevamento e fauna selvatica, e mettendo a repentaglio la vita delle persone. L’evento è classificabile come “mega incendio” avendo superato i 10 mila ettari di superficie interessata. 

“Lo studio – spiega il ricercatore dell’Enea – costituisce uno dei primi tentativi di quantificare la risposta a breve termine della vegetazione dopo un mega incendio in un paesaggio agro-silvo-pastorale tradizionale mediterraneo”. E’ stato realizzato attraverso l’integrazione tra analisi di dati satellitari e rilievi sul campo in 195 siti di campionamento e si è concentrato sulle prime fasi di ripresa della vegetazione naturale con l’obiettivo di valutarne la resilienza. “In alcune aree – racconta Rossetti – la ripresa della vegetazione risulta più stentata o addirittura assente, esponendo il suolo a un maggiore rischio di erosione; alcune specie vegetali legate ad habitat di particolare valore naturalistico non sono state ritrovate durante il monitoraggio, indicando una possibile perdita locale di biodiversità. E’ il caso del tasso, il cosiddetto albero della morte, e dell’agrifoglio, specie molto delicate che soffrono particolarmente lo stress del fuoco. Altre specie, invece, si sono diffuse rapidamente in ambienti dove prima erano meno abbondanti, dimostrando capacità di avvantaggiarsi delle condizioni create dal passaggio delle fiamme. Stiamo parlando dei boschi di leccio, roverelle e sughera. Ulteriori approfondimenti, già in corso – sottolinea il ricercatore – ci consentiranno di monitorare la ripresa della vegetazione naturale nel lungo periodo e di quantificare la perdita di servizi ecosistemici causata dall’incendio”. 

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